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“Città libera da ebrei”. Succede in Olanda, dove neanche la statua di Anne Frank è al sicuro

Giulio Meotti

In questo clima culturale gli ebrei hanno paura: "Possiamo camminare per strada con una kippah o una stella di David senza essere attaccati? Senza che ci venga chiesto il passaporto, senza che venga gridato ‘caccia agli ebrei’?”, ha detto Menno ten Brink, un rabbino liberale di Amsterdam

Dei 1.549 ebrei di Apeldoorn, in Olanda, deportati dai nazisti tornarono in 150. Sopravvissuti alla Shoah e loro familiari questa settimana si sono svegliati con degli strani adesivi affissi nelle strade: “Apeldoorn Joden vrij”. Apeldoorn libera dagli ebrei. Donald de Leeuw, uno dei capi della piccola comunità ebraica di Apeldoorn, dice al Telegraaf: “49 membri della famiglia non sono sopravvissuti. Non ho cugini. Ora posso immaginare cosa provassero. Non indosso più la kippah fuori”.

 

I pazienti dall’ospedale ebraico di Apeldoorn il 21 gennaio 1943 furono caricati dai nazisti sui treni per Auschwitz. Il trasporto di 921 pazienti, tra cui bambini e personale medico, arrivò a Birkenau il 24 gennaio. 869 di loro furono subiti mandati subito a morire nelle camere a gas. Intanto neanche la statua di una delle figlie più famose e tragiche di Amsterdam, Anne Frank, è al sicuro. In una nazione un tempo rinomata per la sua tolleranza e il suo liberalismo, la statua di Anne Frank in un parco pubblico deve ora essere sorvegliata 24 ore su 24 con telecamere intelligenti e luci di sicurezza: si teme che venga nuovamente vandalizzata di vernice rossa e deturpata con le parole “Liberate Gaza”. Intanto Femke Halsema, sindaco di sinistra di Amsterdam, torna indietro sull’uso della parola “pogrom” usata per la notte dell’attacco ai tifosi israeliani del Maccabi. In questo nuovo clima culturale gli ebrei hanno paura. “La gente ha paura: possiamo noi ebrei camminare per strada con una kippah o una stella di David senza essere attaccati? Senza che ci venga chiesto il passaporto, senza che venga gridato ‘caccia agli ebrei’?”, ha detto Menno ten Brink, un rabbino liberale di Amsterdam.

 

Hanno iniziato con le città “Zionistfrei”. Come Leicester, la decima più grande del Regno Unito. Prima a mettere al bando tutti i prodotti “made in Israel”. Nella città irlandese di Kinvara i negozi, i ristoranti e persino le farmacie non vendono più prodotti israeliani, nemmeno gli antibiotici della Teva, leader israeliana dei farmaceutici. Ora sono passati allo Jüdenfrei. Il presidente fondatore dell’Associazione ebraica europea, Menachem Margolin, lunedì ha chiesto all’Unione europea di dichiarare un periodo di emergenza di sei mesi per attuare misure speciali per affrontare la minaccia dell’antisemitismo, aumentando sicurezza e fondi per i siti ebraici. Menachem Margolin ha detto da Cracovia: “La situazione del popolo ebraico in Europa oggi è la peggiore dalla Kristallnacht”.

 

E intanto il capo della polizia di Berlino sembra riportarci ai tempi del nazismo. Barbara Slowik, capo della polizia berlinese, al Berliner Zeitung ha detto: “Ci sono aree - e dobbiamo essere così onesti a questo punto - dove consiglierei alle persone che indossano la  kippa o sono apertamente gay o lesbiche di essere più attente. Ci sono alcuni quartieri in cui vivono persone di origine araba, che hanno anche simpatie per i gruppi terroristici. L’ostilità aperta si articola lì contro le persone di fede e origine ebraica”. Abe Foxman, nato in Polonia nel 1940, sopravvissuto alla Shoah e che ha trascorso mezzo secolo a dirigere l’Anti-Defamation League americana, ha appena detto a Forward: “Penso che l’Europa sarà Jüdenrein”.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.