un rapporto sulla "democrazia arcobaleno"
Così Iran e Qatar hanno spinto il Sudafrica a denunciare Israele all'Aia
Il think tank americano Institute for the Study of Global Antisemitism ha pubblicato un’inchiesta sulla decisione del Sudafrica di accuasare lo stato ebraico di genocidio, spingendo così la Corte penale internazionale a emettere il mandato d’arresto contro Netanyahu
L’emiro del Qatar e la Repubblica islamica dell’Iran, che ieri per bocca dell’ayatollah Ali Khamenei ha chiesto la pena di morte per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, non avevano le carte in regola per montare un caso di “genocidio” contro Israele alla Corte dell’Aia. Avevano i soldi e la volontà, ma zero credibilità morale. Che fare? Il leader di Hamas, Yahya Sinwar, alle “marce del ritorno” al confine fra Gaza e Israele faceva portare grandi ritratti di Nelson Mandela. Voleva far passare l’idea che i palestinesi sono come i neri sotto l’apartheid. Chi allora meglio della “democrazia arcobaleno” per inchiodare lo stato ebraico all’Aia?
Con il titolo “Sudafrica, Hamas, Iran e Qatar: il dirottamento dell’African National Congress e della Corte internazionale di giustizia”, il think tank americano Institute for the Study of Global Antisemitism ha pubblicato un’inchiesta sulla decisione del Sudafrica di accusare Israele di genocidio presso la Corte di giustizia dell’Aia che ha spinto la Corte penale a emettere il mandato d’arresto contro Netanyahu. L’African National Congress (Anc), il partito al potere a Pretoria, era sull’orlo della bancarotta quando il Sudafrica ha annunciato il caso all’Aia contro Israele. La sola presentazione iniziale è costata 10,5 milioni di dollari e le spese legali in totale sono stimate in 79 milioni. Il ricorso dell’Anc alla Corte di giustizia contro Israele sarebbe dunque parte di una strategia più ampia volta a promuovere gli interessi e l’ideologia dei regimi islamisti.
Il ministro degli Esteri sudafricano, Ronald Lamola, è andato a Teheran per partecipare al giuramento del presidente Massoud Pezeshkian a fine luglio. Lamola ha incontrato anche il ministro degli Esteri iraniano in carica Ali Bagheri. “Bagheri ha elogiato Lamola per il suo ruolo eccezionale di diplomatico impavido nel perseguire i crimini del regime sionista presso la Corte di giustizia”, recitava un comunicato iraniano. A novembre di un anno fa, l’African National Congress ha rilasciato una dichiarazione in onore del suo trentesimo anniversario delle relazioni diplomatiche con il Qatar e affermato che il commercio bilaterale tra i due paesi, da 300 milioni di dollari nel 2012, ha raggiunto un miliardo. Funzionari dell’African National Congress, tra cui il presidente Cyril Ramaphosa, si sono rifiutati di rivelare le origini della donazione che ha aiutato il partito a riprendersi da 30 milioni di debiti accumulati prima del caso all’Aia. Daniel Taub, ex ambasciatore di Israele nel Regno Unito, ha commentato: “Hamas non sarebbe in grado di portare avanti il grottesco capovolgimento dei fatti, per cui le azioni di Israele volte a difendersi vengono fatte passare come ‘genocidio’ mentre i suoi stessi atti di omicidio, stupro e rapimento vengono ignorati o celebrati, senza la complicità di partner compiacenti e il Sudafrica si è fatto avanti con entusiasmo”.
Ripeti una menzogna mille volte e diventerà una verità: così lo stato ebraico è la nuova apartheid e chi sgozza e stupra è il nuovo Mandela che resiste al genocidio. Ora la menzogna è diventata verità grazie anche agli alti scranni dell’Aia. O per dirla con Aharon Barak, il giudice israeliano sopravvissuto alla Shoah che ha fatto parte del collegio della Corte di Giustizia nella causa sull’accusa di genocidio a Gaza, “hanno imputato ad Abele il delitto di Caino”.
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