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Che la forza sia con l'Ue

L'occidente al banco di prova della Georgia

Vano Chkhikvadze

L’Europa può ignorare i brogli elettorali e lasciare che il paese diventi come la Serbia oppure può esercitare il suo potere democratico e le sue norme. Consigli pratici per non vacillare davanti a Sogno georgiano

Quando nel 2002 Ian Manners introdusse il concetto di “Normative Power Europe”, descrisse l’Unione europea come un attore che trae la sua influenza dai valori piuttosto che dalla potenza militare o economica. A differenza delle potenze tradizionali, per due decenni l’Ue è stata vista come un attore in grado di plasmare l’ordine internazionale attraverso norme relative alla democrazia, ai diritti umani e allo stato di diritto. Questi valori costituiscono il nucleo dell’identità dell’Ue, codificati nell’articolo 2 del Trattato sull’Ue, e sono promossi a livello globale, principalmente attraverso la sua politica di allargamento, che ha incoraggiato le riforme politiche ed economiche negli aspiranti stati membri. Tuttavia, come dimostra l’esperienza della Georgia, la proiezione di questa influenza normativa non è priva di ostacoli. Nel febbraio del 2022, la Russia ha lanciato un’invasione su larga scala dell’Ucraina, con l’obiettivo di occupare l’intero paese. In risposta, il governo ucraino ha presentato domanda di adesione all’Ue solo quattro giorni dopo, riaccendendo la politica di allargamento dell’Ue e aprendo la porta alla Georgia e alla Moldavia, che hanno seguito l’Ucraina nel percorso verso l’Ue. Questo ha segnato un punto di svolta, poiché la politica di allargamento dell’Ue – un tempo considerata uno dei progetti di costruzione di uno stato democratico di maggior successo al mondo – era rimasta in gran parte inattiva per anni. Storicamente, l’allargamento dell’Ue ha promosso lo stato di diritto e i diritti umani nelle nazioni aspiranti, ma è anche servito come strumento per raggiungere gli obiettivi geopolitici dell’Ue. L’osservazione delle relazioni Ue-Georgia negli ultimi due anni rivela il cambiamento dell’approccio dell’Ue nei confronti della Georgia e la tensione di fondo tra il ruolo dell’Ue come potenza normativa e come attore geopolitico. 

 

Geopolitica contro norme

L’Ue ha accelerato il processo di allargamento in risposta all’aggressione della Russia. Tuttavia, gli standard normativi sono rimasti in vigore e l’Ue ha imposto delle condizioni a tutti e tre i candidati, con l’obiettivo di sfruttare il nuovo percorso dell’Ue per motivare questi governi ad accelerare le riforme democratiche. Inizialmente, sembrava plausibile bilanciare la geopolitica con i princìpi normativi: l’Ucraina e la Moldavia hanno ottenuto lo status di candidato e hanno portato avanti le riforme. Alla Georgia, invece, a causa delle tendenze filorusse del suo governo, è stata offerta soltanto una “prospettiva europea”. L’Ue ha delineato 12 condizioni che la Georgia doveva soddisfare per ottenere la candidatura, ma l’approccio normativo dell’Ue ha incontrato un ostacolo in quanto il governo di Sogno georgiano ha mostrato scarsa volontà di prendere sul serio queste condizioni. Nonostante l’attuazione di tre riforme minori, Sogno georgiano ha resistito a cambiamenti significativi – come la depolarizzazione, la de-oligarchizzazione e la riforma giudiziaria – che avrebbero potuto minare il suo potere. In risposta a questo arretramento, l’Ue ha optato nuovamente per un approccio geopolitico nel dicembre 2023, concedendo alla Georgia lo status di candidato per evitare un aumento del divario con l’Ucraina e la Moldavia, nonostante i limitati progressi della Georgia sulle condizioni dell’Ue. Questa mossa aveva lo scopo di rassicurare il popolo georgiano sull’impegno dell’Ue e di incoraggiare la resistenza contro l’agenda antieuropea di Sogno georgiano. Ma ha anche detto di fatto al governo georgiano che l’Ue avrebbe potuto accettare riforme superficiali, tollerando la riluttanza del governo ad attuare cambiamenti significativi. Così, finché l’Ue darà priorità alla strategia geopolitica rispetto agli standard democratici, Sogno georgiano potrà continuare a piegare i diritti umani e le norme democratiche. I leader di Sogno georgiano hanno spesso ricordato all’Ue i suoi interessi strategici nella regione, quasi come se fosse un ricatto: se l’Ue era concentrata a contrastare la Russia, perché avrebbe dovuto preoccuparsi della democrazia in Georgia? Dopo tutto, l’Ue è apparsa indulgente nei confronti dei fallimenti democratici di paesi come l’Azerbaigian e la Serbia. L’aver ricevuto lo status di candidato ha permesso a Sogno georgiano di presentarsi come filoeuropeo, inducendo l’opinione pubblica a credere che questo status riflettesse il sostegno alla sua “politica estera equilibrata” piuttosto che un allineamento con l’Ue.

