Europa ore 7
Tra dazi, sovranità e difesa comune. Così l'Ue si prepara al ritorno di Trump
La presidente von der Leyen ha una priorità: evitare la guerra commerciale con gli Stati Uniti. Per questo la Commissione ha studiato strumenti sia difensivi sia offensivi. Una partita che riguarda anche la tecnologia, le spese militari e la ricostruzione dell'Ucraina
Ursula von der Leyen è pronta a vendere la sovranità europea a Donald Trump per evitare una guerra commerciale con gli Stati Uniti? Oppure utilizzerà la sovranità europea per entrare in un rapporto di forza con il nuovo presidente americano? Questa sera Donald Trump sarà inaugurato presidente degli Stati Uniti per un secondo mandato. Tutti si aspettano una serie immediata di iniziative che potrebbero destabilizzare l'economia e la politica europea. Le campagne lanciate dal suo alleato, Elon Musk, sono un primo indizio. La preoccupazione immediata riguarda i dazi. “Si può essere abbastanza certi che i dazi che potrebbe voler imporre saranno mirati in modo tale da colpire in particolar modo l'economia tedesca”, ha detto il ministro tedesco dell'Economia, Robert Habeck. Von der Leyen offrirà un “deal” a Trump per evitare una guerra commerciale? Oppure userà la sovranità europea per rispondere colpo su colpo?
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Dopo un lungo silenzio, giustificato da una polmonite grave, questa settimana la presidente della Commissione sarà costretta a esprimersi sulla strategia che intende seguire con il presidente americano. Von der Leyen parlerà al World Economic Forum di Davos e davanti al Parlamento europeo. Aspettatevi parole forti. Ma, al di là della retorica, la presidente della Commissione ha una priorità: evitare la guerra commerciale con gli Stati Uniti.
“C'è la necessità imperiosa di evitare la guerra commerciale nei prossimi mesi con la nuova amministrazione Trump”, ci ha spiegato Stéphane Séjourné, vicepresidente della Commissione responsabile per la prosperità e la strategia industriale, che abbiamo incontrato insieme ad altri media europei. “Né gli americani né gli europei hanno interesse”. Secondo il commissario francese, von der Leyen avrà un ruolo chiave nelle prossime settimane perché “avrà per missione di mantenere l'unità dei ventisette”. La presidente della Commissione dovrà trovare un equilibrio tra gli interessi collettivi e quelli individuali dei singoli stati membri (e tra le diverse sensibilità politiche su Trump). “Il rischio è che ciascuno si precipiti a Washington per difendere il suo piccolo settore contro il suo vicino, quando a ventisette si ha molta più forza e la possibilità di evitare una guerra commerciale”, ha avvertito Séjourné.
La Commissione ha preparato strumenti sia difensivi sia offensivi. Tra gli strumenti difensivi rientrano le carote da offrire a Trump per concludere un “deal”. Innanzitutto l'acquisto di gas naturale liquefatto o altre materie prime di cui l'Europa scarseggia per convincerlo a non imporre dazi in alcuni settori. Una delle grandi questioni è se aumentare anche gli acquisti di armi dagli Stati Uniti, nel momento in cui l'Ue cerca di rafforzare la sua industria della difesa. Di fatto è una necessità, dato che l'attuale capacità di produzione è limitata. Ma i provvedimenti che vengono adottati oggi – come il programma per l'industria della difesa Edip – preparano il futuro. Il “Buy european” è una esigenza posta dalla Francia. Germania, Polonia e una maggioranza di stati membri sono contrari.
Tra gli strumenti offensivi preparati dalla Commissione rientrano le rappresaglie commerciali nel caso in cui Trump dovesse decidere di dare seguito alle sue promesse di imporre dazi del 20 per cento su tutte le importazioni. L'esecutivo di von der Leyen si è preparato da tempo a questo scenario. Il livello politico – cioè la presidente e il suo collegio – deve decidere se applicare dazi in modo reciproco oppure se colpire prodotti ad alto valore aggiunto per gli Stati Uniti, compresi quelli ad alto valore aggiunto politico per Trump. Durante il mandato del presidente repubblicano, la Commissione di Jean-Claude Juncker scelse come bersaglio della rappresaglia commerciale europea i settori più sensibili per il suo elettorato. Juncker riuscì anche a concludere un “deal” con Trump offrendogli di acquistare soia in cambio di meno dazi su altri prodotti europei.
