diplomazia vaticana
Cuba, Stati Uniti e Vaticano: una storia di mediazioni e insuccessi
Nella distensione delle tensioni tra Avana e Washington hanno svolto un ruolo Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e da ultimo Papa Francesco. Dal blitz americano del 1961 all'eliminazione dell'isola dall'elenco dei paesi sponsor del terrorismo da parte di Biden
Joe Biden, ormai agli sgoccioli del suo mandato, ha rimosso Cuba dall’elenco dei paesi sostenitori del terrorismo e ha trovato un accordo per la liberazione di 553 prigionieri, dopo aver allentato una serie di sanzioni sull’isola. Il Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti in un memorandum ha sottolineato che “gli Stati Uniti mantengono come obiettivo cruciale della loro politica la necessità di maggiore libertà e democrazia, maggior rispetto dei diritti umani e un aumento delle imprese libere a Cuba”.
Ma questa partita non si è giocata in due. Esiste un terzo attore protagonista, non solo in questo accordo, ma nell’intera storia dei negoziati tra questi due paesi: la Chiesa cattolica. Da oltre sessant'anni i rapporti tra Stati Uniti e Cuba sono complicati. Il blitz americano della "Baia dei porci" nel 1961 (tentativo fallito da parte di esuli cubani, sostenuti dagli Stati Uniti, di rovesciare il governo di Fidel Castro) e la costruzione di una postazione missilistica sovietica a Cuba nel 1962, che sfocia nella minaccia di una guerra atomica, hanno determinato la completa rottura dei rapporti tra l'Avana e Washington.
La prima attenzione da parte della Chiesa risale al 1962, quando con la decisione di blocco navale del presidente americano John Fitzgerald Kennedy nello stesso anno, si rende chiaro che qualsiasi attacco cubano sarebbe stato considerato un attacco sovietico. Papa Giovanni XXIII nel 1962 pronuncia un appello in cui invoca la pace e il dialogo tra i due paesi per scongiurare una Terza guerra mondiale, che contribuisce all'accordo tra Krusciov e Kennedy per il ritiro dei missili sovietici in cambio della promessa di non aggressione americana. Gli equilibri, seppur precari, si stabilizzano momentaneamente. Allo stesso modo, nel 1998 la visita a Cuba del pontefice, portò alla liberazione di 200 prigioniri favorendo il miglioramento di una situazione che si era nuovamente complicata dopo il venir meno del sostegno economico sovietico.
La svolta nei rapporti tra i due paesi, seppur momentanea, si ha con l’Amministrazione di Barack Obama, che con Raùl Castro annuncia la fine delle ostilità simbolicamente rappresentata dalla famosa stretta di mano al funerale di Nelson Mandela. Nel 2016 la visita di Papa Francesco a Cuba, dopo l’incontro in Vaticano dei negoziatori cubani e statunitensi per la stretta finale sull’accordo, pone un punto alle ostilità, soprattutto dopo la decisione americana nel 2015 di revocare l’isola dall’elenco dei paesi sponsor del terrorismo.
Con l’insediamento di Donald Trump, però, nel 2017 gli equilibri saltano di nuovo con l’interruzione del processo di normalizzazione con Cuba. L'Amministrazione repubblicana adotta 240 sanzioni contro l'isola. Tuttavia, a deludere completamente le aspettative di chi sperava nella pace è stata l’amministrazione Biden, che partiva con la premessa di riprendere le linee politiche di Obama. Negli ultimi quattro anni l'Avana ha continuato a subire sanzioni e solo alla fine del mandato del presidente democratico è arrivata la decisione del "gesto di buona volontà" degli Stati Uniti prima dell'insediamento di Trump, in cui si è ripresentata la mediazione di Papa Francesco, a cui era stata mandata una lettera da parte del presidente cubano Miguel Dìaz Canel in cui comunicava la decisione di liberare 553 persone per vari reati, ricordava il rilascio di più di diecimila persone tra il 2023 e il 2024 con "diversi tipi di benefici previsti dalla legge" e sottolineava che il dialogo con la Chiesa non si è mai chiuso.
Si vedrà ora se, con il ritorno trumpiano alla Casa Bianca, sarà necessario un nuovo intervento della Santa Sede nel migliorare i rapporti tra i due paesi.