La massima pressione sulla Corea del nord e il ruolo della Cina secondo Blinken e Tajani

Giulia Pompili

Il rafforzamento del coordinamento fra Mosca e Pyongyang unisce la sicurezza dell’Europa a quella della regione dell’Indo-Pacifico. Che cosa può fare l’Unione europea (e Pechino) per fermare Vladimir Putin e Kim Jong Un

Fiuggi, dalla nostra inviata. “La grande preoccupazione che abbiamo tutti sulla relazione fra la Russia e la Corea del nord è che è una strada a doppio senso, non riguarda soltanto quello che la Corea del nord sta facendo per la Russia, e per la sua aggressione contro l’Ucraina, ma anche quello che la Russia sta facendo, o potrebbe fare, per la Corea del nord”, ha detto ieri rispondendo a una domanda del Foglio il segretario di stato Antony Blinken, durante la conferenza stampa del suo ultimo G7 a capo della diplomazia americana. Le truppe nordcoreane in Russia sono un’escalation nella guerra del Cremlino contro l’Ucraina, menzionata anche nel comunicato finale del G7.


Il rafforzamento del coordinamento fra Mosca e Pyongyang unisce la sicurezza dell’Europa a quella della regione dell’Indo-Pacifico, e non a caso ieri, per l’ultima riunione della diplomazia del G7 a guida italiana, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha presieduto una riunione sull’Indo-Pacifico durata a lungo, con quattro rappresentanti dai paesi partner dall’Asia: Corea del sud, India, Indonesia e Filippine. Nel comunicato finale viene menzionata la “risposta coordinata” che il G7 si prepara a dare rispetto all’escalation dei diecimila uomini nordcoreani che sarebbero già operativi sul fronte in Ucraina, ma non è chiara quale sarà questa risposta. Secondo Blinken queste risposte dovrebbero essere le sanzioni: “L’abbiamo visto negli ultimi due anni e mezzo: sanzioni coordinate imposte dai paesi del G7, dall’Unione europea, da altri paesi preoccupati, per continuare ad aumentare la pressione sulla Russia e su chiunque la stia aiutando nella sua guerra d’aggressione all’Ucraina”. E’ il caso, dice Blinken, di quelle che il segretario di stato chiama “entità cinesi” – cioè aziende cinesi, non la sua leadership – “che stanno sostenendo l’industria della Difesa di base della Russia”, anche quelle sotto sanzioni da parte americana ed europea. La stessa politica della massima pressione si applica  alla Corea del nord, “anche attraverso le sanzioni”. 

 


“Ma la cosa essenziale qui è questa”, dice Blinken, “la Cina ha un importante ruolo da svolgere, nell’uso della sua influenza sulla Corea del nord ma pure sulla Russia, per fermare le sue attività”, e se così non fosse “credo che quello che vedremo è che i paesi dell’Indo-Pacifico, inclusa l’America, inclusa la Corea del sud, incluso il Giappone, faranno ulteriori passi per rafforzare la loro deterrenza e la capacità di Difesa”.  Questi sono passi “che di certo non sono diretti alla Cina, ma che alla Cina non piacciono”.

 

 

Secondo quanto risulta al Foglio, anche quest’anno nel comunicato finale della riunione dei ministri degli Esteri del G7 i ministri hanno discusso molto delle parole da usare nei passaggi in cui la Repubblica popolare cinese di Xi Jinping veniva menzionata: parole come sfida o minaccia non compaiono nel testo, ma vengono menzionati tutti i problemi posti da Pechino all’ordine globale internazionale, da Hong Kong al richiamo ad attenersi alla Convenzione di Vienna, dall’aggressività nel Mar cinese meridionale e orientale alla pace e alla stabilità nello Stretto di Taiwan. Una cautela dovuta probabilmente alla speranza del ruolo che può svolgere Pechino nel rafforzamento della relazione fra Mosca e Pyongyang, di cui, sollecitato dal Foglio, ha parlato anche il ministro Tajani: “Abbiamo detto ai cinesi che non devono dare alcun supporto militare ai russi, e in tutti i nostri incontri i cinesi hanno sempre negato di dare supporti diretti”. Eppure, dice Tajani, “non credo che ci sia piena condivisione da parte della Cina sulla presenza nordcoreana in Russia, probabilmente c’è anche qualche divergenza, non credo – se ho buone informazioni – che la Cina sia stata informata della decisione nordcoreana di sostenere le Forze armate russe”. E quindi, secondo Tajani, “certamente qualche crepa si è creata” fra Pechino e Pyongyang: “Non credo che la Cina sia particolarmente soddisfatta della decisione coreana”.

 


Quella che si è chiusa ieri in Ciociaria, fra Anagni e Fiuggi, la città di residenza del capo della diplomazia italiana Antonio Tajani, è stata l’ultima riunione del G7 a guida italiana: è stato un G7 “caratterizzato dalla presenza di paesi con cui vogliamo avere un dialogo”, ha detto Tajani. A fine anno la responsabilità di ricostruire quel dialogo passerà al Canada.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.