In difesa di Kyiv

Ragioni per un cauto ottimismo sul fatto che Trump non svenderà l'Ucraina a Putin

Paola Peduzzi

"Non penso che sia corretto dire che il 21 gennaio il prossimo presidente azzererà tutto il sostegno americano all’Ucraina", ci dice Melinda Haring di Razom for Ukraine e dell'Atlantic Council. L'ego del leader americano, quello di Putin, le decisioni prese al di là delle parole e la qualità che Trump apprezza di più: la tenacia, e su questo "gli ucraini vincono su tutti"

Volodymyr Zelensky è pronto per la pace in Ucraina, ha detto Donald Trump con l’enfasi di chi crede che questa sia una notizia – il presidente ucraino vuole la pace da sempre: la definisce “giusta e duratura” per non confonderla con una resa all’aggressione ingiustificata della Russia – e però ha aggiunto una cosa, questa sì, significativa: anche il presidente russo Vladimir Putin “dovrebbe pensare che è arrivato il momento della pace perché ha perso – quando perdi 700 mila uomini, è il momento”, ha detto il prossimo presidente americano al New York Post. Trump vede la fragilità della Russia, che ha perso l’alleato storico in Siria, la definisce “una nazione indebolita” con “un’economia pessima” e arriva alla conclusione che la pace convenga anche a Putin. Come accade dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, molti leader occidentali pensano di poter convincere Putin e poi finiscono per imporre condizioni a Kyiv, l’unica in ascolto. Ma gli ucraini, in particolare Zelensky, hanno imparato a prendere le misure ai loro interlocutori senza perdersi in lamentele: ora tocca a Trump, e non potendo disperarsi, l’atteggiamento è positivo. Zelensky ha detto di essere contento del suo incontro con Trump e ha ringraziato Emmanuel Macron, che ha organizzato il mini vertice, che per molto tempo è stato uno di quelli convinti di poter avere un qualche tipo di dialogo negoziale con Putin.

Fin da prima della vittoria elettorale di Trump, gli ucraini hanno avuto un approccio possibilista nei confronti del prossimo presidente, per lo più delusi dall’eccessiva cautela dell’Amministrazione Biden, che ha tenuto insieme gli alleati ma non ha fatto tutto quel che avrebbe potuto per far prevalere l’Ucraina contro la Russia. “C’è un grande pessimismo nei confronti della prossima Amministrazione Trump e molti credono che il presidente finirà per svendere l’Ucraina – dice al Foglio Melinda Haring, che lavora al Razom for Ukraine, una ong che sostiene gli ucraini, e all’Eurasia Center dell’Atlantic Council – Ma penso che quest’agitazione sia eccessiva e anzi, credo che si possa essere cautamente ottimisti”. Haring ha scritto un articolo proprio su questo, si intitola “The case for Optimism”, ed è decisamente in controtendenza con l’umore dominante in Europa. “Sono ancora più ottimista da quando Trump ha scelto come inviato in Ucraina e Russia il generale Keith Kellogg – dice Haring – E’ un uomo di grande esperienza che comprende la minaccia russa nei confronti dell’occidente e degli Stati Uniti, è un falco che ha criticato l’Amministrazione Biden perché non ha sviluppato una concreta strategia militare in Ucraina. Nel suo famoso documento che fa temere per una arrendevolezza nei confronti della Russia, Kellogg dice che Biden avrebbe dovuto mandare tutte le armi necessarie alla difesa di Kyiv nel 2022 invece che adottare un approccio incrementale”.

Haring vive a Washington, dice che ci sono molti “pezzi di un eventuale piano” negoziale per l’Ucraina che circolano, quindi non si sa né quale Kellogg favorisce né, cosa dirimente, quale Trump farà suo, “ma non penso che sia corretto dire che il 21 gennaio il prossimo presidente azzererà tutto il sostegno americano all’Ucraina. Durante la campagna elettorale, Trump ha continuato a dire che avrebbe messo fine al conflitto in 24 ore, ma sappiamo tutti che è una cosa senza senso e che nessuno può far finire la guerra in 24 ore a parte Putin. Poi è stato molto critico nei confronti di Zelensky, ha detto cose avvilenti e il suo vice J. D. Vance è ancora peggio di lui: queste premesse sono invero preoccupanti. Ma se si guarda quel che ha fatto Trump quando era presidente, persino nel 2019 quando la questione ucraina è stata ampiamente strumentalizzata (ci fu l’impeachment), nei fatti è rimasto duro nei confronti della Russia, ha fatto pressioni sugli europei per fermare il gasdotto Nord Stream 2 e per rendere finanziariamente più solida la Nato, ha prolungato le sanzioni americane contro Mosca per l’annessione della Crimea e ha autorizzato l’invio dei Javelin, che l’Amministrazione Obama non aveva voluto. E’ per questo che penso che non dobbiamo dare per scontato che Trump sarà morbido con Putin”.

La tesi di Haring è rassicurante, certo, forse troppo: non sarà wishful thinking? Conveniamo sul fatto che lo scenario peggiore che si prospetta per l’Ucraina è “il conflitto congelato”, che peraltro è un concetto inesistente che serve alla Russia per riorganizzarsi e all’occidente per illudersi che la guerra sia finita, “ma credo che sia semplicistico dire che il congelamento sia l’obiettivo di Trump”, dice l’esperta, che valuta anche i leader coinvolti: “Trump ha un ego enorme, Putin pure ha un ego enorme ed è bravo a sovrastimare la propria forza, quindi è possibile che Putin offenda Trump e che Trump dica: tu pensi che sia debole? Ti faccio vedere chi è debole, e così diventi più falco”. E’ probabile che Haring non stia parlando agli ucraini, ma agli americani, in particolare alla politica di Washington e ai repubblicani che non sghignazzano quando Donald Jr., Steve Bannon e il mondo Maga dicono che Zelensky è un piazzista e che la sua paghetta sta per finire. E’ piuttosto ambizioso e chissà quanto plausibile pensare di poter separare i Maga da Trump, ma Haring cita altri esponenti della prossima Amministrazione – come Marco Rubio al dipartimento di stato e Michael Waltz, consigliere per la Sicurezza nazionale – definendoli “duri con Putin” e consapevoli del fatto che “l’Ucraina deve prevalere” sulla Russia, perché è una questione di sicurezza per tutto l’occidente. Soprattutto Haring dice che un’altra credenza falsa è che la stragrande maggioranza dei repubblicani eletti al Congresso sia anti Ucraina: “Lavoro tutti i giorni con i deputati e i senatori e quelli ostili a Kyiv sono una minoranza”. Segnala un report che dimostra quel che dice, insiste: “non bisogna essere pigri” nell’approcciarsi a Trump, parla agli europei terrorizzati e allo stesso tempo cauti. Poi conclude: “Credo che non ci sia cosa che Trump apprezzi più della tenacia: gli ucraini su questo vincono su tutti”.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi