L'editoriale dell'Elefantino
La guerra spiegata al Cretino Ibrido
La volontà di potenza, la crudeltà, il coraggio, la resistenza non sono uno spreco evitabile con la pace senza giustizia. Bisognerà ricordarsene quando ci si siederà al tavolo con Putin. Le parole di Zelensky, con quella presa d’atto
La dichiarazione di Zelensky sul Donbass e la Crimea può sembrare una presa d’atto realistica della situazione di fatto dopo tre anni di guerra, ma anche qualcosa di molto simile a una dichiarazione di impotenza e di resa. La verità è che le guerre sono tutte uguali e alla fine sono decise dalla volontà di chi resiste e dalla fermezza dei suoi alleati. Qui battezzammo uno speciale cretino ideologico, il Cretino Collettivo. Ma c’è anche da considerare la variante del Cretino Ibrido o Cretino Algoritmico. Infatti, se c’è una cosa che colpisce nello stato, penoso e tragico, delle guerre contemporanee, questo qualcosa è la rassomiglianza con quelle del passato, la Seconda e anche la Prima guerra mondiale, per esempio. L’incursione a Kursk degli ucraini sembra una Gallipoli, si spera con esito diverso.
Le battaglie sull’asse del fiume Dnepr sembrano quelle delle Ardenne o della Somme, e se vogliamo addirittura un’impresa non dissimile da quelle dell’armata a cavallo del maresciallo Budyonny durante la guerra tra bolscevichi e russi bianchi nella Volinia. Il dislocamento sui fronti territoriali, l’impiego massiccio di blindati e di cannoni e di missili, il ruolo dell’aviazione, il calcolo macabro, terribile, delle perdite in vite umane, la coscrizione obbligatoria come problema, la penuria di carne da cannone, come si diceva una volta, le tattiche offensive e le controffensive, la precisione di tiro, i chilometri quadrati di territorio conquistati, gli snodi logistici, la potenza di fuoco, le munizioni, la produzione industriale, l’industria bellica, le materie prime, non solo il petrolio di Novorossiysk, su cui pare gravare il veto americano, ma il grano addirittura, le infrastrutture elettriche, le stragi di civili, l’infusione del buio e della paura nelle città. Certo ci sono i satelliti, ci sono i dati che si accumulano e producono le interferenze cosiddette della guerra ibrida, ci sono quegli aquiloni esplosivi elettrici che volano a migliaia nel cielo, ma poi c’è il chilo di esplosivo legato col cerotto al manubrio di un monopattino a riequilibrare la fantasia futuribile del Cretino Ibrido e dell’onnipotenza algoritmica, c’è il sospetto sul ruolo eminente dei servizi segreti di Sua Maestà nell’attacco al generale Kirillov, servizi che furono inventati e costruiti come MI6 addirittura da Churchill.
C’è la conquista del potere guerrigliero in Siria, la spartizione tra bande di un regime assassino che lavorava di catene e torture nelle segrete del carcere, e più a sud ci sono i tunnel e gli ostaggi, roba di ingegneria e di spirito predone che apparteneva già alle tribù del De Bello Gallico e agli scontri dei Franchi e dei Germani con Giulio Cesare.
Questo per dire che così come il delirio della mente e del cuore umano, la volontà di potenza, la paura, il bluff, le intimidazioni, la crudeltà, il coraggio, la resistenza sono tuttora variabili decisive di guerre tradizionali, fatte di sacrifici umani indicibili e dell’uso di armi pesanti, così anche le responsabilità non cambiano poi di molto, appartengono alla politica, alla virtù delle pubbliche opinioni, alla determinazione nel difendere valori e criteri di vita gli uni contro gli altri. L’algoritmo è un fatto tecnico rilevante, come l’intelligenza artificiale, ha una influenza e un senso, cambia in parte le cose, ma non nella loro essenza, nella loro sostanza che è e resta politica, civile, umana, e per l’Ucraina è fatta della solita geografia monumentale di un pezzo d’Europa dove esistono ancora e non solo sulle mappe i polacchi, la Bielorussia, la Galizia e le antropologie di una vecchia sfida al cui centro stanno imperialismi e nazionalismi. La foto nel treno per Kyiv di Draghi Scholz e Macron non è così diversa dai trasferimenti per i summit del Cairo o del Québec di un’ottantina di anni fa, scandisce la volontà degli stati, il discrimine tra azione armata e diplomazia, il rifiuto dell’appeasement verso la prepotenza dell’invasore e dei regimi autocratici. Purtroppo con l’elezione di Trump quella foto è sfocata, un’immagine in dissolvenza. Il costo di tutto questo lo pagheranno gli ucraini, che hanno già abbondantemente dato, e gli europei, che non hanno dato abbastanza.