 

A ottobre, Sogno georgiano ha orchestrato le elezioni più irregolari della storia recente della Georgia, “vincendo” sullo sfondo di una campagna che ha contrapposto la visione dell’opposizione di un futuro europeo agli avvertimenti del partito di governo di un’inevitabile guerra con la Russia. Questa “vittoria” è avvenuta mentre i legami politici con l’Ue si sono inaspriti e hanno toccato il minimo storico. In primavera, l’Ue ha effettivamente sospeso l’adesione della Georgia: il Consiglio europeo ha dichiarato che le azioni del governo “bloccano di fatto il processo di adesione”. Le relazioni tra l’Ue e la Georgia sono attualmente ai minimi storici e l’Ue non si è mai trovata di fronte a una scelta così netta tra le sue priorità normative e geopolitiche come ora con la Georgia: tollerare l’erosione democratica potrebbe danneggiare irreparabilmente la sua credibilità e i suoi valori, riducendo la sua influenza nella regione. Non si tratta più solo di bilanciare  strategia e valori; si tratta di  stabilire se l’Ue  rimanga ferma sui suoi princìpi o se permetta che vengano compromessi in nome della convenienza geopolitica.

 

 

Un dilemma familiare

Prima delle elezioni dell’ottobre scorso, l’Ue ha ripetuto che la traiettoria di Sogno georgiano minacciava le aspirazioni del paese all’Ue. Attraverso varie risoluzioni, dichiarazioni e restrizioni ai finanziamenti, l’Ue ha sottolineato che l’adesione ai princìpi democratici fosse essenziale per la candidatura. Tuttavia, queste pressioni si sono rivelate inefficaci: Sogno georgiano ha mantenuto la sua retorica antieuropea, ha trascurato le riforme necessarie e non ha condotto elezioni regolari nonostante gli appelli dell’Ue. Ora, l’Ue si trova di fronte a un dilemma familiare: dovrebbe adottare una posizione geopolitica pragmatica o sostenere la sua identità di potenza normativa? Questa tensione si riduce alla questione se l’Ue debba effettivamente legittimare Sogno georgiano o continuare a negare il riconoscimento a governi che prendono il potere contro la volontà popolare.

 

Sogno georgiano conta su due fattori. In primo luogo, mira a resistere alle pressioni e alle proteste dell’opposizione, consolidando la legittimità delle recenti elezioni parlamentari entro l’inizio di dicembre. In questo modo, spera di presentare all’Ue il fatto compiuto, contando sul passaggio dell’Europa dai princìpi al pragmatismo. Sogno georgiano scommette sul fatto che l’Ue “diventerà realista”, accetterà la sua limitata influenza sulle dinamiche di potere in Georgia e cercherà di instaurare un relazione praticabile con Bidzina Ivanishvili. Se l’Europa resiste, Sogno georgiano mette in guardia dalla potenziale deriva della Georgia verso l’influenza russa, una minaccia velata che ha funzionato in passato.

 

    

Il secondo fattore su cui fa affidamento Sogno georgiano è Donald Trump. Dopo il ritorno di Trump alla presidenza degli Stati Uniti, Sogno georgiano intende far leva sul suo rapporto con Viktor Orbán per ristabilire i legami con la nuova Amministrazione americana. Il calcolo è: se Washington riprenderà relazioni regolari con Sogno georgiano, l’Europa probabilmente la seguirà, data la sua storia di allineamento con la politica estera statunitense su questioni internazionali rilevanti. Sogno georgiano ha un curriculum consolidato di pressioni sull’Ue per ottenere delle concessioni. Una tattica spesso utilizzata consiste nell’arrestare i leader dell’opposizione per poi barattare la loro libertà in cambio di concessioni. Le detenzioni e gli eventuali rilasci di Gigi Ugulava e Nika Melia nel 2019 e nel 2021 (i cosiddetti accordi dell’8 marzo e del 19 aprile), con la mediazione dell’Ue sia a livello di ambasciatori sia di presidenti del Consiglio, hanno risolto le crisi politiche e hanno portato a una rinnovata cooperazione dell’Ue. Con le proteste di piazza in Georgia destinate a intensificarsi, sembra probabile un altro round di “Libertà in cambio di libertà”. 

