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Cosa resterà di competenza ed esperienza dopo la demolizione trumpiana delle istituzioni

Paola Peduzzi

Furia ideologica e vendetta rapida. I licenziamenti di funzionari chiave da parte della nuova Amministrazione, che smantella i programmi DEI (diversity, equità e inclusione), rischiano di compromettere equità e sicurezza nazionale

Sburocratizzazione e vendetta si mischiano assieme alla rapidità nelle prime decisioni dell’Amministrazione Trump. A parte gli ordini esecutivi di cui si vedranno la fattibilità e l’efficacia – in particolare per il meno americano di tutti, quello che abolisce lo ius soli in un paese che si fonda sull’accoglienza e il rifugio, come è bene ricordare in questi giorni di memoria dell’Olocausto: senza l’America in cui andare a trovare libertà e protezione, migliaia di cittadini europei sarebbero stati ammazzati dai nazisti – sono iniziati i licenziamenti, in particolare nel ministero della Giustizia, e la cancellazione di tutti gli uffici che si occupavano di diversity e uguaglianza.

 

Dalle cinque di pomeriggio (ora locale) di ieri, i dipendenti del governo federale che si occupano dei programmi Dei (acronimo che sta per: diversity, equità e inclusione) sono stati messi in congedo, secondo un memorandum dell’Ufficio della gestione del personale, redatto dal direttore Charles Ezell, e inviato ai dipartimenti e alle agenzie federali. La direttiva porterà o a un licenziamento o a un ricollocamento di questi dipendenti pubblici, come vuole l’ordine esecutivo firmato lunedì da Donald Trump, appena insediato alla Casa Bianca, che pone fine ai programmi Dei definiti “radicali e dispendiosi”. Entro venerdì, i dipartimenti e le agenzie coinvolti devono fornire all’Ufficio del personale un piano “per eseguire la riduzione delle forze operative”, mentre i siti  e gli account sui social legati ai programmi Dei devono essere chiusi. Nel memorandum c’è scritto che questi programmi “hanno diviso gli americani secondo la razza, hanno sprecato i fondi pubblici e hanno causato una discriminazione vergognosa”: se non si ottempera alla direttiva entro dieci giorni, ci saranno “conseguenze negative”.

 

La misura adottata dall’Amministrazione Trump cancella gli ordini esecutivi del precedente governo che volevano “promuovere l’equità per tutti, incluse persone di colore e altre che storicamente erano state marginalizzate e avevano subìto una persistente povertà e diseguaglianza”. Nel giugno dello scorso anno, i repubblicani al Congresso avevano introdotto una legge per porre fine ai programmi federali sull’inclusione che non aveva ottenuto la maggioranza dei voti, ma a dicembre Trump ha nominato Harmeet Dhillon a capo dell’Ufficio dei diritti civili al dipartimento di Giustizia: Dhillon è una attivista conservatrice di San Francisco, nominata perché,  aveva detto Trump, “si era dedicata con costanza alla protezione delle nostre amate libertà civili”, lottando contro la wokeness nelle compagnie tech della California, difendendo la libertà religiosa e “portando in tribunale chi utilizza le politiche woke per discriminare i propri lavoratori”. Le derive identitarie di parte dei liberal sono diventate il pretesto per questa Amministrazione – e anche per molte aziende, che non hanno perso l’occasione per eliminare le politiche interne Dei, con una velocità che ha mostrato tutta l’insofferenza dei management verso queste misure – per cancellare un lavoro di inclusione e di equità che, in un paese come l’America dove le diseguaglianze – sociali ed economiche – hanno stravolto un ascensore sociale che per decenni ha funzionato bene.

 

Se l’ideologia ha travolto le politiche Dei, i primi licenziamenti al dipartimento di Giustizia sembrano più ispirati a un sentimento di vendetta (in entrambi i casi, la velocità è brutale). Il Washington Post ha scritto che molti funzionari – almeno quindici – che lavoravano al ministero da molti anni sono stati rimossi o demansionati. Tra questi ci sarebbe il viceassistente del procuratore generale, George Toscas, in servizio dal 2006, che si occupava di sicurezza nazionale: è finito nell’ufficio che si occupa di far applicare le leggi sull’immigrazione, che è la priorità dell’Amministrazione. Toscas è un avvocato della controintelligence che aveva preso la decisione di perquisire la residenza di Mar-a-Lago in cerca dei documenti secretati che Trump aveva portato, senza permesso, nella sua casa in Florida. Nella prima Amministrazione Trump, Toscas aveva lavorato nell’ufficio che si occupa di terrorismo interno e una fonte sentita dal quotidiano americano dice: “Non c’è nessuno al ministero che sa come si investigano e perseguono i terroristi e le spie quanto George Toscas”.

 

Il Washington Post elenca altri funzionari demansionati, tutti con competenze ed esperienza solide. David Laufman, un ex funzionario del dipartimento dice: “Stiamo assistendo allo smantellamento di figure cruciali, non partigiane e molto esperte che hanno un valore inestimabile per portare a termine la missione del  ministero della Giustizia, che include la protezione della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”. Questo vale anche per altri dipartimenti: dietro alla sburocratizzazione si nasconde una furia ideologica e vendicativa che rischia di portare a un impoverimento in termini di competenze che mina il funzionamento delle istituzioni. E questo svilimento della classe dirigente viene fatto, ironia assoluta, in nome del merito e del talento.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi