verso il nuovo governo

Venezuela al bivio, Maduro e Urrutia vogliono giurare entrambi

Maurizio Stefanini

Il regime mette una taglia da 100 mila dollari sul leader dell'opposizione, che dice di voler tornare il 10 gennaio per insediarsi e che domani va a Buenos Aires da Milei. Intanto la politica degli ostaggi dei chavisti si fa ancora più massiccia di quella di Teheran

Manca ormai una settimana esatta alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente del Venezuela. Nicolás Maduro si è dichiarato vincitore pur senza essere in grado di produrre i verbali che gli avevano chiesto anche governi amici come quelli di Messico, Colombia e Brasile. Ma anche Edmundo González Urrutia si è dichiarato vincitore, in base ai verbali che invece l’opposizione ha presentato. Argentina, Canada, Costa Rica, Ecuador, Francia, Germania, Giappone, Italia, Panama, Perù, Regno Unito, Stati Uniti e Uruguay riconoscono lui.

 

Senza riconoscere González Urrutia come legittimo presidente Australia, Barbados, Belize, Bosnia- Erzegovina, Brasile, Cile, Colombia, Dominica, El Salvador, Georgia, Giamaica, Grenada, Guatemala, Guyana, Haiti, Kosovo, Marocco, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Paraguay, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Saint Cristopher e Nevis, Saint Lucia, Spagna, Suriname, Trinidad e Tobago, Ucraina, G7, Mercosur, Onu, Osa e Ue tuttavia non riconoscono i risultati ufficiali e chiedono un riconteggio.

 

Albania, Austria, Belgio, Croazia Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Islanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Montenegro, Romania, Slovenia, Slovacchia, Svezia hanno chiesto un riconteggio. Solo Abkhazia, Antigua e Barbuda, Azerbaigian, Bielorussia, Bolivia, Cina, Corea del Nord, Cuba, Guinea- Bissau, Honduras, Iran, Madagascar, Nicaragua, Ossezia del Sud, Qatar, Pakistan, Russia, Sahara Occidentale e Serbia hanno riconosciuto Maduro come legittimo presidente. Più la Siria: ma il regime di Assad è nel frattempo collassato.

 

Venerdì 10 gennaio, dunque, Maduro giurerà. I governi di Messico, Colombia e Brasile hanno fatto sapere che saranno presenti alla cerimonia, ma solo con i rispettivi ambasciatori, continuando formalmente a chiedere i verbali. Ma anche González Urrutia, col riconoscimento del Premio Sakharov del Parlamento europeo, ha detto che tornerà in Venezuela per giurare, e l’ex-primo ministro spagnolo e leader socialista Felipe González ha detto che lo accompagnerebbe. Intanto González Urrutia è andato a Montevideo, dove ha ricevuto appoggio dall’arco politico locale. Domani va a Buenos Aires, dove si vede con Javier Milei. Il 31 dicembre González Urrutia e María Corina Machado hanno chiamato la popolazione a tornare in piazza. La Machado, insignita anch’essa dal Premio Sakharov, verrebbe nominata vicepresidente: incarico cui corrispondono anche funzioni da primo ministro. “È molto vicino il momento di vederci di nuovo nelle strade del Venezuela per rivendicare la vittoria del 28 luglio”, ha detto, convocando una “marcia per la libertà”. Bilnken ha confermato il suo appoggio.

 

Se González Urrutia si presenta in Venezuela, avverte il regime, verrebbe arrestato, e su di lui è stata ora posta una taglia da 100.000 dollari, per una quantità di reati: cospirazione, complicità nell’uso di atti violenti contro la repubblica, usurpazione di funzioni, fabbricazione di documenti, legittimazione di capitali, disconoscimento delle funzioni dello stato, istigazione alla disobbedienza alle leggi, associazione a delinquere, “tra gli altri”. Le proteste seguite alla proclamazione della vittoria di Maduro hanno fatto 28 morti e quasi 200 feriti, e di oltre 2.400 persone arrestate 1.794 sarebbero ancora in carcere. Gli attivisti per i diritti umani hanno pubblicato un rapporto sulle condizioni di detenzione dei prigionieri politici, definendole “disumani” e sottolineando che sono “peggiorate” dopo le elezioni.