 

Ma lo scenario attuale potrebbe indicare una strategia più ambiziosa. L’obiettivo principale di Ivanishvili è sempre stato quello di rimanere al potere. Le leggi sulla propaganda Lgbt e sugli agenti stranieri sono probabilmente solo merce di scambio che Ivanishvili abbandonerebbe  in cambio di una legittimazione estera per assicurarsi un altro mandato di quattro anni. Con una leva limitata da parte dell’Ue, i leader di Sogno georgiano sperano che gli stati membri e le istituzioni dell’Ue accettino alla fine il mantenimento del potere di Sogno georgiano, a condizione che le leggi più estreme, in stile russo, vengano abrogate. Se, come parte di questo accordo, le figure politiche e gli attivisti presto detenuti verranno rilasciati, Sogno georgiano presume che tutte le parti rivendicheranno la vittoria – tranne, forse, la credibilità dell’Ue nella difesa delle norme democratiche.


Che la forza sia con l’Ue 

A differenza degli Stati Uniti, l’Ue non dispone di strumenti efficaci per contrastare la deriva autoritaria dei paesi in cui i leader resistono alle riforme democratiche per paura di perdere il potere. Questa assenza di meccanismi pratici pone l’Ue in una posizione difficile, in quanto oscilla tra la geopolitica e il mantenimento del suo potere normativo. Bilanciare questi interessi è difficile, perché l’Ue rischia di compromettere le sue priorità di sicurezza o di compromettere i suoi valori fondamentali. Sulla scia della crisi elettorale del 2024, la Georgia è diventata un banco di prova per la credibilità dell’Ue e per la sua capacità di allineare i suoi obiettivi geopolitici con il suo impegno nei confronti dei princìpi democratici. In sostanza, l’Ue si trova ora di fronte a una scelta: può accettare tacitamente la trasformazione della Georgia in una Serbia o in una Bielorussia del Caucaso, continuando a comportarsi come se nulla fosse successo con un governo che ha mantenuto il potere grazie a brogli elettorali, oppure può aderire ai suoi princìpi sospendendo o riducendo significativamente le sue relazioni con Ivanishvili e la sua cerchia. L’Ue ha a disposizione diverse opzioni;  prendiamone in considerazione alcune.

 

Prima delle elezioni dell’ottobre 2024, l’Ue aveva più volte ventilato l’idea di sospendere il regime di esenzione dei visti della Georgia. Questa azione avrebbe potuto indebolire la posizione del partito Sogno georgiano   in vista delle elezioni, allontanando potenzialmente gli elettori intimiditi o “comprati” dal sostenere il governo. Tuttavia, con le elezioni ormai passate, imporre restrizioni sui visti ai cittadini georgiani servirebbe a poco. Le ragioni principali sono quattro. In primo luogo, l’abolizione dell’esenzione dal visto danneggerebbe principalmente i cittadini georgiani: sebbene possa “punire” coloro che hanno votato per Ivanishvili sotto pressione, paura o influenza finanziaria, non cambierebbe la situazione in questa fase. In secondo luogo, è probabile che Sogno georgiano approfitti di questa mossa per alimentare la propaganda secondo cui l’Ue e l’occidente ignorano il popolo georgiano e vogliono solo trascinare la Georgia in un conflitto con la Russia. In terzo luogo, se la repressione contro i media, l’opposizione e la società civile si intensifica, molti sostenitori della democrazia georgiana potrebbero essere costretti a lasciare il paese. L’esenzione dal visto rappresenta per loro un’importante àncora di salvezza. Infine, la sospensione dell’esenzione dal visto ha senso solo in un momento cruciale, quando è probabile che i cittadini insoddisfatti canalizzino la loro frustrazione in voti antigovernativi. Con le elezioni ormai alle spalle, la prossima occasione rilevante per farlo non si presenterebbe prima delle elezioni locali dell’autunno 2025.

