Il colloquio
La diplomazia italiana scopre la violenza dell'Iran. Parla Clément Therme
La diplomazia degli ostaggi è una componente essenziale della strategia dell'Iran. Ma con Cecilia Sala siamo di fronte a qualcosa di inedito, ci dice Clément Therme, insegnante a Sciences Po e tra i massimi esperti di Iran in Francia
Parigi. Lo scorso 13 dicembre Clément Therme, insegnante a Sciences Po e tra i massimi esperti di Iran in Francia, ha pubblicato un report sulla “diplomazia degli ostaggi” della Repubblica islamica d’Iran. Ossia sulla strategia attraverso cui Teheran utilizza la detenzione di cittadini occidentali, con doppia cittadinanza o iraniani residenti in Europa, Stati Uniti o Australia, come strumento di pressione nelle negoziazioni diplomatiche per ottenere concessioni politiche o economiche nel quadro della cosiddetta “risposta asimmetrica”. E’ una pratica che costituisce da sempre uno dei fondamenti della politica estera della Repubblica islamica d’Iran, sin dalla crisi degli ostaggi del 1979 all’ambasciata americana di Teheran. Dagli albori della Rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Khomeini, “la presa degli ostaggi è diventata una componente essenziale della strategia asimmetrica iraniana dinanzi all’occidente”, si legge nel report di Therme per l’Ifri, l’Institut français des relations internationales. Sei giorni dopo la pubblicazione del documento dello studioso francese, Cecilia Sala, munita di un regolare giornalistico, è stata arrestata nel suo albergo dal regime iraniano, poche ore prima di salire sull’aereo di ritorno per l’Italia.
“La diplomazia degli ostaggi è la detenzione arbitraria di cittadini usati come pedine di scambio e leve diplomatiche per influenzare le decisioni di un paese, che nel caso di Cecilia Sala è l’Italia. C’è la pratica generale, il ‘pattern’ come viene chiamato in inglese, e c’è la specificità di ogni situazione. Con Sala siamo di fronte a qualcosa di inedito: l’arresto di una giornalista straniera in possesso di un regolare visto giornalistico”, dice al Foglio Clément Therme. “L’altra novità è il fatto che sia l’Italia a essere presa di mira. La blogger Alessia Piperno, nel 2022, era stata arrestata perché era in un gruppo assieme ad altri europei, non come individuo, non in quanto cittadina italiana. Con Cecilia Sala, inoltre, siamo di fronte all’arresto di un high profile”, dice Therme, e cioè una giornalista famosa e popolare: “E’ una situazione inedita nella storia delle relazioni italo-iraniane, che sono sempre state eccellenti”.
Therme sottolinea l’attività a favore delle donne iraniane di Cecilia Sala attraverso i nuovi mezzi dell’informazione e in primis i social network. “Il regime di Teheran ha perso il monopolio dell’informazione con il movimento ‘Donna, vita, libertà’. Non c’è mai un solo fattore dietro un arresto di questo tipo, ma Cecilia Sala potrebbe essere in parte vittima della paranoia securitaria dell’Iran, nel quadro della cosiddetta ‘guerra dell’informazione’ contro l’occidente”, spiega al Foglio Therme. “E non va trascurata un’altra dimensione: spesso gli ostaggi sono anche le pedine di una lotta intestina tra le varie fazioni all’interno del regime. E’ una possibilità, perché da una parte c’è un presidente considerato moderato, Masoud Pezeshkian, favorevole a legami più stretti con le potenze occidentali, e dall’altra ci sono i conservatori che cercano ancora di vendicarsi per il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare e le sanzioni Ue”, dice Therme. La detenzione di Cecilia Sala potrebbe essere correlata a quella di Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano arrestato il 16 dicembre scorso su ordine della giustizia americana all’aeroporto di Malpensa. La triangolazione Roma-Teheran-Washington rende più intricata la trattativa per liberarla? “La dimensione americana non complica automaticamente la trattativa. Certo, è un elemento che conta, ma potrebbe anche accelerarla, in ragione dei buoni rapporti tra Giorgia Meloni e Donald Trump. In passato, il presidente americano ha già mostrato che un dialogo con Teheran è possibile”. Il riferimento è allo scambio di prigionieri tra Stati Uniti e Iran avvenuto nel 2019 durante la prima presidenza Trump, nonostante le forti tensioni tra i due paesi. Lo scambio aveva riguardato lo scienziato iraniano Massud Soleimani, esperto di cellule staminali accusato da Washington di aver tentato di esportare materiale biologico in Iran, e il ricercatore americano Xiyue Wang, arrestato nel 2016 a Teheran con l’accusa di spionaggio.
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Il foglio tradotto