In Siria

L'orrore dell'assadismo e un dopo regime senza illusioni né rimpianti

Paola Peduzzi

Tutto quel che abbiamo ignorato del regime di Bashar el Assad, le sue vittime, il suo orrore e i suoi sponsor internazionali

Che cosa festeggiate?, chiedono i cantori della stabilità irresponsabile che fino a due settimane fa contavano su Bashar el Assad come su un perno inamovibile, non lo vedete che il post assadismo è pericolosissimo?, insistono, togliendo a questo momento di gigantesca instabilità l’elemento della speranza, proprio come fanno i regimi: ti fanno credere che nulla potrà cambiare e che tu sei un suddito impotente, se provi ad alzare lo sguardo finisci in galera, nessuno saprà più niente di te, come se non fossi mai esistito – l’annullamento della volontà. Questo cinismo ignora anche la realtà: del post assadismo nulla sappiamo, ma dell’assadismo sì, e non lo si può rimpiangere.

 

La Siria libera da Assad mostra l’orrore di un regime feroce e impunito, ogni ora escono dettagli osceni del metodo utilizzato dal dittatore per restare al potere. Di recente abbiamo vissuto questo stesso svelamento in Ucraina, nelle terre liberate dall’occupazione di Vladimir Putin, sponsor altrettanto impunito di Assad, e nulla sappiamo di quel che è accaduto e accade nei luoghi che vivono sotto il giogo russo: ogni volta la realtà che ci viene mostrata risulta più intollerabile di quella che avevamo immaginato. Da anni il conteggio dei siriani uccisi da Assad è fermo a una stima di 600 mila persone, così come si dice che siano 112 mila i siriani scomparsi nel nulla, ma i conti non tornano, chi ritrova la libertà oggi spesso non ha nemmeno una tomba dove andare a ricostruire i pezzi di vita che non ha vissuto, che ha perduto.

 

La stabilità cercata in modo indefesso da molti paesi occidentali in Siria è andata di pari passo con lo sconforto dei siriani che, scrive Anne Applebaum, “fa parte del piano: questi regimi vogliono rubare alle persone la capacità di pensare a un futuro diverso, vogliono convincere le persone che le loro dittature sono eterne: ‘I nostri leader per sempre’ era lo slogan della dinastia degli Assad”. Gli ultimi tredici anni per la Siria sono stati eterni, ma oggi quel senso di inevitabilità che russi e iraniani hanno cucito addosso ad Assad è crollato, e i siriani festeggiano, certo che festeggiano, perché tutto sembra migliore di quel che hanno conosciuto finora. E’ una festa piena di incredulità – perché inattesa – e di dolore, perché aprire gli occhi dopo tutto questo tempo di buio significa anche prendere coscienza con lo strazio che si è subìto, significa scoprire che tua madre è stata violentata più e più volte, che hai dei fratelli che sono cresciuti in celle sotterranee di galere senza luce in cui ogni giorno venivano mandate a morte decine di persone, che tuo fratello è morto tentando di scappare, che hai dei cuginetti che non parlano nemmeno la tua lingua perché da anni vivono in un paese straniero che non vede l’ora di sbarazzarsi di loro. Questo è, prima di ogni analisi, prima di ogni elucubrazione geopolitica, il post assadismo per i siriani: mettere insieme la memoria delle proprie famiglie, ricostruire, fissare fotografie e riconoscere nei volti e nei corpi tumefatti i tuoi parenti.

 

Poi ci siamo noi, che abbiamo promesso aiuto ai siriani e non lo abbiamo dato, che abbiamo fissato linee rosse che  non ci siamo preoccupati di far rispettare, che ce la prendiamo con gli israeliani che bombardano depositi di armi chimiche che non dovrebbero nemmeno esistere visto che ci eravamo fidati della promessa di Putin e di Assad di smantellarli, che abbiamo ignorato che la Siria è stata la palestra della ferocia del Cremlino, il campo di addestramento della Wagner, l’arsenale del terrorismo dei pasdaran iraniani.  Ora a Damasco è arrivato Ahmed al Sharaa, che fino a qualche giorno fa si è fatto chiamare Abu Muhammad al Julani, che è arrivato in Siria per espandere lo Stato islamico ma che poi ha preso la guida del suo gruppo islamista, si è ribellato ad al Baghdadi, ha conquistato terre, potere, credibilità, si è organizzato e ha pianificato la liberazione della Siria.   Le sue statistiche del terrore non sono conosciute nei dettagli, per ora si nota soltanto la sua ambizione che è alla base delle sue dichiarazioni ecumeniche e contro la vendetta immediata. Il post assadismo è lui e non sa di stabilità né tantomento di sicurezza, ma di nuovo: ci siamo anche noi, che abbiamo preso l’assadismo per stabilizzazione ignorando sia la catastrofe umanitaria sia la creazione di un asse spietato lanciato contro l’occidente, e che oggi possiamo partecipare alla costruzione di una nuova Siria, senza gli errori, senza le illusioni, soprattutto senza il rimpianto.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi