Dalle piazze ai palazzi
Gli attacchi di Amsterdam trascinano i Paesi Bassi alla crisi di governo
Dopo le dimissioni di un segretario di stato per alcune “inaccettabili dichiarazioni discriminatorie” in Consiglio dei ministri, l’esecutivo Schoof rischia il collasso. Per ora andrà avanti, ma il suo destino rimane appeso a un filo: pesa il dossier di Israele che attribuisce il pogrom ad alleati di Hamas, e che l’estrema destra di Wilders traduce in xenofobia a tappeto
Ore e ore sulla graticola, fino a tarda serata. Poi, pochi minuti prima di mezzanotte, Dick Schoof rompe gli indugi: “Questo governo andrà avanti”. Per adesso. È un sorriso tirato, quello del primo ministro olandese. Dopo nemmeno un anno dalla formazione del nuovo esecutivo di destra, la tenuta di una coalizione già di per sé precaria è prossima al collasso. Se non ieri, domani. E nella giornata di venerdì, appunto, si è raggiunto il culmine della tensione che dalle strade di Amsterdam ha straripato fino ai palazzi dell’Aia. A dare il via alla crisi le dimissioni irrevocabili presentate in mattinata dal segretario di Stato Nora Achahbar, comprensibilmente indignata dalle parole di alcuni colleghi nell’ultimo Consiglio dei ministri: stando agli addetti ai lavori, membri di Pvv e Vvd hanno dichiarato che “l’antisemitismo è nei geni dei marocchini”. Achahbar ha preso così le difese della sua comunità d’origine. Mentre i ministri del suo partito – il Nuovo contratto sociale di Pieter Omtzigt – hanno dato la sensazione di poterla seguire a ruota, provocando un effetto domino insormontabile per il governo. Soltanto dopo lunghe trattative, Schoof li ha riportati all’ordine scongiurando la caduta. “Siamo fiduciosi di continuare insieme: questo gabinetto vuole essere e resterà quello di tutti gli olandesi. Non c’era e non c’è spazio per il razzismo”.
Più che pace fatta, la sensazione è che si vada incontro a una tregua istituzionale. Anche perché, per ripristinare la normalità dopo gli scontri di Amsterdam, l’ultima cosa di cui hanno bisogno i Paesi Bassi è un improvviso vuoto di potere. “Abbiamo qualcosa da digerire, vedremo come proseguiranno le cose nei prossimi giorni”, restano sull’altolà i leader del Nsc. “Lascio questa carica col dolore nel cuore”, spiega invece Achahbar, trovando piena solidarietà da parte dell’opposizione. “Il comportamento polarizzante di queste settimane ha avuto un tale impatto su di me che non posso e non voglio più svolgere efficacemente il mio ruolo in questo governo. L’estremismo è pericoloso perché mina l’interconnessione tra le persone e il perseguimento di obiettivi comuni”. Per il momento è l’unica a farne le spese. Ma sono giorni che la politica olandese butta benzina sul fuoco, a partire dalle esternazioni xenofobe di Geert Wilders seguito dai suoi parlamentari: “In larga misura, i giovani musulmani non aderiscono alle nostre norme e ai nostri valori”. Il premier Schoof cerca di riconciliare – “Questo governo lotta contro l’antisemitismo, il razzismo e ogni discriminazione” – eppure è difficile risultare credibili, dare l’impressione di essere in controllo.
Il problema di fondo è che dopo gli attacchi di Amsterdam i Paesi Bassi – in termini di pressione internazionale – si sono ritrovati di fronte a qualcosa più grande di loro. Israele è furibondo. E alla vigilia del dibattito parlamentare all’Aia ha inviato un delicato “rapporto speciale sul pogrom nella capitale”: i contenuti sono pesanti, si conclude che “non si è trattato di azioni mordi e fuggi, ma di terrorismo coordinato”. I responsabili degli attacchi non sarebbero insomma i giovani in rivolta delle comunità arabe-olandesi, ma “organizzazioni strettamente legate a Hamas”. Un’analisi che cambierebbe radicalmente il quadro della situazione. E invece di trovare cautela fra la classe dirigente, ha incontrato chi come Wilders non vedeva l’ora di tirare in ballo “la grave questione migratoria”. Ma sono diversi i politici che, secondo il Volkskrant, parlano dietro anonimato di “interferenza indesiderata israeliana”. Lo stesso Schoof ammette che “ci sono diversi punti da chiarire sui fatti di quella notte. Ma qualcuno (Netanyahu, ndr) mi sta chiedendo troppo, lo dico in tutta sincerità”. Ad aumentare l’imbarazzo c’è poi il passato del premier olandese, già coordinatore nazionale per l’antiterrorismo, nel momento in cui un paese terzo denuncia sotto il suo naso “l’attività di una rete terroristica da sradicare” – parola di Amichai Chikli, ministro degli Affari della diaspora di Israele.
Che la situazione deflagrasse in Parlamento era dunque nell’aria. E già un mese fa tirava aria di rottura, con le tematiche migratorie sempre al centro dello scontro. Questo governo “è zoppo sin dal primo giorno”, sottolineano i giornali locali. Non serviva il caos di questi giorni per metterlo in ginocchio. Anzi: qualcuno suggerisce che, oltre le genuine dimissioni di Achahbar, l’accodarsi degli altri ministri e segretari del Nsc fosse in realtà un bluff. Semplicemente perché il partito è il più debole all’interno della coalizione. Aprendo una crisi di governo, ha trovato il modo per farsi prendere sul serio. Schoof tira un temporaneo sospiro di sollievo. Probabilmente è solo, anche in questo.