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in america

OpenAI, Nvidia e la corsa delle Big Tech ad accreditarsi con Trump

Pietro Minto

In attesa dell’inizio della seconda èra trumpiana, l’unica cosa che sembra accomunare i giganti tecnologici è la corsa a prendersela con Biden

Mentre un pezzo di Silicon Valley si riposiziona per avvicinarsi a Donald Trump, anche OpenAI si prepara al nuovo presidente. A lui sembra aver dedicato un documento pubblicato lunedì sul sito dell’azienda: si intitola “AI in America” ed è un pdf di poche pagine nel quale l’azienda sviluppatrice di ChatGPT mette in fila i suoi desideri per il settore – e il futuro del paese, ovviamente.

 

Ad aprire il documento, un’immagine generata di una città futuristica piena di grattacieli, verde e macchine autoguidanti, a cui segue un riassunto di come i servizi di intelligenza artificiale siano usati già oggi per la ricerca scientifica, il settore militare, “sbloccare nuove forme di creatività” ed educare le nuove generazioni. Sembra il solito papiro autocelebrativo ma ben presto si passa alle richieste impellenti, rivolte indirettamente al presidente eletto: tra tutte, quella di non limitare gli investimenti stranieri nel settore e non mettere loro i bastoni tra le ruote.

  

Secondo una stima citata da OpenAI, infatti, nei fondi di tutto il mondo ci sarebbero 175 miliardi di dollari che attendono di essere investiti in progetti di AI, e “se gli Stati Uniti non riusciranno ad attrarre questi fondi, questi affluiranno verso progetti sostenuti dalla Cina, rafforzando l’influenza globale del Partito comunista cinese”. Il riferimento è ai ricchi fondi dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, che starebbero già cominciando a valutare investimenti a oriente nel campo delle AI.

   

Questo contrasto tra l’apertura agli investimenti e una maggiore cautela è ormai un fronte anche nel movimento Maga, come dimostrato in questi giorni dagli scontri tra Elon Musk e Steve Bannon, ovvero tra una “nuova” destra tecnoutopista e una vecchia guardia più scettica e xenofoba. Ci risiamo, quindi: il settore delle AI, legato con la ricerca scientifica e militare, risente dei timori dei falchi, che vedono qualsiasi approccio aperto come un regalo alla Cina, e al tempo stesso non può fare a meno di soldi. Tanti soldi.

  
Il manifesto di OpenAI è uscito lo stesso giorno in cui l’Amministrazione uscente di Joe Biden ha presentato una serie di restrizioni industriali, soprattutto per quanto riguarda la vendita dei chip più avanzati, che sarebbe ridotta in 120 paesi (tra cui paesi alleati degli Stati Uniti come Israele, Portogallo, Polonia e Messico).

    

A differenza della risposta tutto sommato mite e tecno-ottimista di OpenAI, Nvidia ha preferito criticare direttamente la decisione di Biden. Se persino Mark Zuckerberg si sta giocando in questi giorni le sue carte trumpiane, il ceo di Nvidia, la superstar Jen-Hsun Huang, non vuole rimanere indietro: la sua azienda, del resto, è al centro del settore, essendo il produttore esclusivo dei chip più potenti, necessari al funzionamento dei data center per le AI. Ed è evidente che Huang vorrebbe continuare a vendere questi chip, possibilmente a più paesi possibili, cercando anche un appoggio politico da Trump. Lo si evince da alcuni passaggi del comunicato ufficiale dell’azienda, che se la prende direttamente con Biden: “Sebbene mascherate come misure ‘anti-Cina’, queste regole non farebbero nulla per migliorare la sicurezza degli Stati Uniti. Invece di mitigare qualsiasi minaccia, le nuove regole di Biden indebolirebbero solo la competitività globale americana, minando l’innovazione che ha mantenuto gli Stati Uniti in vantaggio”.

 

Non esistono problemi semplici, quando si parla di cybersicurezza e AI, ma lo scontro tra le esigenze del settore tecnologico e lo storico approccio anti cinese di Trump è destinato a durare e a creare una situazione paradossale, con alleati trumpiani che chiedono l’allentamento delle restrizioni anti cinesi, mentre il democratico Biden viene criticato per un approccio troppo isolazionista.

 

Nel frattempo la controffensiva di Sam Altman, ceo di OpenAI, deve ancora cominciare. A partire dal 30 gennaio sarà a Washington per parlare con i regolatori e con il presidente Trump. Lì probabilmente incontrerà Elon Musk, suo ex socio ora impegnato in una battaglia legale contro la stessa OpenAI e la sua deriva for profit. 

 

In attesa dell’inizio della seconda èra trumpiana, l’unica cosa che sembra accomunare i giganti tecnologici è la corsa a prendersela con Biden, sperando che Trump gradisca e non faccia finire la febbre delle AI.

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