   

Il punto però è che, dopo che il governo argentino aveva formulato una richiesta di mandato di arresto per Maduro presso la Corte Penale Internazionale i procuratori argentini Carlos Stornelli e José Agüero Iturbe hanno chiesto alla Camera Federale di Buenos Aires di ordinare la cattura di Nicolás Maduro, del suo braccio destro Diosdado Cabello e di una trentina di agenti militari e di intelligence responsabili di torture, rapimenti ed esecuzioni. E allo stesso tempo il procuratore venezuelano Tarek William Saab ha emesso mandati di arresto contro il presidente dell'Argentina Javier Milei, contro la sua sorella e segretaria generale della presidenza Karina Milei, e contro il ministro della Sicurezza Patricia Bullrich, per il “sequestro” avvenuto nel 2023, su richiesta Usa, dell'aereo venezuelano-iraniano Boeing 747.

 

Dal 6 settembre l’ambasciata argentina a Caracas, ora sotto tutela brasiliana dopo la rottura delle relazioni, è poi sotto assedio con dentro alcuni oppositori che vi si erano rifugiati 170 giorni prima per sfuggire all’arresto. Uno di loro si è poi piegato al regime ed ha potuto così uscire ma restano gli altri cinque, cui è stata tagliata la luce. Proprio per il principio della giurisdizione universale sui crimini contro l’umanità introdotto in Argentina dopo il dramma dei desaparecidos, adesso la stessa Argentina ha anche denunciato alla Corte Penale Internazionale il rapimento del gendarme Nahuel Gallo da parte del regime chavista, Secondo quanto riferito dal Ministero degli Esteri di Buenos Aires, “una violazione grave e flagrante dei diritti umani”. Arrestato l’8 dicembre, il gendarme è accusato dal regime venezuelano di terrorismo. Già di servizi presso l’ambasciata e sgomberato con tutto il personale dopo la rottura delle relazioni, Gallo aveva però una compagna in Venezuela, ed era tornato per trovarla. Commento di Saab alle rimostranze: “Poteva andare lei a Buenos Aires, allora”.

 

Ma il 23 dicembre la Ong Foro Penal aveva riferito che su 1.877 prigionieri politici allora in Venezuela 19 erano stranieri e 31 con doppia nazionalità. Tra gli stranieri ci sono quattro colombiani, tre ecuadoriani, due spagnoli e altri provenienti da Argentina, Guyana, Messico, Perù, Ucraina, Uruguay e Stati Uniti. Dei detenuti con doppia nazionalità, 12 sono spagnoli, nove italiani, sei colombiani, tre portoghesi e un cileno. Si tratta di una politica degli ostaggi simile a quella praticata da Russia o Venezuela. I due spagnoli José María Basoa e Andrés Martínez, ad esempio, sono stati detenuti a agosto durante una vacanza in Amazzonia, e accusati di essere parte di una cospirazione per uccidere Maduro: a 750 km dalla capitale! Un arresto avvenuto solo poche ore dopo che il regime di Maduro aveva chiamato il suo ambasciatore a Madrid per consultazioni dopo l’“incidente” causato dal ministro della Difesa spagnolo, Margarita Robles, che aveva accusato il leader chavista di essere un dittatore.

   

I famosi “narconipoti” di Maduro, condannati per traffico di droga negli Stati Uniti dopo un'operazione lampo della Dea ad Haiti, ad esempio, sono stati scambiati nell'ottobre 2022, sette anni dopo il loro arresto. Efraín Antonio Campo Flores e Francisco Flores de Freitas hanno ottenuto la libertà in cambio del rilascio di cinque cittadini venezuelani-americani, dirigenti della Citgo, la filiale statunitense della Pdvsa, e di due americani, gli ex marine Matthew Heath e Oscar Khan. Il secondo era stato incarcerato a Caracas per alcuni mesi dopo essere stato fermato alla frontiera e il primo aveva trascorso un anno e mezzo di prigione, accusato di aver partecipato ad un altro complotto, fino allo scambio con i “narconipoti”, avvenuto sull’Isola caraibica di Saint Vicent e Grenadine. L’altro scambio di prigionieri considerato una vittoria diplomatica per il chavismo è stato quello dell’attuale ministro dell’Industria, Alex Saab. Il magnate colombiano, considerato prestanome di Maduro, è tornato a Caracas il 20 dicembre 2023 direttamente da un carcere di Miami in cambio di dieci ostaggi.

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