L'avanzata dei ribelli alle porte di Aleppo (foto Getty)

battaglia nel nord-ovest

Parte di Aleppo è nelle mani dei ribelli

Luca Gambardella

Gli uomini di Assad si ritirano dai quartieri occidentali della seconda città della Siria. Due misteri: la cautela dei russi e le scelte di Erdogan, che potrebbe approfittarne

Fratelli miei, vi diamo la buona notizia dell’inizio del nostro ingresso ad Aleppo”. L’annuncio di Abu Mohammad al Julani è ripreso con un filmato girato  nella operation room comandata dal leader di Hayat Tahrir al Sham (Hts). Venerdì la resistenza degli uomini di Bashar el Assad nei quartieri occidentali della seconda città della Siria si andava dissolvendo con altrettanta facilità con cui erano saltate le altre linee difensive nelle 48 ore precedenti. Fonti delle milizie hanno raccontato che le postazioni occupate da Hezbollah e dai pasdaran erano vuote.

Solo nella mattinata di venerdì, la coalizione dei ribelli guidata dai terroristi salafiti di Hts ha preso  il controllo dei quartieri occidentali di Aleppo – Nuova Aleppo, al Furqan, Salah ad Din. A Piazza Basil, che porta il nome del fratello di Assad, morto nel 1994, la bandiera del regime  che sventolava al fianco della statua equestre di Basil è stata ammainata. Anche piazza Saadallah al Jabiri, diventata il luogo delle parate militari  del regime e dei  russi, è finita nelle mani dei ribelli. Gli edifici pubblici sono stati evacuati e dai minareti delle moschee risuona il messaggio che invita i residenti a restare in casa.

Se a terra si spara, nel cielo di Aleppo non si vedono i jet russi. Un vuoto sorprendente, perché la tenuta del regime in questa regione si è sempre aggrappata all’efferatezza dei bombardamenti russi. Invece in queste 72 ore l’aviazione di Mosca ha compiuto solo pochi raid. I ribelli sono riusciti così a prendere il controllo delle vie di accesso di Aleppo, in particolare l’autostrada M5. Qui, 50  chilometri più a sud, la cittadina di Saraqib è stata liberata. Secondo alcuni osservatori, la battaglia di Aleppo potrebbe essere solamente un diversivo e il vero obiettivo dei ribelli sarebbe proprio qui, a Saraqib, per ricacciare le forze del regime e ristabilire la zona demilitarizzata decisa dagli accordi di Astana del 2017 e che Assad ha sempre violato.  Il mistero del mancato intervento russo va di pari passo con la debolezza della resistenza iraniana. 

Due giorni fa un generale delle forze speciali al Quds è stato ucciso, ma la presenza di Hezbollah e dei pasdaran a ovest della città sembra scarna. Il vuoto lasciato dai due alleati di Assad potrebbe trovare una spiegazione nell’indebolimento di Hezbollah in Libano e nell’impegno russo in Ucraina, ma a ogni modo il regime siriano sembra sia stato lasciato solo. Le fonti locali parlano di diserzioni in massa. Sottopagati, con scarsa disciplina e male equipaggiati, i militari di Assad hanno lasciato nelle mani delle milizie una quantità enorme di armi anticarro, droni e mezzi blindati. Ad Aleppo è dislocata buona parte della 30esima divisione di fanteria e della 25esima aviotrasportata e se entrambe sono in rotta è un problema per le forze militari anche nel resto del paese. Alcuni rinforzi sono  in viaggio da Damasco e nelle prossime ore potrebbe essere messa alla prova la capacità dei ribelli di tenere il controllo della parte occidentale della città. 

Prima di capire se le operazioni militari nel nord-ovest, già adesso di proporzioni sorprendenti,  possano avere un impatto anche nel resto del paese, occorrerà valutare alcune variabili. Tra quelle che Assad teme di più c’è n’è una che conduce a Recep Tayyip Erdogan, che potrebbe decidere di sostenere  l’avanzata dei ribelli. Venerdì, il ministero degli Affari esteri turco ha diffuso un comunicato minaccioso in cui legittima l’offensiva come una naturale reazione agli attacchi degli ultimi mesi sferrati da russi e siriani contro i civili a Idlib e rivendica gli accordi del 2017 che lasciavano Aleppo ovest all’opposizione. Nel comunicato si ventila la possibilità di un intervento militare a Tal Rifaat e a Manbij contro i “terroristi” curdi che – dice Ankara – si stanno riorganizzando per approfittare dell’instabilità nella regione. Un’offensiva al confine – che Erdogan minaccia da tempo per ampliare la zona cuscinetto tra Siria e Turchia – porterebbe allo scenario peggiore per Assad, che rifiuta  la presenza di militari turchi sul territorio siriano. 

Nelle prossime ore le incognite della battaglia di Aleppo – la cautela dell’aviazione russa e la posizione di Erdogan – potrebbero cambiare ulteriormente le sorti della guerra civile in Siria. 

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.