Ostaggi all'Onu
I tre ostaggi israeliani liberati erano tenuti in un edificio dell'Unrwa. Lo scandalo umanitario
Gli edifici presi di mira per scopi militari rappresentano la violazione del diritto internazionale umanitario. L'agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente dichiarata antisemita, lo stop dei finanziamenti americani
Prima un video del massacro del 7 ottobre che mostra un dipendente dell’agenzia delle Nazioni Unite per i palestinesi Unrwa che mette il corpo di un uomo israeliano nel retro di un suv. Si tratta di Faisal Ali Mussalem al Naami, assistente sociale dell’Onu a Gaza. Poi Ayelet Samerano, la madre di Jonathan, 21 anni, rapito dal kibbutz Be’eri, che durante una protesta in Svizzera tiene una foto di Jonathan mentre urla “l’Unrwa ha rapito mio figlio!”. Un’inchiesta del New York Times rivela che un consulente scolastico dell’Unrwa di Khan Younis ha rapito una donna israeliana. Poi il corpo dell’ostaggio tedesco-israeliano Shani Louk viene trovato in un edificio dell’Unrwa. Ora questa: “Gli ex ostaggi Romi, Emily e Doron sono stati tenuti nei rifugi delle Nazioni Unite a Gaza, che erano destinati ai civili”.
Così un servizio trasmesso ieri dal canale televisivo israeliano 13, che afferma quanto segue: “Due giorni dopo essere stati liberati dopo 471 giorni di prigionia, Rumi Gonen, Emily Demari e Doron Steinbracher iniziano a raccontare cosa hanno vissuto, le condizioni della prigionia, così come i luoghi in cui sono stati tenuti nella Striscia di Gaza dai terroristi di Hamas da quando sono stati rapiti il 7 ottobre. Le conversazioni con i rimpatriati mostrano che durante il loro periodo di prigionia sono stati nascosti nei rifugi delle Nazioni Unite e nei campi destinati alla popolazione civile che le Nazioni Unite hanno istituito durante la guerra e che dovrebbero essere aree in cui le persone soggiornano e ricevono cibo e acqua”. Richard Goldberg della Fondazione per la difesa delle democrazie di Washington, ha affermato che la rivelazione significa che “dobbiamo smettere di pensare a Unrwa come a un semplice sostenitore di Hamas e iniziare a interiorizzare che l’agenzia è una facciata per Hamas”.
Un prigioniero di ottant’anni, rilasciato nell’ambito della tregua del novembre 2023, aveva già affermato di essere stato tenuto nella soffitta di un dipendente delle Nazioni Unite. Un anno fa invece la scoperta che sotto la sede centrale dell’Unrwa a Gaza Hamas aveva nascosto il suo centro dati, completo di sala elettrica e alloggi per i terroristi che gestiscono i server dei computer. Israele aveva poi accusato dodici membri dello staff dell’agenzia delle Nazioni Unite di aver preso parte al massacro del 7 ottobre, spingendo poi la stessa Onu a licenziarli. Elise Stefanik, nuova ambasciatrice americana all’Onu, ieri ha detto che l’Unrwa è “antisemita”, lasciando intendere la fine dei finanziamenti da parte degli Stati Uniti. Il capo dell’Unrwa, lo svizzero Philippe Lazzarini, dichiara che “attaccare, prendere di mira o utilizzare edifici delle Nazioni Unite per scopi militari è una palese violazione del diritto internazionale umanitario”, ma tace su come da quindici mesi Hamas usa le stesse strutture, non solo per nascondere armi e missili, ma anche gli ostaggi.
Secondo un altro servizio esclusivo di Fox News andato in onda ieri e che si basa sull’intelligence israeliana, i terroristi di Hamas hanno confessato che ostaggi israeliani erano stati tenuti anche nell’ospedale Kamal Adwan nel nord di Gaza in momenti diversi durante il loro calvario. Anas Muhammad Faiz al Sharif, uno dei terroristi sotto custodia israeliana, parla dell’ospedale come “un rifugio sicuro perché l’esercito israeliano non può prenderlo di mira”. D’altro canto, il 24 ottobre 2023, il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres aveva praticamente giustificato gli attacchi di Hamas contro Israele affermando che “non sono avvenuti nel vuoto”. No, non sono avvenuti nel vuoto, sono avvenuti anche nelle strutture dell’Onu.