La non decisione
In Europa quando il gioco si fa duro il Pd fa il “salto della scheda”
Dal sostegno all'Ucraina al divieto di esporre simboli nazisti e sovietici. La tecnica consiste nello sfilare il badge elettronico dallo scranno nel momento del voto su una risoluzione o un emendamento che non si condivide, senza lasciare il segno del proprio dissenso. Servono velocità e riflessi, e i dem di Strasburgo sembrano averne in abbondanza
Bruxelles. Nel Partito democratico a Bruxelles si afferma una nuova disciplina sportiva: quella del “salto della scheda”. La tecnica consiste nello sfilare prontamente il badge elettronico dallo scranno nel momento del voto su una risoluzione, o un emendamento, che non si condivide ma su cui non si vuole lasciare segno del proprio dissenso nei tabulati. Sembra una pratica facile, ma non lo è: nelle sessioni di voto a Strasburgo, infatti, si passano in rassegna decine di testi, a volte composti da centinaia di emendamenti. Per sparire dai tabulati al momento giusto e riapparire un secondo dopo, servono rapidità e un buon mediano di mischia capace di chiamare lo schema al momento giusto.
Il sistema di voto dell’Eurocamera in realtà prevede, oltre al voto favorevole e contrario, anche la possibilità di astenersi. Tuttavia, l’astensione rimane nei registri, mentre con il salto della scheda si lanciano intricati messaggi politici a uso interno senza però lasciare tracce di sé. Una questione di buoni riflessi dunque che è ormai diventata prassi nell’attività parlamentare del Partito democratico e che ha avuto la sua ultima esecuzione giovedì, durante il voto sulla risoluzione sul revisionismo storico del Cremlino.
Curiosamente, il salto della scheda dem finora è apparso sempre quando c’è di mezzo Mosca. La sua prima performance in questa legislatura si è vista infatti a settembre, proprio sul voto riguardante la risoluzione di sostegno all’Ucraina. Il testo, poi approvato a larga maggioranza dall’Eurocamera, conteneva allora il celebre paragrafo 8, in cui si invitavano i governi dell’Ue a rimuovere le restrizioni sull’utilizzo di armi occidentali per colpire in territorio russo. Nel Pd, emersero tre correnti: in due votarono a favore; dieci eurodeputati, incluso il capodelegazione Nicola Zingaretti, votarono contro, in linea con l’indicazione del Nazareno, mentre sei deputati, tra cui il presidente del Pd Stefano Bonaccini, sparirono momentaneamente dai tabulati proprio in occasione del voto sul suddetto paragrafo.
Se a settembre la scelta tecnica sembrava diretta a minimizzare le tracce di una divisione interna alla delegazione, giovedì scorso, invece, il salto della scheda Pd si è trasformato in una ben eseguita performance corale. Guidata dal capodelegazione Nicola Zingaretti infatti, la delegazione Pd si è opposta, sola in tutta la famiglia socialista europea, a un paragrafo che chiedeva il divieto in tutta l’Ue di esporre simboli nazisti e sovietici, rifiutandosi di sostenere una dicitura che avrebbe messo “nazismo e fascismo sullo stesso piano”. Arrivati poi davanti alla scelta sul voto finale del testo, comprensivo del paragrafo incriminato, tra sostenere, opporsi o astenersi sulla condanna Ue al revisionismo storico del Cremlino, dalla linea difensiva dem si è levata una mano per chiamare lo schema e, puff, dai tabulati è sparito il Pd.