le alleanze

Ora c'è un accordo che lega Mosca e Teheran

Micol Flammini

Ci sono voluti più di tre anni di colloqui, bozze, viaggi. Poi la necessità ha spinto i due paese a superare la diffidenza e a firmare un'intesa strategica. I punti più importanti e gli altri negoziati clandestini che saldano la collaborazione di Putin con la Repubblica islamica dall'Ucraina al medio oriente

Il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, ha percorso le scale del Cremlino a due a due per entrare nella stanza in cui il padrone di casa, Vladimir Putin, è arrivato sorridendo da una porta dorata. La visita era fissata da tempo ed era per chiudere un accordo che i due paesi negoziano da oltre tre anni, a sforzi alterni. Adesso il patto è reale, Putin e Pezeshkian lo hanno firmato davanti alle telecamere e con alle spalle le bandiere dei due paesi. La “Partnership strategica globale” non sancisce l’obbligo da parte di Mosca e Teheran di intervenire nel caso uno dei due paesi venga attaccato, non ha a che fare con la mutua difesa che ha portato, per esempio, la Corea del nord a mandare i suoi soldati a morire nella regione di Kursk, in Russia, per fermare l’avanzata dell’esercito ucraino. E’ più sfumata e va ripercorsa la storia di questo trattato dal principio per capire davvero gli effetti, le remore e gli sviluppi che la firma di ieri può portare e che estende su un foglio di carta la collaborazione che  i due paesi avevano già avviato senza cerimonie e che  coinvolge un asse più lungo che dalla Russia passa per l’Iran, ha il suo centro in Cina, coinvolge la Corea del nord, si estende fino al Venezuela e arriva a tanti altri paesi disposti a riunirsi sotto il cappello di un’alleanza che come punto in comune ha la volontà di far guerra all’occidente. 


Un trattato di cooperazione tra Russia e Teheran esisteva già e risaliva al 2001, Vladimir Putin era arrivato al Cremlino da circa un anno. Doveva avere una durata decennale ed è stato sempre esteso fino a quando nel 2019, l’allora ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif propose di stipularne uno nuovo  adattato ai tempi, più profondo. Mosca non ne sentiva il bisogno, annuì alla proposta iraniana e continuò ad annuire anche quando venne eletto presidente della Repubblica islamica Ebrahim Raisi, che non soltanto propose di rinnovare il patto, ma iniziò a tratteggiarne i contorni, tanto che nel gennaio del 2022, quando si presentò al Cremlino per la sua prima visita ufficiale in Russia proprio per dare una spinta in avanti ai negoziati, arrivò  davanti a Vladimir Putin con una bozza: una proposta di collaborazione ventennale. Raisi era impaziente. Venne accolto nella stessa sala con la statua di Alessandro I, alle estremità dello stesso tavolo in cui meno di un mese dopo Putin avrebbe accolto il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, atterrati a Mosca per dissuadere il capo del Cremlino dall’attaccare l’Ucraina. Nicole Grajewski, autrice del libro “Russia Iran”, racconta che Putin non rimase colpito dalle proposte iraniane e neppure la frase pronunciata da Raisi dopo l’incontro durato tre ore – “Noi iraniani non abbiamo limiti per espandere i legami con la Russia” – riuscì a catturare l’entusiasmo del presidente russo. Il punto della discordia era che la Repubblica islamica voleva un’amicizia senza limiti e la Russia invece ragionava proprio sui limiti necessari. Raisi rimise mano più volte in prima persona alla proposta, ha continuato a sperticarsi in dichiarazioni forti, mentre la Russia rimaneva sulle sue, fino al giugno del 2022, quando l’esercito russo aveva ormai dovuto fare un gran passo indietro in Ucraina, ritirandosi dalle regioni settentrionali invase e dichiarando di voler concentrare la guerra nella regione del Donbas, e Putin rivalutò l’insistenza di Raisi durante un  incontro ad Ashgabat, in Turkmenistan.  Allora sembrò che il russo avesse addirittura più fretta dell’iraniano: erano iniziate le trattative per introdurre i droni iraniani Shahed nella guerra contro Kyiv. I negoziati per il nuovo accordo sono andati avanti ancora per anni. Raisi è morto in un incidente aereo lo scorso anno, è stato eletto Pezeshkian, la maschera riformista da mostrare agli europei senza volontà di riformare davvero la Repubblica islamica, e il cerchio delle alleanze di Teheran è stato distrutto da Israele dopo il massacro del 7 ottobre. Mosca aveva tenuto a garbata distanza l’Iran per non mettersi contro paesi come Israele o l’Arabia saudita, ma Teheran per necessità ha iniziato a tagliare quella distanza e a pretendere da Mosca una cooperazione sempre maggiore. 


Pezeshkian e Putin avrebbero dovuto firmare l’accordo a ottobre dello scorso anno, durante il vertice dei Brics a Kazan, ma c’era la necessità di fare ancora qualche cambiamento e inoltre gli iraniani volevano una sede di più alto livello, come il Cremlino, dove si sono incontrati ieri. Il partenariato stabilito dalla firma è strategico e guarda al futuro. Una parte sostanziosa è legata alla collaborazione  dell’azienda di stato russa che si occupa di energia nucleare, la Rosatom. Teheran ha pesanti problemi energetici, e Mosca sa sempre come assicurare ai suoi alleati la loro soluzione. Anche se la collaborazione militare non è compresa nelle pagine dell’accordo che consta di 47 articoli – è un trattato molto più denso rispetto a quello che lega Mosca a Pyongyang – Teheran non ha smesso di pretendere da Mosca un aiuto sempre più concreto. 

 

Secondo il Times di Londra tra i funzionari che hanno fatto spesso viaggi a Mosca di recente c’è Ali Larijani, ex presidente del Parlamento e consigliere della Guida suprema Ali Khamenei. Le visite sono rimaste nascoste per timore di un inasprimento delle sanzioni e secondo le fonti del quotidiano londinese non riguardavano tanto l’accordo di cooperazione, ma una serie di negoziati militari che forse rispondevano anche al tentativo di Teheran di coinvolgere Mosca nello sviluppo del programma nucleare. La Repubblica islamica ha bisogno di aiuto anche per rimettere in funzione i suoi sistemi di difesa aerea che dopo l’ultimo  bombardamento di Israele  sono stati danneggiati e adesso l’Iran, che minaccia un nuovo attacco contro il territorio israeliano a cui seguirà una ritorsione, è nuda sotto le bombe di Tsahal. 


Mosca e Teheran sono anche i due sconfitti in Siria da quando il regime di Assad   è stato buttato giù dall’avanzata dei ribelli. Russia e Iran si capiscono sempre meglio, sono stati gli sponsor delle guerra contro Kyiv e di quella contro Israele. Il fatto che si capiscano, non vuol dire però che si fidino: il generale Behrouz Esbati, oltre ad aver ammesso la sconfitta iraniana in Siria, ha accusato Mosca di tradimento. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)