in America
Quella di Luigi Mangione, killer di Brian Thompson, è una squallida ribellione da saloon a una società malata
Figlio di milionari del Maryland, diploma con massimo dei voti, studi all'Università della Pennsylvania, istituto d’eccellenza della ghirlanda Ivy League, dove s’è laureato in Ingegneria e ha conseguito un master. La metamorfosi dopo un complicato intervento alla colonna vertebrale
Ecco, ci mancava Luigi Mangione per acutizzare ancora il senso di spaccatura, frustrazione e voglia di rivalsa che pervade gli Stati Uniti in questo momento. Un giovane uomo bianco, benestante e avvenente, un classico prodotto di buona famiglia con un’educazione di livello: i Mangione, evidente radice italiana, sono proprietari di country club e campi da golf, case di cura e addirittura di una stazione radio specializzata in talk-show conservatori. Milionari veri dello stato del Maryland, che hanno permesso a Luigi di studiare nella migliore scuola privata di Baltimora, dove lui si è diplomato col massimo dei voti per poi studiare all’Università della Pennsylvania, istituto d’eccellenza della ghirlanda Ivy League, dove s’è laureato in Ingegneria e ha conseguito un master, grazie al quale ha potuto proiettarsi con successo nel mondo del lavoro, tra la California e le Hawaii. Con le sue credenziali, c’era da scommettere che avrebbe potuto facilmente affermarsi come imprenditore o come amministratore delegato di un’azienda della new economy, o mettersi a capo delle fiorenti attività di famiglia.
Invece, arrivato a 26 anni, Mangione attraversa una metamorfosi: affronta un complicato intervento alla colonna vertebrale, dopo che un infortunio ne ha aggravato la condizione e a quel punto rompe i ponti con il suo mondo, i familiari e la ricca cerchia di amicizie. Di lui si perdono le tracce, sono inutili perfino i tentativi messi in atto dai genitori negli ultimi mesi per avere sue notizie e cosa succeda nella sua vita e nella sua mente in quel circoscritto periodo di tempo costituisce ora il principale enigma per gli inquirenti incaricati di ricostruire la traiettoria che porta alla mattina del 4 dicembre scorso, allorché Luigi riappare nelle immagini delle telecamere di sicurezza dell’Hotel Hilton nel centro di Manhattan, alle prime luci dell’alba. Non ci sono dubbi che sia lui il giovane alto, smilzo, di cui s’intravedono la pelle bianca, gli occhi e i capelli neri, appostato dietro un auto a pochi metri dall’ingresso dell’albergo, che attende fin quando non fa la sua comparsa l’altro protagonista di questa vicenda: Brian Thompson, ceo della UnitedHealthcare colosso delle assicurazioni sanitarie, cinquant’anni, a capo dell’azienda dal 2021, con uno stipendio da 10 milioni di dollari, giustificato dal forte aumento dei profitti ottenuti, lo scorso anno arrivati a 16 miliardi di dollari.
Il giovane Mangione è lì con un disegno dalle motivazioni misteriose: uccidere Thompson secondo una modalità esecutiva tipica di un figlio del web, ovvero utilizzando una pistola costruita assemblando pezzi realizzati con una stampante 3D, un arnese che un killer di professione non sfiorerebbe neanche con un dito. Ma il piano di Mangione va a compimento, centra due volte Thompson, non va nel panico quando l’arma s’inceppa, s’avvicina alla vittima per verificare l’effetto dei suoi proiettili, evita il colpo di grazia, giudicando sufficiente quelli già esplosi, si lascia dietro una scia di bossoli, inforca, come un nerd della Gen Z, una bicicletta a nolo, che poi abbandonerà per prendere un taxi e infine per montare su un autobus che lo condurrà fuori città. Si lascia alle spalle una miriade di indizi, a cominciare dai bossoli su cui ha inciso le parole-chiave che sintetizzano il senso della sua azione. “Negare”, “difendere”, “destituire”. Peraltro viene immortalato da tanti occhi digitali della miriade che sorvegliano le metropoli e vede finire la sua fotografia, ampiamente riconoscibile, sui volantini che nel giro di poche ore la polizia si occupa di distribuire ogni dove. Saranno quelle istantanee a mettere fine alla sua fuga, quando un banchista di McDonald’s ad Altoona, Pennsylvania, lo riconosce e lo segnala agli agenti, che lo arrestano senza che lui opponga altra resistenza che presentare un documento falso.
