Il colloquio
Visitare Sednaya da sopravvissuto alle prigioni di Putin. Parla Aseev
Il giornalista ucraino detenuto nella prigione di Izolyatsia è andato in Siria a cercare la linea del sadismo che unisce i regimi. Sistemi simili di tortura tramite corrente elettrica, con persone picchiate e lasciate morire di fame. Intervista
Kyiv. Quando Stanislav Aseev, giornalista e scrittore ucraino di 35 anni, ha saputo che era possibile entrare nella prigione siriana di Sednaya, situata alla periferia di Damasco, ha deciso che doveva assolutamente andare a vedere questa fabbrica della morte.
Dal 2017 al 2019, Aseev, originario del Donbas, è stato tenuto prigioniero nella prigione segreta illegale “Izolyatsia” a Donetsk, dove è stato picchiato e torturato. Izolyatsia era un centro d’arte ed è stato trasformato in una prigione nel 2014 dopo che la città è stata occupata dalle forze filorusse. Aseev ha trascorso lì dentro 3 anni. E’ stato condannato a 15 anni di carcere per spionaggio e attività estremiste, ma alla fine del 2019 il giornalista è stato finalmente rilasciato durante uno scambio di prigionieri.
Dopo il suo rilascio, Aseev ha visitato spesso l’occidente e ha parlato di ciò che ha vissuto in prigionia, del sadismo e della crudeltà dei carnefici della prigione di Donetsk e ha scritto un libro. Si è spesso trovato ad affrontare la sfiducia del pubblico occidentale e ogni volta che qualcuno non gli credeva, lui ripiombava in uno sconforto sempre maggiore: “La gente non credeva che qualcosa del genere potesse esistere nel 21° secolo e chiedeva prove più convincenti”, dice Aseev in un’intervista al Foglio. Si è scoperto che le atrocità medievali non sono affatto un fenomeno unico nel mondo moderno. Dall’inizio dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, le prigioni e la tortura sono diventate all’ordine del giorno nei territori occupati. “Alcuni pensano ancora che la Russia sia il balletto e Dostoevskij, ma in realtà la Rusia è è Izolyatsia", dice l’ex prigioniero del Cremlino.
Dopo il rovesciamento del regime di Bashar el Assad, sostenuto dalla Russia, molti sono rimasti inorriditi dal racconto delle atrocità della prigione siriana di Sednaya, dove gli oppositori del governo al potere sono stati uccisi e torturati. Aseev voleva confrontare Izolyatsia e Sednaya, ben sapendo che fossero diverse in grandezza, ma simili nel loro sistema di controllo sulle persone. Pertanto, ha concordato di partire con la direzione principale dell’intelligence ucraina, i cui dipendenti sono stati inviati in Siria per evacuare i cittadini ucraini. Aseev e gli ufficiali dell’intelligence a sono entrati in Siria il 21 dicembre dal territorio libanese, senza ancora sapere chi controllava il confine sul lato siriano. “Pensavamo che forse non avremmo trovato nessuno alla frontiera”, ricorda. Ma i posti di blocco erano già presidiati da rappresentanti della formazione paramilitare siriana Hayat Tahrir al Sham, che aveva rovesciato Assad. Hanno fatto domande, ma non hanno apposto alcun timbro sui loro passaporti per entrare nel paese. Aseev è riuscito a trascorrere diverse ore a Sednaya, molto più grande di Izolyatsia, che conteneva circa 80 persone alla volta. Nella prigione siriana potevano esserci 50 persone in una sola cella, in tutto c’erano migliaia di prigionieri.
A differenza di Izolyatsia, dove venivano per lo più torturati, nella prigione siriana furono giustiziati in massa. “Li appendevano o schiacciavano in una pressa, per poi distruggere i resti con l’acido”, dice Aseev. E’ stato particolarmente inquietante per lui osservare come i parenti dei siriani scomparsi appendessero i loro ritratti nella prigione e cercassero di trovare dei tunnel sotterranei: “C’era la sensazione che mentre camminavamo, forse da qualche parte nel sottosuolo le persone morivano senza acqua né cibo”. La portata dei massacri in Siria è stata enorme, molto probabilmente, i dispersi sono morti. Il 17 dicembre è stata ritrovata vicino a Damasco una fossa comune con i resti di 100mila persone.
Il sistema di tortura a Donetsk e Sednaya era in qualche modo simile. In entrambi i luoghi, le persone sono state torturate con la corrente elettrica, picchiate e lasciate morire di fame. Ma poiché Izolyatsia è una piccola prigione, ogni giorno la tortura toccava a un prigioniero diverso. Aseev cita come esempio un estratto della testimonianza dell'ucraina Natalya Vlasova, detenuta a Izolyatsia nel 2019: “Non era del tutto chiaro quale giorno e a che ora del giorno. Ci si perdeva nello spazio, la paura al suono delle chiavi era terribile, perché non prometteva nulla di buono”, ha detto Vlasova durante il processo contro di lei in Russia. Alla fine di dicembre 2024, il tribunale militare del distretto meridionale della Russia l’ha condannata a 18 anni di carcere con l’accusa di spionaggio, possesso illegale di armi e preparazione per un tentativo di omicidio contro un dipendente del ministero della Sicurezza della cosiddetta Repubblica popolare di Donetsk.
Durante il processo, Vlasova ha detto che a Izolyatsia è stata violentata da 15 uomini ubriachi che erano stati portati lì appositamente per questo scopo. Aseev ha riflettuto molto su ciò che spinge i carnefici carcerari di diversi paesi al sadismo e alla violenza, cosa da cui ovviamente traggono piacere. Dopotutto, anche nei regimi dittatoriali, non tutte le carceri usano la tortura contro i prigionieri.
E’ giunto alla conclusione che le autorità lasciano carta bianca: puoi fare quello che vuoi con i nemici del popolo, l’importante è spezzare una persona e la sua volontà. “Le persone che nella vita ordinaria non sono nessuno e ricevono un misero stipendio, in carcere si sentono come Dio”, spiega. Non tutti possono sopportare percosse e torture. Vogliono che il tormento e la sofferenza finiscano il più rapidamente possibile, motivo per cui molti prigionieri hanno pensieri suicidi. Aseev lo ammette apertamente: “Ciò che ti fa continuare a vivere sono cose puramente personali, la consapevolezza che tua madre e la tua amata ragazza ti aspettano in libertà”.
Il 3 gennaio 2024, Denis Kulikovsky, l’ex capo di Izolyatsia, che lasciò Donetsk per Kyiv prima dell’invasione su vasta scala, è stato condannato da un tribunale di Kyiv a 15 anni di prigione. Aseev dice che gli piacerebbe parlargli faccia a faccia, ma capisce che è improbabile che l’ex boia accetterà mai una conversazione del genere, tanto meno spiegare cosa guidava il suo sadismo. Nella primavera del 2024, Aseev si arruolò nell’esercito ucraino, combatté nella fanteria e rimase ferito e sotto choc. Il battaglione in cui prestò servizio fu infine sciolto a causa delle pesanti perdite. In ottobre Aseev si è dimesso, gli ex prigionieri hanno questo diritto, ed è tornato a scrivere. “Sednay” in Siria è finalmente chiuso, Izolyatsia a Donetsk continua ad operare.