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L'editoriale dell'elefantino

L'egocrazia democratica di Mr. Donald Trump

Giuliano Ferrara

Il discorso trumpiano, la grande rivoluzione del XXI secolo e la nuova religione del complotto del deep state. Il nuovo presidente ha mostrato la sua volontà di gestire la democrazia e la repubblica americana in forma imperiale

Le rivoluzioni sono fatte così come era fatta ieri la Rotunda del Campidoglio di Washington, mentre rimbombava il potentissimo discorso dell’immobiliarista che ha conquistato l’America e si protende sul mondo intero. Cose semplici hanno fatto la storia degli ultimi secoli, per non tirare in ballo la storia antica e imperiale. Libertà eguaglianza fraternità. Il Re deve morire perché viva il popolo. Tutto il potere ai Soviet. La terra ai contadini. Se avanzo, seguitemi. Alles für Deutschland.        

L’America First! di Trump, con l’annuncio degli executive order per la prima giornata da presidente, aveva la potenza e la consistenza di una rivoluzione del XXI secolo. Non si sa bene che cosa pensare del presente, e che cosa augurarsi per il futuro, e anche l’evocazione del passato storico è soggetta a sottili controversie e interpretazioni. Quel che è certo è che Trump non ha mostrato la volontà di esercitare un formidabile potere costituzionale, quello esecutivo, ma di gestire la democrazia e la repubblica americana in forma imperiale, forte di un carisma democratico, we the people, che nelle sue parole e nel suo ostentato programma equivale a una autocrazia democratica. Che le democrazie generino autocrazie lo si sa dal Quinto secolo avanti Cristo, dalla Repubblica di Platone. La forma conta. Quel che si vede conta. Da un lato nella Rotunda sedeva lo status quo, dall’altro un movimento rivoluzionario che ha portato letteralmente la logica e l’animus del 6 gennaio, l’assalto cornuto al Campidoglio, al regime change. Ora si capisce bene l’assurda logica delle nomine presidenziali, la sutura precipitosa ma visibile della politica e della tecnologia, la globalizzazione nazionalizzata in funzione di dominio. Uomini e donne dello status quo o dell’ancien régime erano seduti e muti.

Trump ne ha approfittato per inondarli di parole pesantissime, formule provocatorie, narcisismi augustei proiettati nell’epoca successoria di Tiberio e di Nerone. Esagerare con ossimori e paradossi è impossibile. Abbiamo assistito allo spettacolo della dissoluzione oratoria, e vedremo la consequenzialità dei fatti, del costituzionalismo americano. Perfino il ristabilimento del free speech e la liberazione da uno stato di censura che è l’orrendo e colpevole wokismo, tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, nelle movenze del nuovo presidente assumevano il sapore di un assedio a uno dei pilastri del liberalismo in democrazia, la libertà di stampa. Si sentiva nel discorso vero e inaugurale dell’America First!, e nell’invocazione di un Dio che ha salvato un uomo per salvare una nazione, altro che deportation e drill baby drill e tariffe, il superamento da brivido del giuramento appena fatto su Bibbia e Costituzione. Il segno rivoluzionario della Dichiarazione di indipendenza era che tutti gli esseri umani sono creati uguali e allo stesso titolo titolari del diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità, ma nelle parole rivoltose ed egocratiche di Trump questo grido religioso si è trasformato e sublimato nella certezza confessionale, la nuova religione del complotto del deep state e della liberazione  catenata del senso comune,  che l’immobiliarista della Provvidenza è più eguale degli altri, e per questo salverà l’America. 
 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.