Il colloquio
Tra woke, slogan e sfumature antisemite: Hamas e i suoi utili idioti
“Organizzazioni studentesche, ong, intellettuali, accademici, partiti: così la nebulosa della Fratellanza musulmana ha organizzato la guerra culturale in occidente”. Intervista a Michaël Prazan
Il giorno in cui è stata annunciata la tregua tra Israele e Hamas, in Francia è uscito il nuovo libro del giornalista francese Prazan, “La vérité sur le Hamas et ses idiots utiles”. Quando si tratta di comunicazione, i terroristi sono diventati esperti, padroneggiando sia la guerra culturale sia l’uso delle armi grazie agli “utili idioti” sulla copertina di Prazan. Lo si è visto nella parata organizzata a Gaza per il secondo scambio tra Israele e Hamas. Un grande cartello annunciava: “il sionismo non vincerà”.
“‘Utili idioti’ è un termine attribuito a Lenin, con cui si indicavano gli intellettuali occidentali e altri ‘compagni di viaggio’ del Partito Comunista che servivano la causa dell’oppressione sovietica, sinceramente oppure manipolati da Mosca” dice Prazan al Foglio. “In primo luogo, ci sono le organizzazioni della Fratellanza Musulmana, provengono dalle nebulose associazioni della Fratellanza, di cui Hamas è il ramo palestinese, presente in più di ottanta paesi in tutto il mondo, e particolarmente radicata nel mondo studentesco”. In Francia, è stata l’associazione “Studenti per la giustizia in Palestina” a dare il via alle manifestazioni a Sciences Po, “reclutando schiere di utili idioti tra gli studenti della prestigiosa scuola, destinati a diventare l’élite del paese. Questa associazione, creata negli anni Novanta da Hatem Bazian, un Fratello Musulmano palestinese che insegnava diritto islamico a Berkeley in California, è stata bandita negli Stati Uniti per aver finanziato Hamas. L’associazione Étudiants musulmans de France, creata nel 1989 e legata a Femyso, è un’altra propaggine della Fratellanza Musulmana specializzata nell’infiltrazione nelle istituzioni europee. E’ stata all’origine di una campagna di manifesti che promuoveva il velo islamico e ha la vocazione, come afferma Mohamed Louizi, dirigente pentito della associazione, del proselitismo nelle università.
Organizzano distribuzioni di cibo in collaborazione con un’altra associazione, ancora più interessante: Humani’Terre. Questo non è niente di più e niente di meno che il nuovo volto del Palestinian Charity and Relief Committee, un’organizzazione che si definisce umanitaria e agricola; ma di fatto una vetrina per Hamas. Sebbene Humani’Terre fosse nel mirino del Dipartimento del Tesoro americano dal 2003, la sua filiale francese continuava a ricevere sussidi pubblici. Oltre a queste associazioni, che hanno animato l’agitazione studentesca tra giovani tanto ignoranti quanto facilmente manipolabili, ovunque in occidente, e in particolare nelle più prestigiose università, abbiamo assistito all’emergere di intellettuali, islamologi, ma anche politici”.
Questi ultimi sono particolarmente forti nella France Insoumise, il partito di Jean-Luc Mélenchon: “Tanto per ragioni di clientelismo elettorale (il voto musulmano e il voto dei giovani), quanto per un ruolo sincero e più o meno presunto, ha giocato la carta di Hamas, riprendendone gli slogan e gli elementi linguistici. Il discorso di questa estrema sinistra si è diffuso a macchia d’olio, poiché il suo discorso si è in parte esteso alle fila del Partito socialista e ha contaminato alcune dichiarazioni di Emmanuel Macron”.
Dal “Sud del mondo” all’Onu
Allargando il campo d’azione, abbiamo visto numerose ong, governi del “Sud del mondo” e organismi delle Nazioni Unite gettarsi a capofitto nella breccia. “Queste ong non hanno condannato l’attacco di Hamas, non hanno mostrato alcuna preoccupazione per gli ostaggi, tanto meno per la loro salute, né hanno chiesto il loro rilascio; si precipitano a maledire Israele. Astenendosi dal definire Hamas un’organizzazione terroristica, Amnesty ha proposto di utilizzare la parafrasi di ‘gruppo armato palestinese’, con il pretesto che ‘il terrorismo non esiste secondo il diritto internazionale’, quando non aveva esitato, qualche anno prima, a utilizzare l’aggettivo ‘terroristi’ per descrivere le atrocità di Boko Haram. Da parte sua, Greenpeace ha condannato ‘le uccisioni indiscriminate della popolazione palestinese di Gaza come rappresaglia per gli attacchi di Hamas’, senza una parola di compassione per le vittime israeliane.