 

   

L’abolizione dell’esenzione dal visto è in effetti l’azione più semplice che l’Ue possa intraprendere, poiché non richiede un consenso totale: la Commissione e la maggioranza semplice degli stati membri possono ignorare qualsiasi potenziale veto da parte dell’Ungheria. Tuttavia, prendere la strada più semplice senza considerarne le conseguenze sarebbe miope e probabilmente controproducente per l’Ue. Un altro strumento a disposizione dell’Ue sono le sanzioni finanziarie. A differenza della decisione sull’abolizione dei visti, tuttavia, le sanzioni finanziarie richiedono un accordo unanime. Ciò rende improbabile che l’Ue possa aggirare il veto di Orbán sulle sanzioni contro l’oligarca georgiano e i suoi alleati. Invece, i singoli stati membri dell’Ue potrebbero imporre sanzioni unilaterali ai responsabili di frodi elettorali, repressione dei cittadini e violazioni dei diritti umani. Se i Paesi baltici e dell’Europa occidentale guidassero questo sforzo, si potrebbero ottenere sanzioni mirate contro la leadership autocratica della Georgia, segnalando che l’Ue è seriamente intenzionata a sostenere la democrazia, elezioni eque e il sostegno alla società civile.

 

Un’altra opzione dell’Ue è l’assistenza finanziaria. Ha già trattenuto dalla Georgia ulteriori fondi nell’ambito dell’Enpi, mentre sostiene l’Ucraina e la Moldavia. L’Ue potrebbe chiarire ulteriormente a livello di Commissione che nessun fondo andrà direttamente al governo georgiano, assicurando che vengano finanziate solo le iniziative a diretto beneficio dei cittadini e delle organizzazioni della società civile. Purtroppo questo approccio non è stato ancora attuato. Infatti, in una recente audizione al Parlamento europeo, la commissaria designata per l’Allargamento, Marta Kos, ha indicato che l’Ue sarebbe aperta a fornire ulteriore assistenza finanziaria sia al governo georgiano sia alla società civile, rischiando di incoraggiare Sogno georgiano. Questo è un passo falso che potrebbe inviare un messaggio sbagliato e incoraggiare il partito al potere. Kos ha anche affermato che l’abrogazione delle leggi di stampo russo potrebbe aprire la strada ai colloqui di adesione all’Ue con la Georgia. Se non si tratta di un semplice lapsus ma di una presa di posizione politica, Ivanishvili si starà facendo una bella risata. In circostanze normali, la leva più potente dell’Ue sarebbe la prospettiva di aprire i negoziati di adesione con la Georgia in caso di riforme fondamentali. Ma questo sembra ormai irrealistico. Qualsiasi suggerimento di sbloccare i negoziati di adesione non solo convaliderebbe le “elezioni rubate”, ma inviterebbe anche ulteriori mosse autoritarie da parte di Sogno georgiano. 

 

L’Ue detiene anche strumenti simbolici e politici nel suo arsenale: rifiutare incontri di alto livello con personalità georgiane, astenersi dall’invitare la leadership georgiana a eventi dell’Ue o sospendere le riunioni del Consiglio e del Comitato di associazione. Soprattutto, l’Ue deve chiarire i suoi obiettivi: intende usare i suoi strumenti per sostenere gli standard democratici o tornare a fare calcoli geopolitici con la Georgia? L’Ue si trova di fronte a una scelta chiara: se tiene alla sua forza normativa, non può procedere come al solito con un governo che non rispetta la democrazia. Se invece sceglie di placare il governo della Georgia nella speranza di invertire le misure antidemocratiche, deve soppesare attentamente le conseguenze.

 

Tali concessioni indebolirebbero il movimento pro democrazia della Georgia e allontanerebbero le centinaia di migliaia di georgiani pro europei che guardano all’Ue come a un faro di valori democratici. Rischierebbero di mandare in frantumi il morale dell’opposizione e di smantellare le rimanenti roccaforti della resistenza democratica – media indipendenti, ong e partiti d’opposizione – che Ivanishvili ha giurato di reprimere. Con una luce verde (o addirittura  gialla) dall’Ue,   completerebbe rapidamente questo giro di vite.

 

L’Ue rischia un classico errore di calcolo geopolitico: in cambio di un’altra serie di riforme superficiali – magari l’inversione della legge sugli agenti stranieri o della legge sui valori tradizionali – Ivanishvili sarebbe lieto di approfondire il suo controllo autoritario e di rimanere al potere per altri quattro anni. L’opposizione è già stata demonizzata e lo stato messo sotto controllo, anche senza questi strumenti legislativi. E’ giunto il momento per l’Ue  di dimostrare di essere ferma sui valori e non di rivelarsi come un partner disposto a contrattare per debolezza. La posta in gioco è alta e l’Ue non può permettersi di vacillare.

 

Vano Chkhikvadze è program manager per l’Integrazione nell’Ue della Civil Society Foundation in Georgia. Questo testo è stato originariamente pubblicato sul magazine online GEOpolitics.