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Il summit

A Malta, il ministro russo lancia accuse e ripete bugie. La protesta di alcuni europei

Pietro Guastamacchia

Lavrov atterra in territorio europeo per il summit dell'Osce e lancia intimidazioni a Washington, accusando gli Stati Uniti di aver attaccato la Russia sfruttando i “neonazisti” ucraini. Un trionfo di propaganda in violazione dell'isolamento imposto dall'Ue

La Valletta, Malta. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov atterra a Malta e rompe l’isolamento imposto dai paesi europei dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, ma il summit dell’Osce nel cuore del Mediterraneo, da vertice del disgelo, si trasforma nel vertice delle minacce. Il capo della diplomazia russa, infatti, non tradisce le aspettative e approfitta dell’ingenuità della diplomazia maltese per lanciare insulti e intimidazioni rivolti a Washington, a Kyiv e ai suoi vicini. Il processo di pace ne esce più confuso di prima.

 

             


“Il mondo assiste a un ritorno della guerra fredda, ma con un rischio molto più alto che da fredda si trasformi in calda”, dice Lavrov durante il suo discorso sotto il tendone dell’Osce, un intervento segnato dalle proteste di diverse delegazioni europee, tra cui quelle dei Paesi baltici, della Polonia e della Repubblica ceca, che abbandonano la sala non appena il russo prende la parola. Le minacce proseguono a ritmo serrato contro gli Stati Uniti, accusati di “non essere paghi di soggiogare la Nato”, ma di voler anche “controllare l’Ue, l’Osce, il Pacifico, il golfo di Taiwan e la penisola di Corea”. E contro Kyiv, che ripete “continue falsità”, con l’inviato del Cremlino che arriva a portare sul tavolo della diplomazia internazionale l’accusa a Kyiv di aver “posizionato a favore delle telecamere della Bbc i cadaveri di Bucha”.


I delegati baltici, polacchi e cechi rimangono fuori nei corridoi, con l’eccezione dell’iconica protesta del portavoce del ministro della Repubblica ceca, Jan Lipavský, che, lasciato solo in sala dal suo ministro, sceglie di mettersi a leggere un libro sul “processo a Vladimir Putin”. Fisso al suo posto, invece, il segretario di stato americano, Antony Blinken, che prende parola subito dopo Lavrov e lo accusa di aver inondato la sala con “uno tsunami di disinformazione”. Blinken esorta gli altri delegati a “non lasciarsi ingannare dalle parole del suo omologo russo e ricordare che Mosca mira a cancellare l’Ucraina dalle carte geografiche”, spiega Blinken, il cui discorso però è anche un addio e un passaggio di consegne verso l’incognita dell’arrivo di Donald Trump.


Il fiume di minacce russe continua in conferenza stampa, in una saletta in cui vengono fatti entrare soltanto giornalisti russi, e dove i gorilla del ministro non gradiscono la battuta di chi cerca di entrare in sala spacciandosi per Tucker Carlson, anchorman trumpiano. Rispondendo alle domande preconfezionate della stampa russa, Lavrov definisce “fantasia” l’idea di dispiegare truppe europee in Ucraina e ricorda che “il presidente Vladimir Putin ha già lanciato in più occasioni avvertimenti chiari sul tema”. Parlando di Caucaso poi il ministro si concede un’altra intimidazione, ricordando che “è nell’interesse della sicurezza dell’Armenia rimanere nella Csto”. E prima di chiudere la sua conferenza stampa e andare in Qatar, Lavrov dedica anche due parole a chi si era convinto che la sua presenza a Malta potesse favorire il percorso verso trattative di pace: “Non siamo noi a dover fare proposte di pace, noi non abbiamo mai voluto attaccare nessuno. Sono gli Stati Uniti che ci hanno attaccato usando le forze neonaziste ucraine e che attaccano il nostro territorio con missili a lungo raggio. Noi siamo stati lasciati senza altra scelta che difenderci”.


Il ministro russo, oltre a incassare la concessione del visto dai maltesi, ottiene anche due lunghi bilaterali con due delegazioni amiche: quella slovacca guidata dal ministro degli Esteri Juraj Blanár, e quella ungherese, guidata invece dal braccio destro di Viktor Orbán, il ministro degli Esteri Péter Szijjártó. L’Ungheria detiene la presidenza di turno dell’Ue e quindi, per tradizione dell’Osce, tiene il discorso a nome di Bruxelles al tavolo del vertice ministeriale a quattro mani con l’Alto rappresentante. La neonominata estone, Kaja Kallas, si è evitata l’imbarazzo: è arrivata a Malta per partecipare alla cena informale di mercoledì sera ma ieri non si è presentata al vertice per evitare di incontrare il ministro russo. Lavrov si gode passerella e in cambio lascia la mancia: i russi abbandonano il veto sul bilancio e sul rinnovo delle cariche e salvano l’Osce dallo stallo istituzionale in cui era intrappolata da due anni. Il forum di dialogo post guerra fredda è salvo, ora però manca il dialogo.
 

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