L'accordo e i suoi dettagli
In Libano è l'ora del cessate il fuoco, adesso va fatto durare
Israele è pronto ad intervenire contro le violazioni di Hezbollah. Netanyahu: "Agiremo con forza"
I soldati della Novantunesima divisione, poco prima che il premier Benjamin Netanyahu spiegasse perché è giunta l’ora di una tregua con Hezbollah, sono arrivati per la prima volta sulla sponda del fiume Leonte che il gruppo armato libanese, secondo l’intesa, non dovrà mai più oltrepassare. I soldati israeliani hanno trovato munizioni, hanno toccato l’acqua del fiume che disegna la Linea blu, quella che ricomincerà a segnare il confine tra un cessate il fuoco duraturo e il ritorno della guerra. Come nel 2006, quando un accordo stabilì che secondo la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, al di sotto del fiume non potessero essere presenti gruppi armati non regolari (quindi Hezbollah), la nuova tregua parte dalla stessa condizione: i miliziani libanesi armati dall’Iran non dovranno più avvicinarsi al confine con Israele.
A partire da oggi l’esercito regolare di Beirut ha sessanta giorni per insediarsi. Dopo un anno, un mese e diciotto giorni di guerra, la difficoltà di un nuovo cessate il fuoco sta tutta nel non ripetere i facili errori del 2006 e fare in modo che per impedire il ritorno di Hezbollah al confine con Israele ci sia un meccanismo serio e attivo. Israele vuole la libertà di intervenire non appena ci sarà una violazione, ma potrà farlo dopo aver consultato il gruppo di Naqura. Il nome del gruppo deriva dalla città del Libano meridionale, in cui è stanziato il quartier generale di Unifil e di cui finora avevano fatto parte la Forza di interposizione delle Nazioni Unite, il Libano e Israele. Gli Stati Uniti potrebbero entrare a far parte del meccanismo, a cui Israele potrà rivolgere le accuse contro Hezbollah per aver violato il cessate il fuoco o essersi reinsediato al di sotto della Linea Blu. “Risponderemo con forza a ogni violazione”, ha detto Netanyahu spiegando che bisogna fermare la guerra per tre motivi: concentrarsi sull’Iran, far riposare i soldati e aspettare la consegna di armi dagli Stati Uniti, fare pressione su Hamas: l’ex leader di Hezbollah Hassan Nasrallah aveva giurato che mai e poi mai il fronte libanese si sarebbe placato senza il cessate il fuoco a Gaza invece il gruppo sciita si è fermato per primo.
Una fonte che ha avuto accesso alla bozza dice al Foglio che non ci sono elementi espliciti per affermare che Israele potrà agire nel territorio libanese quando vedrà Hezbollah riarmarsi. Netanyahu ha detto nel suo discorso di aver ricevuto dagli Stati Uniti la promessa di “piena libertà di azione in Libano” per autodifesa. “Non sarà semplice però – dice Eitan Shamir, direttore del Begin Sadat Center per gli studi strategici ed ex capo del dipartimento per la Dottrina della Sicurezza nazionale – si apre una stagione di scelte dure, ogni volta che Israele vedrà delle violazioni da parte di Hezbollah dovrà pensare se reagire o meno, consapevole che una reazione potrebbe far ripartire i missili del gruppo. Sarà davvero il ritorno a una vita normale?”. Lunedì, mentre si preparavano gli ultimi dettagli dell’accordo, Hezbollah ha lanciato più di duecento colpi, tra razzi e droni, contro lo stato ebraico. Ieri Israele ha invece colpito di nuovo Beirut, centrando venti obiettivi in due minuti tra cui depositi di armi, un centro di intelligence, sedi finanziarie.
Alcuni dei sindaci della Galilea, la regione israeliana che maggiormente è stata evacuata da quando Hezbollah si è unito alla guerra di Hamas, sono dell’idea che l’accordo rappresenti una resa. Il punto dell’intesa contestato riguarda la possibilità per i cittadini del sud del Libano di tornare nei loro villaggi distrutti, proprio come i cittadini israeliani potranno tornare nel nord. Il reinsediamento dei villaggi libanesi, molti dei quali sciiti, renderà, secondo chi contesta l’accordo, meno controllabile la fascia in cui in questi anni Hezbollah ha nascosto le armi, addestrato le truppe pronte a sfondare nel territorio israeliano e costruito i tunnel. “Israele ha scelto – dice Shamir – Poteva decidere di continuare a fare pressione militarmente su Hezbollah, che comunque detiene ancora circa il venti per cento della sua potenza di fuoco, ma non conveniva”. Per trasformare il cessate il fuoco in pace, l’accordo mediato dagli Stati Uniti punta all’indebolimento anche politico di Hezbollah e la ristrutturazione delle istituzioni libanesi.
Fino a qualche settimana fa, la valutazione dell’Amministrazione Biden era che sarebbe stato più semplice convincere Hamas a trattare e poi arrivare a Hezbollah, che per un anno aveva giurato che non avrebbe abbandonato le armi senza un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Il paradigma si è invertito e non è detto che i leader di Hamas, rimasta senza capi ufficiali ma con suoi uomini più importanti che vivono fuori dalla Striscia, con la firma di un’intesa per il Libano (in cui non è previsto il rilascio dei combattenti di Hezbollah presi prigionieri da Israele), si convincano ad accettare di liberare gli ostaggi in cambio di un cessate il fuoco a Gaza.
La nuova Commissione