Il capo della polizia giudiziaria libica, Almasri (foto Ansa)

il picco degli sbarchi

No, il caso Almasri non è un pull factor per i migranti

Luca Gambardella

Raddoppiano gli arrivi sulle coste italiane ma non si tratta di una ritorsione per l'arresto del generale libico. Un report confidenziale svela i motivi dell'aumento delle partenze. Il capo di Eubam in Libia atteso in Italia

Fra il caso del generale libico Almasri e l’aumento degli sbarchi dei migranti nell’ultima settimana sulle coste siciliane non c’è una correlazione e la conferma è in un report riservato dell’Ue che il Foglio ha consultato. Sebbene il numero degli arrivi nel mese di gennaio sia più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo di un anno prima, sono le condizioni meteorologiche, come sempre, a scandire i flussi dei migranti dalle coste nordafricane. Dopo che il ciclone Gabri ha colpito il Mediterraneo centrale, le partenze sono ricominciate con il primo mare calmo. 

 

Tuttavia,  molti in Italia hanno collegato la tempistica dell’arresto del capo della polizia penitenziaria libica all’aumento delle partenze dei migranti. A partire dall’arresto di Almasri, il 19 gennaio, i dati del Viminale hanno registrato quasi tremila persone sbarcate in Italia. Il picco della partenze, che  sembra essersi già esaurito in questi ultimi giorni, ha interessato la regione occidentale della Libia, quella di Zuwara, al confine con la Tunisia. Qui è in corso una guerra tra le milizie locali e il governo centrale, che tenta di smantellare i traffici delle tribù, al solo fine di insediare i propri. Ma lungo la costa, da Zawiya al valico di frontiera con la Tunisia, quello di Ras Ajdir, la milizia di Almasri, la Rada, non gioca alcun ruolo nelle partenze dei migranti o almeno non esistono prove di un suo coinvolgimento nel traffico di esseri umani.

Il centro delle partenze dei migranti che da un anno preoccupa l’Italia e l’Europa è Abu Kammash, una località berbera alla frontiera tunisina, 18 chilometri a sud-est di Ras Ajdir. Molti dei migranti partiti negli ultimi giorni sono salpati da lì. “La geografia delle partenze sta cambiando – spiega una fonte diplomatica al Foglio – e questo dimostra che non esiste alcuna correlazione tra il picco di arrivi e il caso Almasri”, perché la maggioranza dei migranti parte da altri luoghi e per mano di criminali spesso ostili a Tripoli. Lo spostamento dell’epicentro delle partenze ad Abu Kammash è stato innescato dall’offensiva del governo in quell’area contro le tribù berbere che gestiscono i traffici di uomini, droga e armi. Se queste tribù sono tornate al business dei migranti, “il motivo è il recente passaggio del controllo del valico di Ras Ajdir dalle milizie locali al ministero dell’Interno di Tripoli – spiega un report europeo riservato – Questo ha privato le milizie di Zuwara della loro principale fonte di reddito, che era la gestione del valico, spingendole a tornare al traffico di esseri umani”. Da qui partono “siriani, egiziani, algerini, pachistani. I prezzi vanno dai 2 ai 6 mila dollari”, dice il report. Due sono i responsabili del traffico: “Mohamed al Kahwaji (aka Hajj Ibrahim) e Nabil al Dawakh (aka Mohamed Issa), entrambi di Zuwara”. Nessuno dei due risulta coinvolto con le autorità libiche, men che meno con Almasri e la Rada.

L’offensiva del governo nell’ovest della Libia è sotto la responsabilità del ministro dell’Interno, Emad Trabelsi, considerato l’uomo dell’Italia in Libia nella gestione del dossier immigrazione. E’ però noto per le accuse mosse nei suoi confronti da Stati Uniti e Nazioni Unite per il suo coinvolgimento nel traffico di gasolio, con un sistema di tangenti che gli ha permesso di arricchirsi e guadagnare status. A luglio dello scorso anno, Trabelsi ha riconquistato il valico di Ras Ajdir e il sospetto diffuso in Libia è che la sua volontà sia quella di imporre la propria legge e i propri personalissimi traffici al posto di quelli delle tribù. Per farlo, si avvale delle forze di Salah al Namroush, comandante della Regione militare della costa occidentale e molto vicino alla Turchia, che assicura addestramento e armi. La dimostrazione è arrivata pochi giorni fa, quando un drone Akinci, di fabbricazione turca, è caduto vicino a el Ajilat, una trentina di chilometri a est di Zuwara. Non è chiaro se si sia trattato di un guasto e o se sia stato abbattuto, quel che è certo è che il drone era impiegato dalle forze del governo per combattere i trafficanti a ovest di Tripoli. 

Sono queste le dinamiche che hanno innescato un nuovo picco di partenze dei migranti, non una ritorsione per il caso Almasri. Tuttavia, il governo italiano resta preoccupato. Lo dimostra la visita in programma lunedì a Roma di Jan Vycital, il direttore dell’agenzia europea Eubam in Libia, che si occupa di sostenere le forze di polizia locali per il controllo delle frontiere. Il funzionario europeo farà tappa al Viminale, alla Farnesina e all’Agenzia delle dogane, in quella che è considerata una visita irrituale per un capo missione, ma resa urgente dal contesto libico in evoluzione. Nel giugno scorso, Vycital era stato accusato di scarsa perizia nella gestione dell’agenzia, oltre che di abusi ai danni di alcune dipendenti. L’Ue aveva aperto un’indagine interna che non ha confermato le denunce.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.