(LaPresse)

Ferrovie e nazionalizzazioni in Gran Bretagna

Francesco Ramella

Il bilancio della privatizzazione in Regno Unito non sembra essere così negativo, in base ai dato riguardo la sicurezza, i prezzi dei servizi e le condizioni per alcuni gestori

La privatizzazione delle ferrovie britanniche si è rilevata, a giudizio pressoché unanime, un fallimento senza se e senza ma. Inevitabile, dunque, l’inversione di marcia e la rinazionalizzazione dell’intero settore voluta soprattutto dal partito laburista ma non osteggiata neppure dai conservatori. Tre sono i principali capi di imputazione della riforma attuata a metà degli anni ’90 del secolo scorso: il degrado della sicurezza, gli elevati prezzi dei servizi e le condizioni prossime al fallimento per alcuni dei gestori.


Sicurezza

Con riferimento alla sicurezza viene spesso citato l’incidente accaduto nel 1999 a Ladbroke Grove dove persero la vita 31 persone. Un evento senza dubbio gravissimo ma non unico in Europa. Sulle reti pubbliche degli altri paesi ve ne sono stati di analoghi e finanche peggiori: nel 1998 a Eschede, in Germania, persero la vita 101 persone, a Santiago de Compostela nel 2013 vi furono 80 vittime, 32 persone sono morte nell’incidente di Viareggio nel 2009, 33 a Siofok, in Ungheria, nel 2003 e 41 a Tempi, in Grecia, nel 2023. Se si analizza con obiettività e non facendo cherry-picking l’evoluzione della sicurezza delle ferrovie inglesi si scopre come in ciascuno degli anni successivi alla privatizzazione il numero di incidenti mortali rapportato al traffico complessivo è risultato essere inferiore a quello che sarebbe stato prevedibile ipotizzando che il trend di evoluzione del fenomeno in atto prima della riforma fosse rimasto inalterato. E, in base alla più recente statistica pubblicata dall’European Union Agency for Railways, il tasso di mortalità delle ferrovie britanniche tra il 2011 e il 2021 è risultato tra i più bassi in Europa e inferiore a quello di tutti i maggiori paesi.


Domanda e qualità dei servizi

Nel 1994 la domanda soddisfatta dalle ferrovie britanniche era pari a 36 miliardi di passeggeri-km, valore pressoché identico a quello di mezzo secolo prima. Dopo la privatizzazione essa è cresciuta del 125 per cento, più che in ogni altro Paese europeo. In Italia, nello stesso arco di tempo, l’aumento è risultato pari al 21 per cento. Tale crescita della domanda è stata conseguita in presenza di una progressiva riduzione dei sussidi pubblici alle imprese ferroviarie: nel decennio precedente al Covid, le imprese ferroviarie hanno addirittura pagato premi al governo superiori alle sovvenzioni ricevute per un ammontare complessivo pari a circa 2 miliardi di sterline. In Italia i costi operativi dei servizi ferroviari regionali sono per circa due terzi coperti da sussidi pubblici. Inoltre, in base ai dati di Eurobarometro, il Regno Unito si pone al sesto posto in Europa quanto a soddisfazione della popolazione per il sistema ferroviario, con un indice superiore a quello di tutti gli altri maggiori paesi.


Efficienza e rinazionalizzazione

Dunque: più sicurezza, molti più utenti mediamente più soddisfatti che negli altri paesi europei. Il quadro complessivo non pare essere poi così negativo. Una critica che può essere mossa al processo di privatizzazione è quella relativa ai costi di produzione che, al contrario di quanto accaduto con la deregolamentazione del trasporto collettivo locale, non sono stati significativamente ridotti. Potrebbero esserlo con la rinazionalizzazione delle imprese? Difficile ipotizzarlo considerato che verrà meno in questo modo il vincolo di bilancio. Il fatto che non vi sia da parte pubblica soverchia attenzione ai costi sembra evidente se si prende in esame l’evoluzione dei costi di realizzazione della linea ad alta velocità tra Londra e Birmingham: dai 33 miliardi ipotizzati nel 2012 si è già arrivati – analogamente a quanto accaduto in Italia – al doppio e probabilmente il consuntivo sarà ancora peggiore. Di fronte alle difficoltà finanziarie di alcuni dei gestori, invece del salvataggio pubblico, sarebbe stata preferibile l’indizione di nuove gare per l’affidamento delle concessioni. L’eventualità del fallimento dei soggetti meno efficienti non è un limite ma piuttosto un requisito essenziale di una regolazione del mercato ben funzionante. In caso di proprietà pubblica tale requisito viene meno e a pagare il conto dell’inefficienza non potranno che essere i contribuenti.

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