L'Asse ha una nuova crepa
I ribelli ad Aleppo e gli israeliani a Palmira mettono in crisi Assad
Le milizie di Julani chiudono il passaggio dell'autostrada verso Damasco. Il regime in difficoltà mentre le vie di comunicazione vengono soffocate
Giovedì nel nord-ovest della Siria le milizie antiregime hanno fatto ulteriori progressi. Nel giro di appena 36 ore le forze di Bashar el Assad hanno perso oltre 100 uomini e il controllo di un’area che si estende per centinaia di chilometri quadrati, finita nelle mani di una coalizione di gruppi islamisti e filo turchi. In testa a questo ombrello di ribelli c’è Hayat Tahrir al Sham (Hts), un’organizzazione terroristica salafita guidata da Abu Muhammad al Julani, la cui storia è legata a quella dei principali gruppi jihadisti siriani degli ultimi anni ma che oggi è osannato come un “liberatore” in grado di riportare nelle loro case i ribelli che il regime aveva cacciato nel 2016. Ora Assad è costretto alla conta dei danni, che sono ingenti.
La ritirata dei suoi militari e degli alleati russi e iraniani è avvenuta con una facilità difficilmente pronosticabile. Uno snodo dell’autostrada M5, che corre tra Damasco e Aleppo, è finito sotto il controllo di Hts verso Zerbah, a sud-ovest di Aleppo, dove i ribelli hanno aperto un altro fronte. La seconda città della Siria è isolata dalla capitale e questo è un problema per gli approvvigionamenti, in previsione di una possibile guerra strada per strada ad Aleppo, dove l’avanzata dei ribelli sarà messa alla prova. Quel che è peggio per Assad è che l’arsenale abbandonato dai suoi uomini messi in fuga – carri armati, armi anticarro, munizioni e droni – è ora nella disponibilità dei ribelli. L’aviazione russa ha reagito bombardando Idlib e altri villaggi ma né i Sukhoi di Mosca né gli iraniani – giovedì un generale delle forze speciali al Quds è stato ucciso dai ribelli – sono nelle condizioni per fare da argine. I motivi sono diversi. C’entrano l’indebolimento di Hezbollah dopo la guerra contro Israele e l’impegno russo in Ucraina, ma anche la scarsa preparazione dell’esercito siriano, sottopagato e demotivato. In questi anni, invece, Hts si è dotato di un’accademia per l’addestramento e di un reparto di forze speciali e di un arsenale più moderno.
Ma c’è un altro fattore che Julani ha sfruttato, quello del tempo. Fino a pochi giorni fa gli israeliani hanno bombardato ripetutamente le forze del regime e le milizie di Hezbollah fra il Golan, Damasco e Palmira – in quest’ultimo caso, il raid del 20 novembre è stato il più violento di sempre lanciato dall’Idf in Siria, con oltre 60 morti. Subito dopo è partita l’offensiva dei ribelli nel nord-ovest, probabilmente per sfruttare il momento di difficoltà di Assad e dei suoi alleati. La Siria è cruciale per l’Iran e Hezbollah per le sue arterie stradali che da est portano verso il Mediterraneo. Se il regime perde il controllo dell’autostrada M6 che passa da Palmira e della M5 che va verso Aleppo significa che l’Asse della resistenza è ancora più barcollante. La Turchia osserva e valuta se sostenere o meno l’avanzata dei ribelli mentre Israele ha già avvisato Assad. “Se la Siria aiuterà Hezbollah a riorganizzarsi e a trasferire armi, la pagherà”, ha detto giovedì il portavoce dell’Idf. “Non saranno attaccati solo i convogli, ma la Siria stessa”.
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