Nei corridoi di Bruxelles in molti sospettano Ursula von der Leyen di voler vendere la sovranità digitale dell'Ue a Trump per evitare una guerra commerciale. Il silenzio della presidente della Commissione sulla campagna di destabilizzazione lanciata da Elon Musk, il padrone di X, contro alcune democrazie europee e il suo sostegno al partito di estrema destra AfD in Germania è considerato come “sospetto”. Ma il trattamento di Musk è solo una parte di un cambio di rotta politico registrato dopo la fine dell'era del duo Thierry Breton-Margrethe Vestager. Secondo il Monde, la Commissione ha di fatto sospeso le inchieste aperte contro le grandi piattaforme americane sulla base del Digital Services Act e il Digital Markets Act. Alcune fonti citate dal Financial Times hanno parlato di una “revisione” delle indagini condotte su Meta e X ai sensi del Dsa e Meta, Amazon, Google e Apple ai sensi del Dma. L'inchiesta su X per il momento ha una portata ancora limitata. La versione ufficiale della Commissione è che si tratta di “incontri” tra i funzionari e i commissari responsabili per valutare il livello di maturità delle indagini. “Il lavoro tecnico va avanti” e l'arrivo dell'Amministrazione Trump “non ha impatto”, ha assicurato un portavoce della Commissione. “Siamo prudenti per non far arrabbiare gli americani”, ci ha invece detto un funzionario. In campagna elettorale, il vicepresidente eletto, JD Vance, si era spinto fino a minacciare il ritiro dalla Nato in caso di sanzioni europee contro X e Musk.
Scegliere un approccio transazionale con Trump per salvare l'Ue da una guerra commerciale significa mettere in pericolo la credibilità globale dell'Europa. Sulle grandi piattaforme, la Commissione “non deve ritardare multe o decisioni a causa di altre considerazioni”, avverte Umberto Gambini, partner di Forward Global ed esperto di digitale. “Se l'Ue non applica e non rispetta le proprie leggi, non ci si può aspettare che altri seguano le regole”. Secondo Gambini, la credibilità dell'Ue dipenderà dall'applicazione efficace e tempestiva delle nostre leggi stabilite democraticamente come il Dsa e il Dma”.
C'è un altro strumento che dentro i palazzi di Bruxelles viene immaginato per convincere Trump a concludere un “deal”: la difesa europea e la ricostruzione dell'Ucraina. “Gli americani vogliono che gli europei si facciano carico di più cose, in particolare nel settore della difesa e della sicurezza. La grande richiesta dell'Amministrazione Trump è di smettere di pagare per la sicurezza degli europei”, ci ha spiegato una fonte dell'Ue. “E' fattibile”, ma “a condizioni economiche favorevoli per gli europei”, dice la fonte: “Noi ci occupiamo della frontiera con la Russia, della ricostruzione dell'Ucraina e della nostra sicurezza. Ma non possiamo farlo con una guerra commerciale da parte degli Stati Uniti”.
Un grande scambio attorno alla sicurezza e all'Ucraina potrebbe essere “win win”. La sovranità europea sarebbe messa al servizio di un “deal” con Trump e verrebbe rafforzata. Il presidente americano potrebbe rivendicare di aver costretto gli europei ad occuparsi della loro sicurezza e a pagare per l'Ucraina. Ma ci sono seri dubbi di fattibilità, sia in termini politici che fiscali. Per una politica di difesa comune serve una politica estera unica, impossibile da realizzare con l'ungherese Viktor Orbán e lo slovacco Robert Fico oggi, o con l'austriaco Herbert Kickl domani. I bilanci di molti stati membri sono vuoti, mentre alcuni governi che hanno spazio fiscale, come la Germania, ritengono le esigenze poste da Trump sulla spesa della difesa esorbitanti. Per tutti c'è il dilemma di dover ridurre la spesa sociale per finanziare la difesa, nel momento in cui i partiti di estrema destra e di estrema sinistra già sfruttano lo scontento dell'opinione pubblica sul potere d'acquisto.
Se un'Ue incerta e paura è in cerca di ispirazione, può trovarla in Chrystia Freeland, l'ex ministro degli Esteri e delle Finanze del Canada, che ha appena lanciato la sua campagna per diventare leader del Partito liberale. "Non cederemo a Trump", ha avvertito Freeland. "Coltivatori di arance della Florida, produttori di lavatrice del Michigan e di formaggi del Wisconsin: preparatevi. Il Canada è il più grande mercato di esportazione dell'America - più grande della Cina, del Giappone, del Regno Unito e della Francia messi insieme. Se costretti, la nostra risposta sarà il più grande colpo commerciale che l'economia americana abbia mai subito". Secondo Freeland, "Trump pensa che siamo tutti in vendita, che può prendere ciò che ci appartiene. Non lo lasceremo fare". Il Canada ha uno scambio commerciale con gli Stati Uniti analogo a quello dell'Ue.