da Mosca a Washington
Vladimir Putin aspetta Donald Trump
Durante la linea diretta con i cittadini e la conferenza stampa con i giornalisti il capo del Cremlino ha mostrato di sentirsi inscalfibile. Domande e risposte dal suo teatro di fine anno
Vladimir Putin ha parlato a lungo da dentro al Gostinyj dvor di Mosca. Nessuna fatica, ha unito insieme due rituali: la linea diretta con i cittadini e la conferenza stampa di fine anno con la stampa russa e internazionale. Gli show di dicembre sono un termometro per valutare come si sente il capo del Cremlino, le sue ossessioni, la percezione del suo potere. Putin si sente bene. La linea diretta e la conferenza stampa sono un teatro di sorrisi e ringraziamenti, ma c’è sempre il rischio calcolato, come la decisione di invitare i giornalisti internazionali. Le domande dei corrispondenti della Bbc e della Nbc, gli unici a non aver ringraziato o lodato Putin, sono state sviate con una falsa cordialità.
La domanda della Nbc era diretta e schietta: come pensa di negoziare con Trump in questa posizione di debolezza? I suoi obiettivi dell’operazione militare speciale sono ridotti, ha dovuto abbandonare la Siria, i suoi generali vengono uccisi a Mosca, è debole, cosa offrirà a Trump? Putin ha sorriso, dicendo al giornalista che all’occidente piace tanto immaginare che la Russia sia in uno stato di debolezza, invece non è affatto debole e lui, Putin, è pronto a parlare con Trump e rimane fedele a quelle che erano le proposte di pace del 2022: Ucraina demilitarizzata, annessione dei territori occupati. “Quando è tutto tranquillo ci annoiamo”, ha detto il capo del Cremlino, ridendo dell’aggressività che il suo paese mostra al mondo intero. Nel ring morbido che il suo portavoce Peskov gli aveva costruito attorno, c’è stato spazio anche per mostrare un’altra domanda da parte di un giornalista di un media occidentale e Steve Rosenberg della Bbc ha chiesto a Putin, in russo, se ritiene di aver tenuto fede all’invito che gli aveva rivolto Boris Eltsin di prendersi cura della Russia. Il capo del Cremlino ha detto di sì, si è presentato come il garante della stabilità russa, ha costruito la sua carriera, il suo consenso e le sue guerre sull’idea del presidente unico in grado di capire cosa è meglio per i russi. La presenza dei due giornalisti ha dato l’opportunità a Mosca di mostrarsi aperta agli occidentali, Putin ha anche chiesto loro di pensare ad altre domande, se ne avevano. Il gioco al presidente sicuro di sé è andato avanti, toccando temi che vanno dall’apertura dei cinema nell’artico all’economia russa che è stata raccontata come in crescita continua, senza nessun accenno alla decisione della Banca centrale di alzare ancora i tassi di interesse.
La domanda che ha aperto il teatro di fine anno è stata sulla regione di Kursk, invasa dagli ucraini in agosto, senza che ci fosse una risposta da parte di Mosca. Soltanto in autunno i soldati russi aiutati dai nordcoreani hanno cercato di contrastare l’avanzata ucraina e Putin ha detto che l’operazione procede spedita, la regione è piena di blindati di Kyiv distrutti e nessuno deve preoccuparsi per la ricostruzione. Ha portato con sé e fatto mostrare anche la bandiera che gli hanno regalato i soldati della 155esima brigata della Marina. Ha chiesto a due giornalisti di srotolare lo stendardo e tenendolo alle spalle ha detto che al fronte va tutto come previsto, le perdite per gli ucraini sono irreparabili e l’esercito di Mosca si avvicina al completamento dei suoi obiettivi primari. Putin ha parlato come se subodorasse l’aria trumpiana, come se confidasse nel grande cambiamento alla Casa Bianca: vede tutto a suo vantaggio e anche l’imprevedibilità di Trump non pare inquietare il presidente russo. L’aria trumpiana sembra farlo stare tranquillo, con fiducia dice anche che in Siria in fin dei conti è andato tutto come previsto: Mosca non è intervenuta in difesa di Assad perché i suoi mezzi sono impegnati altrove, ma riuscirà a mantenere le basi siriane con un accordo con i ribelli. Le immagini che arrivavano dalla Siria raccontavano nei giorni scorsi di una ritirata degli uomini di Mosca salutata dai ribelli, Putin invece confida di poter trovare qualcosa in comune, qualche merce di scambio. Ha ammesso di non aver parlato con Assad dalla sua fuga, ma di fatto durante il suo show ha fatto capire che ormai è pronto a cambiare alleanza, il regime sconfitto è cosa del passato.
Putin ha detto che se avesse l’opportunità di prendere un tè con un leader del passato, chiamerebbe Berlusconi, Chirac e Kohl. Loro sono andati, hanno mantenuto il potere per un tempo limitato, come accade nelle democrazie. La sua sicurezza è che lui il potere lo manterrà finché vorrà e nemmeno una guerra disastrosa glielo toglierà.