Perché Biden ha sbagliato a graziare suo figlio Hunter

Marco Bardazzi

La decisione del presidente uscente è regalo a Trump e al mondo Maga e solletica il populismo dominante: la giustizia non è uguale per tutti, se i potenti dell’odiato establishment possono graziare i loro figli. Chi potrà opporsi, tra i democratici, quando Trump smonterà tutto?

Un presidente degli Stati Uniti deve pensare alla legacy, a come sarà ricordato nei libri di scuola. È solo questo l’orizzonte che definisce i comportamenti dei presidenti: agire nell’interesse del paese e passare alla storia in base a quanto si è riusciti a farlo. È una barra molto alta, sta lassù dove l’ha posta George Washington. E richiede spirito di servizio e sacrifici. Joe Biden ha fatto molto per il suo paese in cinquant’anni di attività politica. Può ancora fare cose importanti per il mondo nel tempo che gli resta. Ma la sua eredità storica è ora compromessa da due gesti di egoismo.

Il primo lo ha compiuto decidendo di ricandidarsi nonostante l’età e le condizioni di salute. È Biden, più che Kamala Harris, ad aver perso le elezioni contro Donald Trump. Il secondo gesto che resterà nella memoria di tutti, come è successo per Gerald Ford e la grazia a Richard Nixon, è la scelta di graziare il figlio Hunter. Il “tengo famiglia” non si concilia con il compito alto che la Costituzione affida ai presidenti. Dopo aver fatto vincere Trump, ora Biden gli offre un’arma politica straordinaria. Se Hunter va perdonato perché il sistema giudiziario è stato ingiusto e politicizzato contro di lui, allora ha ragione Trump a sostenere di essere stato altrettanto vittima di un ministero della Giustizia, di una Fbi e di un apparato governativo motivati dalla politica. Chi potrà opporsi, tra i democratici, quando Trump smonterà tutto? Hunter graziato è un regalo a Trump e al mondo Maga, e solletica il populismo dominante: la giustizia non è uguale per tutti, se i potenti dell’odiato establishment possono graziare i loro figli. 

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