Un gruppo di combattenti di Hts si riposano durante i combattimenti verso Aleppo (foto Getty)

L'Asse ha una nuova crepa

I ribelli ad Aleppo e gli israeliani a Palmira mettono in crisi Assad

Luca Gambardella

Le milizie di Julani chiudono il passaggio dell'autostrada verso Damasco. Il regime in difficoltà mentre le vie di comunicazione vengono soffocate

Giovedì nel nord-ovest della Siria le milizie antiregime hanno fatto ulteriori progressi. Nel giro di appena 36 ore le forze di Bashar el Assad hanno perso oltre 100 uomini e il controllo di un’area che si estende per centinaia di chilometri quadrati, finita nelle mani di una coalizione di gruppi islamisti e filo turchi. In testa a questo ombrello di ribelli c’è Hayat Tahrir al Sham (Hts), un’organizzazione terroristica salafita guidata da Abu Muhammad al Julani, la cui storia è legata a quella dei principali gruppi jihadisti siriani degli ultimi anni ma  che oggi è osannato come un “liberatore” in grado di riportare nelle loro case i ribelli che il regime aveva cacciato nel 2016. Ora Assad è costretto alla conta dei danni, che sono ingenti.  

 

   

La ritirata dei suoi militari e degli alleati russi e iraniani è avvenuta con una facilità difficilmente pronosticabile. Uno snodo  dell’autostrada M5, che corre tra Damasco e Aleppo, è finito sotto il controllo di Hts verso Zerbah, a sud-ovest di Aleppo, dove i ribelli hanno aperto un altro fronte. La seconda città della Siria è isolata dalla capitale e questo è un problema per gli approvvigionamenti,  in previsione di una possibile guerra strada per strada ad Aleppo, dove l’avanzata dei ribelli sarà messa alla  prova. Quel che è peggio per Assad è che l’arsenale abbandonato dai suoi uomini messi in fuga – carri armati, armi anticarro, munizioni e droni – è ora nella disponibilità dei ribelli. L’aviazione russa  ha reagito bombardando Idlib e altri villaggi ma né i Sukhoi di Mosca né gli iraniani – giovedì un generale delle forze speciali al Quds è stato ucciso dai ribelli – sono nelle condizioni per fare da argine. I motivi sono diversi. C’entrano l’indebolimento di Hezbollah dopo la guerra contro Israele e l’impegno russo in Ucraina, ma anche la scarsa preparazione dell’esercito siriano, sottopagato e demotivato. In questi anni, invece, Hts si è dotato di un’accademia per l’addestramento e di un reparto di forze speciali e di un arsenale più moderno.

 

Ma c’è un altro fattore che Julani ha sfruttato, quello del tempo. Fino a pochi giorni fa gli israeliani hanno bombardato ripetutamente le forze del regime e le milizie di Hezbollah fra il Golan, Damasco e Palmira – in quest’ultimo caso, il raid del 20 novembre è stato il più violento di sempre lanciato dall’Idf in Siria, con oltre 60 morti. Subito dopo è partita l’offensiva dei ribelli nel nord-ovest, probabilmente per sfruttare il momento di difficoltà di Assad e dei suoi alleati. La Siria è cruciale per l’Iran e Hezbollah per le sue arterie stradali che da est portano verso il Mediterraneo. Se il regime perde il controllo dell’autostrada M6 che passa da Palmira e della M5 che va verso Aleppo significa che l’Asse della resistenza è ancora più barcollante. La Turchia osserva e valuta se sostenere o meno l’avanzata dei ribelli mentre Israele ha già avvisato Assad. “Se la Siria aiuterà Hezbollah a riorganizzarsi e a trasferire armi, la pagherà”, ha detto giovedì il portavoce dell’Idf. “Non saranno attaccati solo i convogli, ma la Siria stessa”. 

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.