Per quanto riguarda l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che aiuta i palestinesi, che educa i giovani palestinesi nelle sue scuole ad odiare gli ebrei e Israele, tremila dei suoi insegnanti hanno esultato lo stesso giorno dei massacri su Instagram, celebrando questa ‘gloriosa mattina indimenticabile’, rallegrandosi che ‘i razzi eliminino i sionisti dalla faccia della terra’. Altrettanto risuonava il silenzio delle femministe, che non sembravano toccate dagli stupri e dalle uccisioni di massa che colpivano donne di tutte le età. La reazione del Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, con ancora i cadaveri in fiamme del 7 ottobre, in cui ha condannato gli ‘atti perpetrati da Hamas’ senza nominarli, aggiungendo nella stessa frase che ‘è anche importante’ riconoscere che essi ‘non si verificano fuori dal contesto’, è tanto disarmante quanto indecente”.
Il ruolo dell’ideologia woke
Vedono Israele attraverso le idee woke. “La France Insoumise di Mélenchon non è stato in grado di descrivere i pogrom come ‘atti terroristici’, e alcuni dei suoi rappresentanti, come David Guiraud e Rima Hassan, un’attivista franco-palestinese appassionatamente ‘antisionista’ che considera Israele ‘una mostruosità’ e gli orrori del 7 ottobre ‘legittimi’. Le organizzazioni dei Fratelli Musulmani che sostengono Hamas, come l’Unione dei Giovani Musulmani di Francia o le strutture del Collectif Cheikh Yassine, sciolte dopo l’assassinio del professor Samuel Paty da parte di un islamista che si dichiarava membro dello Stato Islamico, manifestano ogni settimana nelle strade di Parigi e altre città francesi, al grido di ‘Israele assassino’ o ‘dal fiume al mare’, trascinano i giovani dell’estrema sinistra nostalgici di lotte sublimate che non hanno mai vissuto.
Fondendo la lotta contro Israele con la lotta, un tempo legittima, contro il colonialismo e l’apartheid, ignorano la storia del conflitto in medio oriente, così come la natura di Hamas, ma non è riuscita a scrollarsi di dosso il suo odio per Israele, cemento del suo impegno a sinistra. Un impegno apparentemente ‘antirazzista’, con un tocco di woke, mescolato all’indigenismo, le cui sfumature antisemite sono difficilmente messe in dubbio. Questo giovane, presumibilmente amante della giustizia, non sa che lo slogan ‘dal fiume al mare’ riecheggia l’articolo venti della Carta di Hamas, che invoca, tra le altre cose, la distruzione dello stato ebraico? Non ha sentito Ghazi Ahmad, membro dell’ufficio politico di Hamas, dichiarare il 23 ottobre 2023 che ‘Israele è un paese che non ha posto sul nostro suolo’, prima di concludere, in modo che non ci siano ambiguità: ‘dobbiamo eliminare questo paese’?”.
L’antisemitismo era presente ben prima del 7 ottobre all’interno del magma ideologico che chiamiamo “woke”. “Attraverso questa griglia di lettura manichea, basata sulla coppia ampiamente anacronistica del ‘dominato’ contro il ‘dominante’, in altre parole del ‘bianco’ contro il ‘razzializzato’, del ‘povero’ contro il ‘capitalista’, ecc. ; una griglia di lettura creata dalla sociologia negli anni Settanta e guidata da Alain Bourdieu, ‘l’ebreo’ è stato rapidamente espulso dal campo delle ‘vittime’ per occupare il posto del ‘super-dominante’, del ‘super bianco’, riattivando tutta la fantasmagoria antisemita della sinistra della Belle Époque o del negazionismo degli anni Ottanta”. Non si marcia più al passo dell’oca, ma “dal fiume al mare” e infilando perline nei braccialetti dell’amicizia tra i popoli.