Adesso è in galera, è stata negata qualsiasi ipotesi di libertà su cauzione e verrà tradotto a New York, con l’accusa di omicidio premeditato. Ma questo è solo lo svolgimento piuttosto nitido dei fatti: manca il resto. Il suo personale perché, prima di tutto. E poi l’osservazione della risonanza e degli effetti collaterali del gesto di Luigi, aggrappati ai simboli che sono stati attribuiti a quell’azione tanto folle quanto pianificata e alla reazione che ha scatenato tra gli americani. Che ci fosse tanta rabbia pubblica nei confronti della UnitedHealthcare non era un segreto neanche prima dell’omicidio di Brian Thompson. All’inizio del 2024, manifestanti provenienti da tutto il paese si sono radunati in Minnesota davanti alla sede centrale della compagnia per protestare contro il suo rifiuto di pagare un terzo dei sinistri nei quali era coinvolta come assicurazione. Lo scorso ottobre, il rapporto dell’apposita commissione del Senato degli Stati Uniti ha certificato come la UnitedHealthcare e altre società neghino le cure a pazienti dimessi dagli ospedali dopo operazioni gravi, anche nei casi in cui i medici ne abbiano certificato l’assoluta necessità. Bambini affetti da tumori terminali, pazienti che necessitano di farmaci salvavita, chemioterapie che diventano utopie, l’elenco è infinito: “negare”, “difendere”, “destituire” diventano codici di immediata comprensione per chi viva nei dintorni di incubi del genere ed è su queste strade che gli americani hanno imparato a odiare il settore delle assicurazioni sanitarie e chi le rappresenta. Se i profitti della UnitedHealthcare e delle consorelle crescono a dismisura, non vale lo stesso per l’aspettativa di vita americana, mentre il risentimento è arrivato alle stelle. E Mangione al momento dell’arresto ha fatto pochissimo per nascondere il proprio disegno, per quanto delirante appaia a prima vista: in un documento trovatogli indosso c’è scritto che “le indagini non perdano tempo: posso assicurare di aver agito da solo per punire le aziende che continuano ad abusare della nazione per ottenere profitti”. Sono bastate poche ore per rintracciare sul web l’intervento in cui Luigi inneggia all’operato di Ted Kaczynski, l’indimenticato Unabomber che spediva pacchi esplosivi per castigare le corporation responsabili di ingannare e sfruttare i cittadini: “È facile liquidare il suo manifesto come quello di un pazzo, per non affrontare i problemi scomodi che identifica. Ma è impossibile ignorare quanto si siano rivelate preveggenti le sue previsioni sulla società moderna”, ha scritto Mangione, citando il motto di Krishnamurti: “Non fa bene alla salute adattarsi a una società profondamente malata”. Torturato dalla sua colonna vertebrale disallineata, è probabile che Luigi si sia inoltrato in un delirio in odore di V per Vendetta e abbia intravisto la sagoma del giustiziere. E in rete adesso vanno a ruba le magliette con quello slogan, “negare difendere destituire” e vendono a tutto spiano le inchieste sulle prepotenze ingiustificate messe in atto dalle assicurazioni. Quando arriverà il processo a Mangione l’America avrà un altro modo per dividersi, tra i difensori di una giustizia naturale e coloro che non hanno più pudore nel giustificare il cittadino arrabbiato che si fa giustizia da solo. Anche se è il rampollo di una stirpe fortunata. Anche se ha ancora la testa piena di videogiochi, anche se si affida agli slogan prima che ai ragionamenti. Luigi, assassino e potenziale eroe popolare d’accatto, è l’ennesimo prodotto distorto di un disastro sociale che si va descrivendo sempre più come un western di serie b: cantano le pistole e poi sotto con un’altra rissa al saloon. E solo sentimenti forti, per favore: la logica resta il rifugio delle pappamolli, quelle a cui manca il coraggio di fare da soli (lo spettacolo è solo cominciato, e come minimo possiamo dire: continua).
Isteria migratoria