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Il colloquio

L'arresto di Trentini e la politica degli ostaggi del Venezuela che s'intensifica

Maurizio Stefanini

“A oggi in Venezuela abbiamo registrato 1.687 prigionieri politici”. Cittadini utilizzati per costringere i paesi a scambiare prigionieri o influenzare negoziati che non sarebbero accettati. Le parole di Gonzalo Himiob Santomé, direttore di Foro Penal

La scomparsa in Venezuela di Alberto Trentini, 45enne cooperante veneziano, che per assistere disabili vi era arrivato il 17 ottobre in missione con l’ong Humanity e Inclusion, è stato denunciata due mesi dopo l’arresto, quasi in contemporanea con un altro scontro che si sta consumando fra il regime di Maduro e il governo italiano. Qualche giorno fa Caracas ha imposto una limitazione del personale delle ambasciate di Italia, Francia e Paesi bassi a non più di tre elementi, arrivato anche a Francia e Paesi Bassi, con conseguente intimazione agli altri diplomatici e membri dello staff di lasciare il paese entro quarantotto ore (un ordine dai risvolti surreali, visto i diplomatici hanno anche il divieto di allontanarsi oltre i 40 chilometri dall’ambasciata, ma l’aeroporto è oltre quel raggio di movimento autorizzato). Ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani, come il suo omologo francese, ha convocato l’incaricato d’affari venezuelano in Italia per protestare. L’Unione europea ha fatto una protesta formale.

 

                  

 

Nel frattempo, di Trentini si continua a non sapere non solo i capi di imputazione, ma amcje dove è detenuto. “Siamo molto provati. Non sento mio figlio da due mesi. Lui ora è ostaggio di quel paese, ma è solo una pedina”, ha detto la madre. “Il suo caso ci è stato segnalato di recente, il 14 gennaio 2025”, conferma al Foglio Gonzalo Himiob Santomé, direttore di Foro Penal, una ong costituita 22 anni fa come risposta all’inizio della distruzione dello stato di diritto da parte del regime chavista. Da allora la ong ha rappresentato gratuitamente più di 15.000 vittime di violazioni di diritti umani. “Ci è stato detto che è stato arrestato il 15 novembre 2024, ma il ritardo nella segnalazione rende difficile conoscere la sua situazione attuale”, dice Santomé. “E’ chiaro che deve essere già stato portato davanti a un tribunale, sicuramente uno con giurisdizione speciale in materia di terrorismo, ma a oggi non si sa dove sia detenuto né quali accuse siano state mosse contro di lui”. 

 

 

Qualcuno sospetta che Trentini potrebbe aver scritto cose critiche del regime sui suoi social network, e che già appena arrivato in Venezuela aveva iniziato a riferire di un clima ostile, ma al momento non ci sono ancora elementi concreti per capire che cosa gli sia successo, o se sia semplicemente l’ennesimo caso tra gli oltre 150 stranieri che il regime Maduro dice di detenere. “Crediamo che le cifre fornite dal governo non siano accurate”, spiega Santomé. “A oggi in Venezuela abbiamo registrato 1.687 prigionieri politici. Di questi, abbiamo confermato che 26 sono stranieri e 31 sono cittadini venezuelani con altre nazionalità. Abbiamo colombiani, ecuadoriani, americani, uruguayani, cileni, e poi francesi, ucraini, tedeschi, spagnoli e italiani. Dieci detenuti sono italiani o venezuelani/italiani”. Ma cosa vuole ottenere Maduro con questa politica degli ostaggi? “In altre occasioni, la detenzione di cittadini stranieri o con doppia nazionalità è stata utilizzata come mezzo per influenzare i negoziati politici del governo venezuelano con altri paesi. Secondo i nostri parametri, questi cittadini vengono utilizzati come ostaggi, per costringere i paesi a scambiare prigionieri o per costringerli ad accettare termini o condizioni in tali negoziati politici che normalmente non sarebbero accettati”.

Il veneziano Trentini potrebbe essere attualmente sotto custodia del Dgcim, il controspionaggio militare di Maduro. Ed esistono differenze specifiche nell’uso della repressione tra Dgcim, il servizio di intelligence Sebin, le squadre speciali della poliza Faes, la Guardia Nazionale e altre strutture. La Dgcim “è uno degli organismi repressivi più severi”, spiega al Foglio Santomé. “Tuttavia, il nostro rapporto indica che il suo arresto originario è stato eseguito dalla Polizia nazionale bolivariana Pnb, il che non significa che ora non possa essere trattenuto presso la Dgcim. Uno dei problemi più gravi che stiamo affrontando è che, in questi casi, le autorità si rifiutano di riconoscere la detenzione, il luogo in cui si trovano o la destinazione dei detenuti stranieri. Ripeto: non si sa dove sia detenuto Trentini in questo momento”.

Il governo italiano di Giorgia Meloni non ha riconosciuto la proclamata vittoria elettorale di Maduro, e come altri paesi europei il clima di ostilità fra Roma, Bruxelles e Caracas è aumentato, ma cosa potrebbe volere il Venezuela in cambio della liberazione di Trentini:? “Non lo sappiamo. E proprio per poterlo sapere è essenziale che sia rispettato l’accesso di Trentini alla sua famiglia e ai suoi amici, che sia informato sullo stato del suo caso e sul suo luogo di detenzione, che gli sia consentito di nominare un avvocato di sua scelta per la sua difesa, e che in ogni caso la rappresentanza consolare italiana abbia la garanzia di poterlo visitare e prendersi cura di lui”.