Oggi su X s'incontrano Musk e Weidel , ma non tutta l'AfD gongola
Nel silenzio della destra estrema tedesca vanno letti due fenomeni distinti. Affetta com’è da forte regionalismi e personalismi, Afd non ha né la struttura né la disciplina del partito tradizionale. E rischia invece di apparire succube del magnate sudafricano
Berlino. La chiacchierata di oggi sancirà la discesa in campo di Elon Musk nella campagna elettorale tedesca. Perché un conto è twittare contro questo o quel politico progressista (“il cancelliere Scholz è un pazzo incompetente), un altro è tirare la volata ad Alice Weidel, co-presidente di Alternative für Deutschland (AfD) e candidata cancelleria della lista sovranista alle legislative del 23 febbraio. Da anni i partiti tradizionali tedeschi hanno steso un cordone sanitario attorno alla formazione anti immigrati e anti sistema: un isolamento che è cresciuto mentre AfD diventava ogni giorno più estremista, ora avvicinandosi (soprattutto la sua ala giovanile) all’eversione neonazista, ora eleggendo leader regionali lieti di rilanciare espressioni che si credevano tramontate con il Terzo Reich, fino a farsi espellere a maggio 2024 dal gruppo Identità e Democrazia al Parlamento europeo. L’annuncio che il multimiliardario Musk, molto vicino al presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, chiacchiererà, si presume in maniera amabile, con la Kanzlerkandidatin del suo partito tedesco preferito (“Solo l’AfD può salvare la Germania”, ha scritto) dovrebbe dunque riempire di gioia la dirigenza sovranista.
Eppure, scrive la Bild, “a gran parte dei leader federali di AfD, l’incontro fra il magnate e la capa del partito non piace per niente”. O meglio “l’ovest si rallegra mentre l’est o tace o si lamenta”. Dei sei principali dirigenti della formazione sovranista, solo due hanno messo un like o ricondiviso l’annuncio dell’incontro fra Musk e Weidel e, osserva ancora il tabloid, “entrambi erano dell’ovest”. Nessun commento invece dalle regioni orientali dove ormai AfD è quasi ovunque il partito più votato (non a Berlino, non in Brandeburgo). Neppure il 49enne Tino Chrupalla, l’altro co-presidente di AfD, ha mostrato alcun segno di entusiasmo. Silenzio anche dal luciferino Björn Höcke, leader di AfD in Turingia e anima brunissima del partito. Un silenzio che contrasta con il clamore di mezza Germania, contrariata per l’incursione muskiana nella politica nazionale. Già il fallo via social contro Scholz era costato a Musk la rampogna del moderato Friedrich Merz contro un’uscita “eccessiva e presuntuosa” mentre tre giorni fa il leader dei Liberali Christian Lindner ha affermato che Musk sarà pure un grandissimo imprenditore, ma oggi assieme a Trump “vuole indebolire la Germania”. Difficile però attribuire la refrattarietà di AfD al colloquio Musk-Weidel a un sussulto sovranista.
Nel silenzio della destra estrema tedesca vanno letti due fenomeni distinti. Il primo: AfD sarà pure un partito di portata nazionale capace, secondo l’ultima rilevazione YouGov, di portare a casa un solidissimo 21 per cento a febbraio; AfD, tuttavia, del partito tradizionale non ha né la struttura né la disciplina, affetta com’è da forte regionalismi (ad Amburgo i sondaggi tributano al partito il 9 per cento contro il 34 per cento in Turingia) e personalismi. Di fatto AfD non è ancora riuscita a darsi leader di respiro nazionale: Alice Weidel è messa lì a fare da massimo comun divisore fra le diverse anime del partito ma non ha il potere di indicare la rotta ai sovranisti. Il secondo: AfD, i sondaggi lo dimostrano, non teme il confronto elettorale con gli altri partiti – sui programmi è tutto un altro discorso – e non ha avuto bisogno dell’aiuto di Elon Musk per imporsi in anni recenti sulla scena politica tedesca. Oggi rischia invece di apparire succube del magnate sudafricano, come ha sottolineato la sempre arguta Sahra Wagenknecht, fondatrice del partito rossobruno Bsw, l’unico che ruba voti proprio alla destra proponendo un’agenda rossa “prima i tedeschi” e “no all’Ucraina”. “Anche voi incontrerete Musk o Trump?”, le ha chiesto la Bild. E lei stizzita: “Noi abbiamo sempre criticato la sottomissione dei politici tedeschi nei confronti di Washington e l’influenza dei think tank americani sulla politica nel nostro paese. Questo non cambia perché il nuovo presidente si chiama Trump”. E poi la stoccata contro Weidel: “A differenza di Weidel, noi rappresentiamo una politica sicura di sé che mette al centro gli interessi della Germania”.