La Russia comprerà gas dall'Europa per aiutare la Transnistria

Luciano Capone

Due anni fa Mosca minacciava di lasciare l'Ue al gelo, ma dopo la chiusura del gasdotto ucraino l’unica regione al freddo e al buio è l'autoproclamata repubblica filorussa. Per salvare gli alleati in Moldavia Putin dovrà acquistare il gas dal mercato europeo

Nell’autunno del 2022, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Vladimir Putin puntava sul generale Inverno per piegare l’Europa e il suo sostegno a Kyiv. Il Cremlino tagliò le forniture di gas ai paesi europei, chiuse il gasdotto Nord Stream e sui social russi iniziarono a circolare video propagandistici dei tecnici Gazprom che chiudevano i rubinetti lasciando l’Europa al gelo, desolata e impoverita per aver sfidato la Russia con le sanzioni. Dopo un paio di anni lo scenario si è ribaltato. L’unico paese nel continente europeo a essere letteralmente al gelo è la Transnistria, la regione separatista filorussa della Moldavia, che è rimasta senza gas. E il paradosso è che ora la Russia, per rifornire di energia il governo alleato di Tiraspol, è disposta ad acquistare gas dall’Europa.

 

Dal 1° gennaio del 2025, come aveva annunciato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, non è stato rinnovato dopo la scadenza il contratto con la Russia per il passaggio del gas attraverso l’Ucraina. La chiusura di questo gasdotto, che garantiva un flusso di 15 miliardi di metri cubi di gas, ha comportato la fine di un flusso di entrate per il Cremlino pari a 5-6 miliardi di euro e ha messo in difficoltà alcuni paesi dell’est Europa ancora molto dipendenti dal gas russo. E paradossalmente si tratta dei paesi politicamente più vicini a Putin, come l’Ungheria di Viktor Orbán, la Slovacchia di Robert Fico e appunto la Transnistria.

 

Ma se per l’Ungheria il flusso può essere dirottato attraverso il TurkStream (l’ultimo gasdotto aperto per la Russia) e se per la Slovacchia il problema principale riguarda l’impatto economico (circa 500 milioni di euro), la situazione più critica è quella della Transnistria in Moldavia. Dal 1° gennaio, da un giorno all’altro, la popolazione russofona di questa repubblica autoproclamata è rimasta senza gas, senza riscaldamento e senza acqua calda. Anche le attività produttive si sono fermate. Tutte le industrie, escluse quelle che producono beni alimentari, si sono fermate lasciando migliaia di persone a casa senza lavoro. Il leader separatista sostenuto dal Cremlino, Vadim Krasnoselsky, ha chiesto a Mosca “assistenza umanitaria e tecnica”.

 

Non ci sono molti giorni per una soluzione: l’unica centrale elettrica, alimentata a gas russo, funziona provvisoriamente a carbone ma fino al 20 gennaio. Il problema è che il Cremlino ha un contenzioso con la Moldavia. Da gennaio, insieme alla chiusura del gasdotto ucraino, Gazprom ha interrotto le forniture alla regione reclamando un debito insoluto di Moldovagaz da circa 700 milioni di dollari; circostanza negata dal governo di Chisinau che riconosce un debito circa cento volte inferiore: 8 milioni di dollari. Anche la Moldavia, in conflitto con Mosca, ha adottato misure di emergenza per ridurre il consumo di energia, ma non è nella stessa situazione critica della filorussa Transnistria. La presidente europeista della Moldavia, Maia Sandu, ha dichiarato che non impedirà l’arrivo del gas in Transnistria “perché vogliamo che la crisi umanitaria finisca il più rapidamente possibile”.

 

In teoria Mosca potrebbe usare il TurkStream e il gasdotto transbalcanico, ma per arrivare in Transnistria dovrebbe negoziare con Bulgaria, Romania e anche Ucraina perché per un piccolo tratto passa per il suo territorio. Impossibile. E così, secondo quanto riporta il quotidiano finanziario russo Kommersant, la soluzione a cui sta lavorando il Cremlino, perché più semplice e immediata, è acquistare il gas sul mercato spot europeo attraverso l’intermediazione di una società che non sia Gazprom. Lo schema prevede per ora l’acquisto, da gennaio ad aprile, di circa 3 milioni di metri cubi di gas al giorno, che, secondo le stime di Kommersant, alle quotazioni attuali costerebbe al Cremlino 164 milioni di dollari. Naturalmente si tratta di una somma piccolissima, ma dal valore politico e simbolico enorme: ora è Putin che è costretto a comprare il gas dall’Europa per non lasciare i russofoni al freddo e al buio.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali