il viaggio
Tajani in Siria per il controsorpasso su Parigi e Berlino. Il nodo sanzioni
Il ministro degli Esteri nella capitale siriana incontrerà il nuovo leader Ahmad al Sharaa: ora che il regime non c’è più, l’Italia resta più che favorevole a rimuovere ogni limitazione economica
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani arriva oggi a Damasco per incontrare il nuovo leader, Ahmad al Sharaa, e tentare di rimettersi alla guida dell’iniziativa diplomatica europea in Siria. E’ già trascorsa una settimana dalla missione franco-tedesca dei ministri degli Esteri Jean-Noel Barrot e Annalena Baerbock, uno slancio in avanti di Berlino e Parigi che è stato accolto con un certo risentimento dall’Italia, perché avvenuto senza alcun coordinamento formale né con l’Ue né con gli altri stati membri. In particolare con l’Italia, che pure finora era stato il paese occidentale più attivo sul dossier siriano. “Da mesi chiedevamo all’Ue di accendere i riflettori sulla Siria. E i fatti ci hanno dato ragione”, ha rivendicato due giorni fa Tajani al question time alla Camera. Ma lo sgarbo diplomatico di Berlino e Parigi costringe ora l’Italia a recuperare rapidamente il terreno perduto, facendo valere il fatto che il nostro sia l’unico paese del G7 ad avere tenuta aperta l’ambasciata a Damasco prima ancora della caduta di Assad.
Tajani si presenterà al palazzo presidenziale di Damasco con un’agenda fitta. Oltre ai progetti per la cooperazione, che coinvolgono alcune ong italiane, e agli appelli per “una transizione politica che deve essere inclusiva” – come ha più volte chiesto il nostro paese –, al centro dei colloqui ci saranno le sanzioni. Lunedì scorso, il Tesoro degli Stati Uniti ha stabilito la sospensione di un pacchetto consistente di misure restrittive che ora, con la caduta del regime, sono considerate inadeguate alla nuoca situazione politica siriana. La sospensione delle sanzioni decisa da Washington ha una durata di sei mesi ed è subordinata alla reale capacità di Sharaa di mantenere gli impegni presi circa inclusività e moderazione. Il riferimento è ai sospetti che l’occidente ancora nutre nei confronti del leader islamista e del suo passato legato ad al Qaida prima e allo Stato islamico poi. La prova di fiducia degli americani è notevole, perché non si parla di sospendere solamente le sanzioni che ostacolano gli aiuti umanitari, ma anche quelle che riguardano le transazioni finanziarie e l’energia. Non a caso, poco dopo l’annuncio del Tesoro americano, due navi con a bordo generatori di energia per 800 mW sono salpate da Qatar e Turchia dirette in Siria. L’Italia è sulla stessa linea da molto tempo e da prima ancora che Bashar el Assad fosse deposto spingeva per una rimozione delle sanzioni, considerate un accanimento nei confronti della popolazione. Oggi Tajani farà presente a Sharaa che anche ora che il regime non c’è più, l’Italia resta più che favorevole a rimuovere ogni limitazione economica.
La diplomazia europea è già al lavoro. Secondo il Financial Times, la Germania ha presentato due documenti alle cancellerie europee con una serie di proposte per allentare le sanzioni Ue contro la Siria. Nei piani di Berlino, il processo dovrebbe essere graduale e condizionato alle riforme che Sharaa deciderà di approvare. Persino la Francia, solitamente più cauta, si è detta favorevole: “Ne stiamo parlando con gli altri partner europei – ha detto Barrot – Dipende tutto dalle tempistiche con cui saranno soddisfatte le nostre aspettative riguardo alla condizione femminile e alla sicurezza in Siria”.
Fonti diplomatiche sentite dal Foglio confermano che la data fatidica per una possibile prima svolta sulle sanzioni potrebbe essere il prossimo 27 gennaio, giorno in cui è convocato il Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Ue. Dell’argomento se ne è parlato anche negli ultimi due giorni a Roma, a margine della riunione del Quintetto sulla Siria. Italia, Francia e Germania ne hanno discusso in particolare con Kaja Kallas, Alto rappresentante della politica estera dell’Ue. La questione è delicata anche per i risvolti politici interni. Lo sa bene Baerbock, che sebbene abbia chiarito che la cancellazione delle sanzioni non significa “di certo finanziare l’islamizzazione della società” siriana, è finita coinvolta in quello che è ormai noto come l’“handshakegate”, come l’ha ribattezzato Politico, per la stretta di mano che Sharaa le ha negato a Damasco in osservanza agli usi islamici più conservatori.
Senza la rimozione delle sanzioni finanziare “rischiamo di continuare a parlare del nulla”, avvisa una fonte diplomatica al Foglio, rilanciando così la richiesta di aiuto rivolta dallo stesso governo siriano. Maher Khalil al Hasan, ministro del Commercio di Damasco, ha avvertito che il paese rischia di trovarsi davanti a una crisi alimentare ancor più grave di quella già in corso. Attualmente – ha detto – le scorte di grano e carburante permettono un’autonomia di pochi mesi e se le sanzioni non dovessero essere cancellate sarebbe “una catastrofe”.