Gestire Trump
La Danimarca sceglie la strategia quieta per tenersi la Groenlandia
Il premier danese Mette Frederiksen si sta coordinando con l’Unione europea e la Nato per adottare una strategia comune e calma nei confronti di Donald Trump
State quieti, non cercate lo scontro, non mettetevi a rispondere come ha fatto il presidente colombiano, altrimenti va a finire nello stesso modo: male. Secondo le fonti del Financial Times, Mette Frederiksen, premier della Danimarca, si sta coordinando con l’Unione europea e la Nato per adottare una strategia comune e calma nei confronti di Donald Trump e la sua strategia di minacciare dazi su questioni che con il commercio hanno poco a che fare, come la Groenlandia. Prima che ci fosse lo scontro con la Colombia sui voli dei rimpatri degli immigrati e prima che lo sventurato presidente colombiano Gustavo Petro rispondesse con minacce che non poteva mantenere, Trump aveva minacciato con i dazi Canada e Messico perché smettessero di introdurre migranti e droga negli Stati Uniti. Comincio subito, dal primo febbraio, ha detto il presidente americano, ma la risposta è stata pacata, il Messico ha accolto gli aerei degli immigrati rimpatriati e il Canada rappresenta già di per sé un punto per Trump, che non era ancora insediato alla Casa Bianca ma aveva già fatto cadere con le sue minacce l’odiato premier Justin Trudeau, definito con sprezzo “il governatore”, come se il Canada fosse uno stato americano.
Con la Groenlandia però l’ossessione è diversa, più persistente, non soltanto perché Trump continua a ribadire la sua ambizione espansionistica e a minacciare dazi, ma anche perché si rifiuta di levare tra le opzioni di conquista i mezzi militari, cioè: il presidente degli Stati Uniti è pronto a invadere un paese legato alla Danimarca, che è un’alleata della Nato. Sembra che Trump lo abbia ribadito nella conversazione telefonica con Mette Frederiksen, quarantacinque minuti su cui si stanno ammonticchiando pettegolezzi leggendari ma che in estrema sintesi possono essere definiti disastrosi. L’ufficio della premier danese ha disconosciuto le ricostruzioni uscite sui media, ma non ha potuto dire nemmeno che sia stato uno scambio positivo (cosa che non sarebbe una grande garanzia: Trudeau è andato a Mar-a-Lago da Trump, si è fatto fotografare sorridente, ha dichiarato che erano stati fatti passi avanti e che si sentiva molto più rassicurato e dopo nemmeno un mese si era dimesso).
In ogni caso, il governo danese è entrato in “modalità crisi”, ha stanziato un miliardo e mezzo di euro per aumentare la sicurezza della Groenlandia, che comprendono due navi, due droni, l’allargamento dell’aeroporto per far atterrare gli F-35 e due pattuglie di cani da slitta – questi ultimi sono naturalmente diventati oggetto dello scherno di Trump: “Penso che la Groenlandia – ha detto domenica sull’Air Force One – sia una questione che ha a che fare con la libertà. Non ha niente a che fare con gli Stati Uniti se non fosse che noi siamo gli unici che possono garantirle questa libertà. La Danimarca non può, ha piazzato due cani da slitta e pensa così che la Groenlandia sia protetta”.
La premier danese si trova nella situazione in cui sono tutti quelli che devono opporsi a Trump: rispondere colpo su colpo o cercare un modo alternativo, più soft ma più efficace, per attutire gli attacchi? Fino al caso del fine settimana con la Colombia, molti consigliavano a Frederiksen di contrattaccare, di aumentare la presenza nell’Artico, di dialogare con il governo groenlandese per intensificare i rapporti e anche la protezione – c’è una base americana e c’è un presidio militare danese.
Ma ora invece sembra prevalere un “voto del silenzio”. Frederiksen ha iniziato un tour diplomatico in Svezia e Finlandia nel fine settimana, e da ieri è in viaggio tra Berlino, Parigi e Bruxelles. “Un basso profilo sembra la soluzione più sicura con Trump, nella speranza che si distragga con qualcos’altro”, ha detto un funzionario europeo al Financial Times. La consegna del silenzio è arrivata dalla stessa Frederiksen, che assieme all’Ue e alla Nato ha deciso di non fare dichiarazioni pubbliche se non ripetere che la Groenlandia non è in vendita. Mark Rutte, segretario generale della Nato, ha detto “che questa questione non c’entra con chi guida o controlla la Groenlandia, ma si tratta di far sì che l’Artico resti in sicurezza”, cioè che non diventi terra di conquista di Russia e Cina. Anche l’Alto rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas, ha detto che non c’è un negoziato sulla Groenlandia, ma soltanto un sostegno alla Danimarca da parte dell’Ue. Si vuole evitare lo scontro, intanto si sta rafforzando la partnership con Nuuk per l’estrazione dei minerali e per l’energia: l’approccio collaborativo è una buona notizia anche per la Groenlandia, che si lamenta spesso dei suoi rapporti con la Danimarca. Quel che è importante, dicono i consiglieri di Frederiksen, è che si sia fermi e rispettosi: alzare la voce con Trump non conviene, almeno per ora.