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Decreti esecutivi

Trump taglia gli aiuti umanitari internazionali in nome della sburocratizzazione

Matteo Muzio

Il tycoon ha sospeso per novanta giorni l'attività dell'agenzia federale che gestisce gli aiuti alla cooperazione e allo sviluppo nel resto del mondo, congelando le operazioni già attive (tranne quelle verso Israele ed Egitto). L'obiettivo potrebbe essere un'operazione di spoil system e il possibile ampliamento dei poteri presidenziali

Lo aveva detto ripetutamente in campagna elettorale: Donald Trump aveva un piano particolareggiato già pronto per cambiare radicalmente la burocrazia federale. A finire nel mirino della valanga di decreti esecutivi emanati dal presidente nella prima settimana è anche una delle agenzie federali meno note al grande pubblica: la Us Agency for International Development (UsAid), l’ente che gestisce gli aiuti alla cooperazione e allo sviluppo nel resto del mondo. Creata nel 1961 da John Fitzgerald Kennedy, negli anni ha funzionato come strumento del soft power statunitense, contrapposto ai numerosi interventi militari che raramente hanno goduto di buona stampa. Il neopresidente però ha deciso di sospendere per novanta giorni tutti gli aiuti esteri, fermando anche le operazioni già attive. Uniche eccezioni: gli aiuti di natura militare destinati a Israele e all’Egitto, come rivelato da un memo visionato dall’agenzia Reuters.

Nessun’altra esenzione, per ora. Anzi, si dice che finché “non si verificherà che ogni singola operazione sia allineata agli obiettivi di politica estera americana”. Tra i programmi congelati, anche quelli riguardanti l’Ucraina, così come gli aiuti alimentari e medici destinati alla Striscia di Gaza, alla Siria e al Sudan. Molti di questi sono considerati salvavita e alcune analisi parlano di migliaia di vite umane in ballo almeno finché, come si legge nella nota già citata, verrà presa una “decisione se continuare, modificare o chiudere tutti i programmi”. Il memo minaccia anche azioni disciplinari per quello che appare come un ordine potenzialmente illegale, dato che è quasi certo che ci saranno dei ricorsi sul provvedimento. 

Per quantificare le risorse di cui si sta parlando, nel 2023 sono stati erogati aiuti materiali ed economici per 72 miliardi di dollari. Sul totale delle operazioni umanitarie, una stima delle Nazioni Unite afferma che nel 2024 la quota statunitense è stata del 42 per cento, un’enormità. Per evitare quanto successo nel 2017, quando i dipendenti di diverse agenzie fecero ostruzionismo nei confronti di ordini altrettanto controversi, sono previste delle sanzioni non meglio specificate per chi si rifiuterà di fare come indicato. Ad aggiungere ulteriori difficoltà, il fatto che a guidare l’UsAid dallo scorso 20 gennaio c’è un quasi totale sconosciuto, Jason Gray, un manager nominato da Biden nel 2022 quale Cio e che ora si ritrova in un ruolo ben più ampio delle sue effettive competenze. 

Oltre alle analisi di cause ed effetti, occorre analizzare cosa in realtà voglia ottenere Trump. Uno dei punti del programma neotrumpiano vantato da alcuni lealisti come il vicepresidente J.D. Vance, è quello di sostituire gli impiegati delle agenzie federali con lealisti all’agenda trumpiana, come si faceva nel governo statunitense nella seconda metà dell’Ottocento, la pratica che sarebbe stata resa nota come spoil system e che aveva portato decine di militanti politici a occupare cariche non avendo le competenze per gestirle. Questo metodo provocò anche gravi episodi di corruzione, fino alla riforma meritocratica del Pendleton Act nel 1883, che istituì le selezioni pubbliche. Difficile immaginare cosa potrebbe accadere con agenzie che sono ben più strutturate di quelle embrionali di allora. C’è però anche un altro punto particolarmente sinistro da tenere presente: siccome molti programmi congelati sono stati approvati dal Congresso, potremmo essere alla vigilia di un ulteriore ampliamento dei poteri presidenziali.

Questa almeno è la teoria portata avanti da Russell Vought, uno dei più controversi collaboratori di Trump, già alla guida dell’Ufficio management e budget nel suo primo mandato e confermato anche per questo nuovo quadriennio. Vought è uno degli autori più importanti del discusso Project 2025, il corposo vademecum per la nuova presidenza stilato dall’Heritage Foundation e da altri think tank d’area, dove, oltre a incentivare un lento esodo dei burocrati di carriera, si propone di assegnare alla presidenza ulteriori poteri di spesa, che hanno l’ultima parola su quello che è stato deciso dal Congresso, anche di sospendere stanziamenti già operativi. E questo è proprio ciò che sta avvenendo con l’UsAid, in barba ai dinieghi di Trump in campagna elettorale, quando diceva di non aver niente a che fare con i punti stilati dal Project 2025.