Perché Baku sa di poter alzare i toni con Putin

Micol Flammini

Dopo l'abbattimento del volo dell'Azerbaijan Airlines, il presidente azero ha una lista di pretese per il Cremlino e può essere il primo di molti

La slitta di Babbo Natale sorvola i cieli di Mosca. Le renne si fanno largo tra le nuvole, trascinando come carico di regali missili con il logo della Nato. Babbo Natale, a bordo, beve Coca-Cola e dispensa auguri: “Ciao russi, ecco i vostri regali!”, dice. Poco dopo un missile colpisce la sua slitta, che esplode in volo, senza che Mosca, avvolta dalle luci natalizie, si accorga di nulla. La scena si svolge in un video trasmesso da alcuni canali telegram e prosegue con Ded Moroz, il vero Babbo Natale russo vestito di blu, dentro a una centrale operativa dell’esercito che si accerta che l’obiettivo sia “stato centrato”. La propaganda non sempre nasce dal Cremlino, a volte è spontanea, avrebbe potuto far ridere molto il regime, se non fosse che il video rievoca l’abbattimento del volo 8243 dell’Azerbaijan Airlines, colpito la scorsa settimana da un missile antiaereo russo o dalle sue schegge, e forse dirottato dalla Russia, che avrebbe anche spento il suo gps. Sono morti trentotto passeggeri, i piloti hanno fatto di tutto per evitare che l’aereo si perdesse nel Mar Caspio e sono riusciti ad arrivare ad Aktau, in Kazakistan, dove si è schiantato. Il capo del Cremlino, Vladimir Putin, ha chiesto scusa, e le scuse non sono state accettate. Ci sono state due telefonate fra Mosca e Baku, ma la situazione diplomatica non è cambiata. Il presidente azero Ilham Aliyev ha detto che le scuse non bastano, ha aggiunto che l’Azerbaigian sta indagando se Mosca abbia dirottato l’aereo con l’intenzione di farlo sparire. Aliyev ha pronunciato parole impensabili fino a qualche anno fa. Quello che Putin ha chiamato un “tragico incidente”, per Aliyev è un caso su cui indagare, ha abbandonato i toni diplomatici e ha accusato le autorità russe di aver prodotto scuse “sciocche e disoneste”, smentendo in modo categorico che siano stati uno stormo di uccelli o una bombola di gas esplosa a determinare l’attacco partito dalla Cecenia. “La parte russa voleva nascondere la questione, non possono andarne fieri”. Aliyev è schietto, non sente il peso storico dei vecchi rapporti fra Baku e Mosca e potrebbe essere il primo di una serie di leader che non temono i legami con il Cremlino e, insoddisfatti, sono pronti a dimostrare che l’influenza russa in quella che Putin continua a considerare un’area di sua pertinenza è svanita. Aliyev ha diverse prerogative in più degli altri per farlo: è a capo di uno stato con molte ricchezze, che gli consentono ottimi rapporti internazionali e soprattutto il sostegno di un rivale potente ma mai dichiarato contro cui Putin non osa mai: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha aiutato gli azeri contro gli armeni nel Nagorno-Karabakh, quando dalla parte dell’Armenia ci sarebbe dovuta essere l’assistenza militare di Mosca. 
Aliyev pretende che Mosca si assuma tutte le responsabilità, si occupi di risarcire le famiglie delle vittime – sull’aereo volavano anche dei cittadini russi – ammetta di aver voluto coprire l’attacco contro l’aereo con scuse disoneste. Il leader azero sa che la sua forza contro il Cremlino viene anche dalla Turchia, che in tutti i campi di battaglia combatte dalla parte opposta di Putin, ma sa essere un amico quando si parla di economia. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)