“Un altro 7 ottobre”
“Hamas resta al potere: per gli ostaggi pagheremo un prezzo molto alto”. Parla Kuperwasser
“Israele ha rinunciato a liberarsi dei terroristi in cambio dei rapiti. I nostri nemici invece hanno raggiunto molti dei loro obiettivi, assicurando la continuazione del loro governo a Gaza e il rilascio dei propri prigionieri”, dice l’ex direttore dell’unità di ricerca dell’intelligence militare di Tel Aviv
“Questa guerra è un fallimento israeliano a Gaza. Hamas ha vinto. Non solo è riuscito a impedire a Israele di raggiungere i suoi obiettivi, ma ha anche raggiunto i propri: rimanere al potere”. Così Giora Eiland, ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano. Alcune “menti” dell’establishment di sicurezza di Gerusalemme esprimono scetticismo sull’accordo, mentre ieri il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha annunciato le dimissioni, citando il fallimento del 7 ottobre. “L’accordo lascia Israele con emozioni contrastanti” dice al Foglio Yossi Kuperwasser, l’ex direttore dell’unità di ricerca dell’intelligence militare. “La gioia per il ritorno degli ostaggi è temperata dalla frustrazione per l’alto costo della sicurezza. Al contrario, Hamas e i suoi sostenitori nel mondo stanno festeggiando. Hanno raggiunto molti dei loro obiettivi, assicurando la continuazione del loro governo a Gaza e il rilascio dei prigionieri dalle carceri israeliane”.
Israele ha raggiunto metà dei suoi obiettivi di guerra: “Hamas ha subìto danni militari ma non politici e l’accordo non fornisce alcuna garanzia che Hamas non ricostruirà le sue capacità per riprendere gli attacchi contro Israele” prosegue Kuperwasser. “D’altro canto, Hamas ha raggiunto quasi tutti i suoi obiettivi di guerra, sebbene a un prezzo molto alto, molto più significativo di quanto inizialmente stimato, ma non tale da minare la sua capacità di rivendicare l’attacco del 7 ottobre come un successo”. La solidarietà familiare in Israele è fortissima: “Gli ostaggi li chiamiamo con il loro nome, Emily, Romy… Il prezzo della deterrenza non è stato accettato da tutti qui in Israele, siamo una democrazia molto solida e discutiamo. Strategicamente, il prezzo che abbiamo pagato è il risultato del disastro del 7 ottobre: perdere duecento persone catturate da Hamas. Non c’è alcuna garanzia nell’accordo che Hamas non si riarmerà e non resterà al potere a Gaza. Abbiamo inflitto un danno enorme a Hamas, ma non abbiamo occupato Gaza e rimosso Hamas dal potere. L’apparato di sicurezza era contrario, sarebbe stato troppo costoso per i soldati e per l’economia”.
Le immagini da Gaza testimoniano la sopravvivenza di Hamas. “E dalle immagini non vedi alcuna crisi umanitaria: la popolazione celebra Hamas” dice Kuperwasser. “Per i palestinesi quello che è successo dimostra che Hamas ha ragione: vogliono distruggere Israele e liberare i loro prigionieri. Hamas nella loro mentalità ha compiuto un altro passo verso la fine di Israele e sono pronti a pagare un prezzo molto alto, anche la vita. Pensano di andare in Paradiso”. Anche la pressione dell’occidente ha avuto un ruolo nell’accordo: “Tutti sanno che le accuse di ‘genocidio’ erano false, ma hanno avuto un impatto molto forte. Noi israeliani sappiamo la verità, ma alcuni nostri ‘amici’ sono stati sopraffatti da questa propaganda e menzogne. Inoltre, dal mio periodo nell’esercito ricordo molto bene che quando discutevo con le mie controparti europee della necessità di combattere e sconfiggere i terroristi mi ripetevano le loro preoccupazioni sul numero di islamici che vivono in Europa”.
L’accordo ora sta eccitando l’islam radicale. “E probabilmente rafforzerà la posizione di Hamas tra l’opinione pubblica palestinese e l’influenza dell’islam radicale in senso più ampio. Assisteremo a una maggiore radicalizzazione tra le comunità arabe e islamiche, incoraggiando potenzialmente tentativi a lungo termine di colpire entità israeliane, ebraiche e occidentali”.
L’islam radicale oggi ha tre grandi anime. “Alcune volte cooperano, altre si confrontano. C’è l’Iran che vuole diffondere la sua versione dell’islam, ma hanno perso la Siria, Hezbollah è ferito, lo stesso Iran ha subìto un attacco israeliano e si è dimostrato vulnerabile. Poi c’è il campo occupato da Isis e al Qaida, ultra radicali sunniti: hanno perso territori e potere dal 2015 e ora cercano di sopravvivere. Poi c’è un terzo campo che sta vincendo, l’islam radicale sunnita, molto pericoloso e sono i Fratelli musulmani, le fazioni oggi al potere a Damasco che si credono onnipotenti, Hamas, Erdogan e altri”.
Donald Trump ha chiesto stabilità. “A Gaza temo Hamas che resta al potere, l’accordo ha garantito loro la fine della guerra e Hamas darà quella ‘stabilità’ che Trump ha chiesto, si riarmerà per un altro 7 ottobre” conclude Kuperwasser. “Hanno un’altra mentalità: non devono sottoporsi a elezioni ogni quattro anni, hanno tempo, pazienza e sono devoti alla causa: la distruzione d’Israele”.