Auto americane d'epoca e una carrozza trainata da cavalli fuori da alcuni degli hotel più costosi dell'Avana Vecchia (Foto di Chip Somodevilla/Getty Images) 

Dopo i sigari e lo zucchero, ora a Cuba è in crisi pure il turismo. C'entra anche la guerra in Ucraina

Maurizio Stefanini

Infrastrutture in crisi, insicurezza sanitaria, criminalità e fuga dei lavoratori. Si spegne anche l'ultima “locomotiva" dell’economia dell'isola. Il disastro di Gaesa, la holding del generale Casa Regueiro che si è impadronita di tutto, per poi mandarlo in rovina. Uno studio

Dopo lo zucchero e il tabacco, adesso a Cuba è entrato in crisi anche il turismo, praticamente dimezzato. L'isola guidata dal regime comunista che fu prima esportatrice mondiale di zucchero da canna, da anni ne è diventata un importatore. Quest’anno anche il tabacco, altro fiore all’occhiello storico dell’economia cubana, ha iniziato a essere acquistato dall'estero. E ora a traballare è persino il turismo. Ultima “locomotiva dell’economia” rimasta, assieme alle rimesse degli emigranti e all’”affitto” in giro per il mondo di personale sanitario.

  

“Gaesa spegne anche l’industria turistica” è uno studio in proposito appena pubblicato dal think tank di Madrid Cuba Siglo 21. Gaesa, il Grupo de Administración Empresarial S.A, è una holding fondata dal generale Julio Casa Regueiro che appartiene al ministero delle Forze Armate e che in pratica - con la ristrutturazione che avrebbe dovuto aprire l’economia al mercato - si è impadronita di tutto. Dal 23 per cento dell’economia e dall’8 per cento della finanza che controllava nel 2016 è arrivato a 70 per cento dell’economia e al 93 per cento della finanza.

  

 

Ovviamente, però, questa gestione non è stata improntata a una logica imprenditoriale, bensì a una di saccheggio. Nonostante un investimento oltre 24 miliardi di dollari negli ultimi 15 anni, anche il settore turistico ne esce devastato. 1.718.636 visitatori arrivati tra gennaio e ottobre 2024 rappresentano, in particolare, un calo del 48,23 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019 - prima della pandemia - quando arrivarono 3.563.494 turisti. Nel 2024 si prevedeva di raggiungere i 3,5 milioni di turisti, ma i dati indicano che l'anno si chiuderà con meno di 2,4 milioni. Questa performance riflette una mancata ripresa dopo la pandemia e colpisce i principali mercati di origine: Canada, Stati Uniti ed Europa. In particolare, dal Canada il calo è stato del 19,15 per cento; tra cubani residenti all'estero del 52,56; dagli Stati Uniti del 73,93; dall’Europa in media perdite superiori al 50, con tetti nel Regno Unito (-78,55) e Francia (-71,34). Per l’Italia è – 66,53 per cento. Solo sono cresciute Russia (+24,52) e Portogallo (+15,53): ma è insufficiente a compensare i cali. Il crollo delle entrate è stato anche maggiore: il 61,82 per cento, con 1,216 miliardi di dollari contro 3,185 del 2019. Solo un quarto dei posti in hotel sono occupati,

 

Il bello, o il brutto, è che la Gaesa ha perfino investito più nel turismo che in settori strategici come l’energia, i trasporti e l’agricoltura. Ma il risultato è stato poi lo stesso devastante, proprio per il deteriorarsi dell’intero sistema paese. Innanzitutto per le infrastrutture in crisi: il collasso della matrice energetica, i continui blackout, la carenza di acqua potabile e il degrado urbano diminuiscono l'attrattiva del paese come destinazione turistica. Poi la sicurezza sanitaria: epidemie come il dengue e la precarietà del sistema sanitario scoraggiano il turismo e l’accumulo di rifiuti in città come L’Avana peggiora la situazione. L’inflazione, la povertà estrema e il traffico di droga aumentano poi la criminalità, al punto che paesi come il Canada hanno emesso avvisi di viaggio. C’è la decapitalizzazione del personale: negli ultimi tre anni sono emigrati più di 10.000 lavoratori qualificati del settore turistico, incidendo negativamente sulla qualità dei servizi. Il sostegno alla Russia nella sua invasione dell’Ucraina ha poi alienato i principali mercati europei, e le alleanze del regime con attori terroristici internazionali la mantengono in liste nere. D’altro canto, il recente esodo di massa e la sfiducia degli esiliati cubani nei confronti di chi è chiamato a investire nell’isola hanno limitato il potenziale turistico della diaspora, che è stato sempre più dirottato verso la Repubblica Dominicana come punto alternativo per riunioni di famiglia.

 

Tutto indica che Cuba come destinazione turistica stia cominciando a scomparire dalle mappe dell'offerta dei tour operator internazionali. Ad esempio, Touristik Union International (TUI), colosso europeo del turismo, ha sospeso i suoi voli da Amsterdam a Varadero a partire dallo scorso maggio e aziende come Sunwing Vacation hanno ridotto la loro presenza a causa di problemi di qualità delle strutture e delle condizioni del paese. E mentre l’industria del turismo cubano svanisce, altre destinazioni caraibiche stanno registrando una crescita sostenuta, espandendo le proprie infrastrutture e migliorando i propri servizi.

 

Secondo Cuba Siglo XXI, la ripresa del turismo a Cuba richiederà profondi cambiamenti strutturali: risolvere la crisi energetica e sanitaria; migliorare i trasporti e la sicurezza, soprattutto offrire libertà economiche e politiche che attraggano investimenti stranieri e la fiducia degli esuli cubani.

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