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oggi il giuramento

Il destino della presidenza Trump sulle spalle di Susie Wiles

Marco Bardazzi

“Ice Maiden”, la ragazza di ghiaccio, il motore della seconda vittoria elettorale del Tycoon, è il nuovo capo dello staff della Casa Bianca. Tutto quanto passerà attraverso di lei. A mezzogiorno di oggi, ora locale (le 18 in Italia), diventa ufficialmente la donna più potente d’America 

Il 20 gennaio 2017, quando Donald Trump giurò per la prima volta come presidente degli Stati Uniti, la sua amministrazione prese il via con solo venticinque nomine già fatte per i posti chiave del governo. Furono necessari quasi tutti i quattro anni del suo mandato per completare le migliaia di nomine di capi delle agenzie federali, ambasciatori e consiglieri necessari per mandare avanti Washington. La squadra del presidente repubblicano all’epoca era semplicemente un disastro. Oggi invece, quando Trump giurerà per il secondo mandato, avrà già completato quasi duemila nomine dalla sua elezione a novembre. Una differenza di passo che dice molto sull’organizzazione della presidenza numero 47, rispetto a quella numero 45. E gran parte del merito è di Susie Wiles, che a mezzogiorno ora locale (le 18 in Italia) diventa ufficialmente la donna più potente d’America. 

L’ufficio più famoso della West Wing della Casa Bianca è lo Studio Ovale, dove Trump torna da stasera a sedere dietro la Resolute Desk, la scrivania regalata ai presidenti americani dalla regina Vittoria nel 1880. Ma a decidere chi entra in quella stanza per incontrare il presidente e a guidare tutte le operazioni della Casa Bianca è la persona che occupa un ufficio sull’altro lato dell’ala ovest: quello del chief of staff. Un ruolo inventato dai consulenti McKinsey negli anni Cinquanta per l’amministrazione Eisenhower e da allora diventato decisivo per la vita politica americana. Dopo trentuno capi dello staff uomini, da oggi in quell’ufficio siede per la prima volta una donna, la Wiles, che è stata il motore della seconda vittoria elettorale di Trump e ora è la persona che ha sulle spalle il compito di trasformare il mandato ricevuto dagli elettori in un successo di governo.  

Impresa non facile, visti anche i precedenti del suo capo. Nel corso della prima amministrazione, Trump licenziava i capi dello staff con la frequenza e i metodi che usava nel suo show televisivo “The Apprentice”. Uno dopo l’altro, in quattro anni ne ha cambiati quattro: Reince Priebus durò 192 giorni, John Kelly tenne duro per un anno e mezzo (e lo racconta ancora come un inferno), poi Mick Mulvaney e Mark Meadows tennero in piedi in qualche modo la squadra fino al disastro finale dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.   

 

Stavolta però tutto sembra cominciare con presupposti diversi. Trump nel 2024 ha condotto una campagna ordinata e quasi militare grazie alla guida strategica di Susie Wiles e a quella logistica di Chris LaCivita. Quando a settembre The Donald sembrava sbandare di fronte all’ascesa di Kamala Harris e aveva richiamato alcuni vecchi personaggi Maga della prima amministrazione, furono Susan e Chris a chiuderlo in una stanza e dargli l’ultimatum: “O noi, o loro”. Trump si è fidato, ha vinto e una delle prime nomine che ha fatto è stata quella della Wiles come capo dello staff. Negli ultimi tre mesi, durante la transizione, è stata lei a dettare il passo delle nomine e ora consegna al nuovo presidente un’amministrazione ben organizzata. 

 

Susie Wiles, 67 anni, single divorziata, madre di due figlie, è una donna di poche parole in pubblico. Odia i riflettori – l’opposto del suo boss – ma dietro le quinte è soprannominata “Ice Maiden”, la ragazza di ghiaccio, per la gelida lucidità con cui si muove. Nessuno l’ha mai sentita alzare la voce, ma tutti quelli che la conoscono bene la temono. A partire dallo stesso Trump, che si fida della Wiles come di pochissime persone da quando lei si è messa al suo fianco quando era in disgrazia dopo l’assalto a Capitol Hill e lo ha aiutato a ricostruire una carriera politica e poi una campagna elettorale vincenti. Adesso hanno una loro routine, che andrà avanti alla Casa Bianca e ha dato un po’ di ordine e struttura agli impulsi istintivi di Trump. Visto che lei si alza presto e lui va a letto tardi, si sono ritagliati uno spazio di lavoro quotidiano di cinque ore, tra le due e le sette del pomeriggio: quello è il momento in cui Susie “controlla” pienamente The Donald e le sue scelte. 

Ma ora, dall’ufficio nella West Wing dove lei si era affacciata per la prima volta come giovane impiegata quando lo occupava James Baker durante l’amministrazione Reagan (è stata l’ultima volta che la Wiles ha lavorato a Washington fino a oggi), potrà controllare tutto il traffico verso lo Studio Ovale. Decidere chi incontra o meno il presidente. Ridurre magari un po’ l’invadenza di Elon Musk. Assumere e licenziare lo staff presidenziale. E tenere i rapporti con il mondo politico, con i capi del Congresso, con i ministri, con i big della finanza e dell’industria. Tutto quanto passerà attraverso di lei, e sarà quella sempre a rischio di pagare le conseguenze delle sfuriate del capo. “Il mio è un lavoro che non ha garanzie – ha detto in una rara intervista al New York Times – ma farò del mio meglio, ci metterò tutto quello che posso”. 

A trattare con uomini difficili è abituata fin da piccola, quando cresceva a fianco di papà Pat Summerall, una star del football che era diventato poi uno dei più celebri commentatori sportivi americani, peraltro amico di Trump. Summerall era però un alcolizzato che sfasciò la famiglia e fece vivere anni durissimi alla figlia durante l’adolescenza. Lei trovò poi la sua strada nella politica, con una carriera quasi interamente basata nella sua Florida, a parte la parentesi washingtoniana degli anni di Reagan. Divenne una stratega elettorale e lobbista e fece eleggere governatore Ron DeSantis, prima di litigare duramente con lui e sua moglie e diventare la sua più grande nemica. Si sono attaccati a distanza quando DeSantis ha sfidato Trump e adesso il governatore della Florida avrà vita dura a farsi ricevere alla Casa Bianca. 

Per Trump, la Wiles ha cominciato a lavorare in Florida nella campagna presidenziale del 2016, ma è dal 2021, dopo la fine della prima presidenza, che il rapporto è diventato forte. Un’anomalia per The Donald, che non ha mai dato molto potere alle donne. Adesso il successo o il fallimento della quarantasettesima presidenza poggiano in buona parte sulle spalle della donna più potente d’America. 

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