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Kim in prima linea

I nordcoreani al fronte con la Russia non si nascondono più. L'escalation

Giulia Pompili

I soldati di Kim Jong Un sono a Kursk e combattono contro gli ucraini. L’Ue si muove lenta: ha approvato il 15mo pacchetto di sanzioni, ma manca un messaggio altrettanto chiaro contro la Corea del nord

Secondo l’intelligence militare ucraina, almeno 30 nordcoreani sarebbero stati feriti o uccisi durante un’operazione militare fra il 14 e il 15 dicembre, mentre tre soldati nordcoreani sarebbero dispersi. L’informazione conferma quanto riferito sabato scorso dal presidente ucraino Zelensky, secondo il quale “un numero significativo” di nordcoreani sarebbe ora operativo nell’area di confine di Kursk.

 

Dei due giorni di combattimenti, e delle informazioni rivelate dall’intelligence ucraina, una delle più importanti – e probabilmente impossibile da verificare – riguarda un episodio in cui le truppe nordcoreane avrebbero aperto per errore il fuoco contro il battaglione russo “Achmat Kadyrov”, quello dei ceceni, uccidendo otto soldati: “La barriera linguistica rimane un ostacolo difficile da superare per il comando”, scrive l’intelligence sul suo canale telegram. Nelle aree in cui sarebbero operativi i nordcoreani, inoltre, sarebbe attiva anche l’Fsb, a dimostrazione della delicatezza dell’impiego: “I soldati e gli ufficiali russi vengono controllati dal controspionaggio russo, i loro telefoni e altri dispositivi vengono sequestrati prima di essere autorizzati a entrare nelle aree in cui si trovano le unità nordcoreane”. Forse proprio per coprire la difficoltà dei combattimenti con i soldati di Pyongyang, da venerdì scorso i canali di propaganda filorussi hanno iniziato a parlare esplicitamente delle truppe nordcoreane nelle zone di combattimento, cosa che prima non facevano: sul canale telegram “Romanov Light”, rilanciato dai media della propaganda russa (anche in italiano) si leggeva qualche giorno fa che i nordcoreani il 6 dicembre scorso avrebbero “liberato il villaggio di Plekhovo, nella regione di Kursk, dalle Forze ucraine”, magnificando le gesta dei soldati di Kim Jong Un in battaglia.

 

Non è stato ancora ufficializzato dal governo di Kyiv il fatto che le Forze armate ucraine siano state allontanate da Plekhovo, e se le operazioni siano state portate avanti dai nordcoreani, ma questa è anche una guerra di informazioni e come spiega in un lungo articolo Anton Sokolin su NkNews, il problema è che sulla Corea del nord e su quanto i suoi soldati siano coinvolti sul fronte contro l’Ucraina c’è molta confusione. Solo qualche giorno fa il Pentagono negava la presenza dei soldati nordcoreani nelle aree di combattimento, e anche diverse analisi pubblicate nei giorni scorsi in Ucraina parlavano dei mercenari nordcoreani attivi nelle seconde file a sostegno dei soldati russi. Ma la situazione sul campo sta cambiando velocemente. Ieri il portavoce del Pentagono Pat Ryder ha detto che alcuni soldati nordcoreani sono morti in combattimento a Kursk, senza fornire un numero specifico, e ha detto che alcuni battaglioni dalla scorsa settimana hanno iniziato a combattere principalmente nel ruolo di fanteria. La Russia ha “trascinato un altro paese in questa guerra”, ha detto Zelensky, che cos’è questa “se non un’escalation?”. 

 

Il primo problema per Kyiv e l’alleanza che sostiene la sua difesa è in Corea del sud, il paese che più di tutti ha un’intelligence dedicata a studiare mosse e previsioni di Kim Jong Un: poco prima della sciagurata dichiarazione della legge marziale da parte del presidente ormai sospeso Yoon Suk-yeol (la Corte costituzionale deve decidere per il suo impeachment approvato dall’Assemblea nazionale) il governo ucraino aveva iniziato a collaborare con Seul proprio sull’intelligence e le informazioni riguardo i nordcoreani. Da due settimane, però, in Corea del sud il governo è esploso, sono tutti indagati, la catena di comando militare sollevata dagli incarichi, e secondo qualcuno Mosca e Pyongyang starebbero sfruttando proprio questo periodo di vuoto per accelerare la loro integrazione sul campo. Nel frattempo, l’Unione europea sembra non aver capito del tutto il grado di coinvolgimento del regime di Kim Jong Un nella guerra della Russia contro l’Ucraina e – in senso esteso – contro l’Europa. Ieri Bruxelles ha approvato il 15° pacchetto di sanzioni contro la guerra di Mosca, il primo della nuova Commissione von der Leyen – che ha l’obiettivo di “indebolire l’economia della Russia e la sua capacità di proseguire l’aggressione illegale contro l’Ucraina”, ha detto Maria Luís Albuquerque, commissaria dell’Ue per i Servizi finanziari.

 

Per la prima volta in questo pacchetto si colpisce con congelamento di beni e divieti di viaggio sei aziende cinesi e una donna d’affari di nazionalità cinese (fino a oggi le sanzioni contro le aziende cinesi che aiutano la Russia gli impedivano solo di fare affari nell’Ue). La nuova responsabile della diplomazia dell’Ue, Kaja Kallas, ha detto: “Aiutare la Russia in questa guerra ha un costo per la Cina e dobbiamo essere molto chiari su questo punto”. Nel nuovo pacchetto di sanzioni dell’Ue tutti si aspettavano un messaggio altrettanto chiaro contro la Corea del nord, che però non è arrivato: nel pacchetto ci sono soltanto due funzionari nordcoreani colpiti da sanzioni, il vicecapo di stato maggiore dell’Esercito popolare coreano, Kim Yong Buk, considerato il funzionario che coordina le truppe nordcoreane in Russia e No Kwang Chol, ministro della Difesa di Pyongyang. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.