Aleppo vale una messa
In Siria i ribelli in cerca di legittimazione guardano alla Chiesa cattolica e si mostrano (fin troppo) concilianti
La volontà di Hts di farsi percepire dal mondo come una compagine politica “normale”, senza marchi di sorta: niente legami con il terrorismo, tantomeno con quello islamista che fu di Abu Bakr al Baghdadi
Le milizie di Hayat Tahrir al Sham (Hts) potrebbero nominare il vescovo latino Hanna Jallouf nuovo governatore provvisorio di Aleppo. Il rumor, inizialmente limitato a qualche account su X, è stato ripreso da Hassan I. Hassan, fondatore e direttore di New Lines Magazine. Hassan si è detto “scettico” che ciò possa accadere, ma se invece fosse tutto vero, “non ne sarei sorpreso: ormai è difficile definire qualcosa come impossibile”. L’eventualità pare inverosimile, tant’è che lo stesso Jallouf ha smentito tutto: “Siamo uomini di Dio, non ci occupiamo di politica”. Ma il punto rilevante della questione è un altro. Ciò che conta è la volontà di Hts di farsi percepire dal mondo come una compagine politica “normale”,, senza marchi di sorta: niente legami con il terrorismo, tantomeno con quello islamista che fu di Abu Bakr al Baghdadi.
Nessun intento vendicativo o fondamentalista. Non è un caso che le gerarchie cristiane della città, fin dal giorno successivo alla conquista da parte della formazione ribelle, abbiano pubblicamente fatto sapere al mondo – tramite i giornali, le radio e le tv – che nessuno dei rivoltosi ha toccato i cristiani. Non è vero che sono state vietate le celebrazioni per il Natale, è falso che gli alberi addobbati siano stati abbattuti. Una prudenza legata alla consapevolezza che per Bashar el Assad, privato del sostegno armato e politico di Vladimir Putin, in altre faccende impegnato, stavolta potrebbe risultare complesso salvare il trono di rais. E senza il protettore delle minoranze che in questi decenni ha garantito libertà religiosa e ampio margine di manovra alle comunità cristiane del paese, è meglio non esporsi. Un quadro radicalmente mutato rispetto a un decennio fa, quando i vescovi (tutti) facevano a gara per chiedere che qualcuno (il Papa) fermasse il minacciato intervento occidentale su Damasco e che qualcun altro (Putin) sganciasse bombe sugli sgherri del Califfato.
Oggi, con il Cremlino meno coinvolto in Siria, le possibilità sono solo due: o schierarsi fedelmente attorno ad Assad, anche a costo del martirio, o scegliere la strada della realpolitik e cercare un dialogo con Hts. La seconda strada sembra quella più conveniente, anche perché è quella su cui il gruppo ribelle s’è già incamminato: dichiarazioni concilianti, look lontano anni luce da quello tetro e clericale di al Baghdadi e dei suoi corifei. E’ tempo di presentarsi moderati e pragmatici, sottolineando più che si può che l’unico obiettivo è liberare il paese dal tiranno. Proprio mons. Jallouf è divenuto il tramite fra i miliziani e la popolazione civile cristiana, guardinga rispetto alle mosse di Hts: “Li conoscevo quasi tutti da prima, da quando ero parroco a Idlib: così subito dopo l’ingresso in città mi hanno contattato per rassicurare i cristiani. Io ho già riferito a tutti i vescovi di non avere paura”, ha detto ad Avvenire. “Piano piano, i miliziani hanno capito che se devono fare uno stato, questo deve essere composto come un mosaico che non può essere di un solo colore, ma avere delle tessere di colore diverso”. Quasi un programma di governo.
Isteria migratoria