Giorgio Gori (foto LaPresse)

L'intervista

Gori (Pd): “Convinti da Ursula. Meloni si è spostata al centro, in controtendenza con il suo passato”

Pietro Guastamacchia

Dopo l'eurofiducia incassata a Strasburgo, la premier sembra attenta a scongiurare che la Commissione si trovi in mezzo a un'eccessiva divaricazione tra Parlamento e Consiglio. Ma il suo riposizionamento "potrebbe anche far nascere un'opportunità”

Strasburgo. “Non è von der Leyen che va a destra, ma è Meloni che viene al centro, e a me pare che da qui, per l’Europa e per l’Italia, potrebbe anche nascere un’opportunità”. A fornire al Foglio la sua analisi a caldo sull’eurofiducia appena votata a Strasburgo è il dem Giorgio Gori, che però precisa subito che la sua opinione “non è necessariamente condivisa” da tutti i suoi colleghi di partito.

 

   
“Il programma votato ieri a Strasburgo è identico a quello di luglio e a quanto scritto nelle lettere di missione dei commissari: il Green Deal non è in discussione e il rapporto Draghi è centrale. Quindi, francamente, noi non potevamo che votare convintamente a favore”, spiega l’ex sindaco di Bergamo, appoggiando quattro pagine di appunti sui tabulati del voto appena concluso sul bancone della buvette di Strasburgo. “E’ Meloni che ha fatto una scelta in controtendenza rispetto al suo passato, aderendo a un programma europeista”, continua Gori.

 

“Scelta opportunistica? Forse, lo vedremo. Non mi sfugge però che il gruppo dei Conservatori si sia diviso: la maggioranza dei loro parlamentari ha votato contro, mentre gli italiani hanno votato a favore. Inoltre, da Fratelli d’Italia arrivano comunque segnali contraddittori”, aggiunge Gori. “Le faccio un esempio: nel suo intervento in aula, Nicola Procaccini non ha potuto fare a meno di ripetere il mantra dell’‘Europa dei popoli’, sottintendendo una visione diversa dalla nostra sull’integrazione europea”, prosegue l’eurodeputato. “Meloni, però, quando ha incontrato Draghi, ha fatto una dichiarazione chiarissima a favore del debito comune. E non si può essere favorevoli al debito comune senza essere a favore di una maggiore integrazione, compreso il superamento del diritto di veto, senza il quale non ci può essere alcun debito comune”, ragiona l’ex sindaco. “E allora, siccome Meloni conta più di Procaccini, viene da pensare che non sia solo tattica, ma magari vi sia anche la comprensione che nessun paese, tantomeno l’Italia, possa fare a meno di un’Europa più unita”, conclude Gori.

 
Dietro questi lenti movimenti tellurici da destra verso il centro ci sarebbe una regia precisa, ed è quella di Ursula von der Leyen. “Credo che la presidente persegua un obiettivo sensato: evitare che la Commissione si trovi in mezzo a un’eccessiva divaricazione tra le altre istituzioni su cui poggia l’Ue. Da una parte il Parlamento, dove l’unica maggioranza assoluta possibile è quella di centrosinistra, e dall’altra il Consiglio, con 22 governi su 27 di centrodestra o di destra”, prosegue Gori.


L’operazione di von der Leyen è stata però “sporcata” dai goffi tentativi del leader dei Popolari, Manfred Weber, di accreditare la nascita di una nuova e diversa maggioranza. Ha inoltre prodotto una spaccatura nettissima nel campo della destra, dividendo la fazione dei Patrioti – rappresentata da Vox, Salvini, Le Pen e Wilders, inchiodata sulle sue barricate sovraniste e antieuropee – da quella di Meloni: “Una destra in mezzo al guado che, se domani iniziasse ad assomigliare un po’ meno a Salvini e a credere un po’ di più nell’Europa, io credo sarebbe un fatto positivo, a Roma come a Bruxelles”, spiega il bergamasco.


Un esperimento, quello di von der Leyen, che tuttavia per ora è costato caro in termini di agibilità politica. “Trentuno voti in meno rispetto ai 401 di luglio, con defezioni in tutti i gruppi che pure hanno votato la fiducia alla Commissione”. Tra i segnali che emergono dal voto degli italiani a Strasburgo c’è anche il ritorno di un classico: l’asse gialloverde, con 5 Stelle e Lega accomunati nell’opposizione a von der Leyen. Una svolta per gli equilibri a Roma? “Non è che in Italia non esistano più il centrodestra e il centrosinistra, no”, taglia corto Gori. “Ma è vero che, nell’intervento di ieri della rappresentante francese di Left, il gruppo in cui si ritrovano anche i deputati di M5s e Avs, non ho condiviso praticamente nulla. E’ abbastanza evidente che, quando si parla di Europa, abbiamo un problema. Dobbiamo superarlo, ma per riuscirci ci vorrà molto impegno”.