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La riunione informale

È arrivato il momento della verità dell'Ue sulla difesa (presenti pure Rutte e Starmer). C'è un guaio con i soldi

David Carretta

Dalla pace in Ucraina imposta alle condizioni di Putin alle minacce di Trump su Groenlandia e dazi. Lunedì i capi di stato e di governo dell’Unione europea saranno costretti a discutere seriamente la difesa dell’Europa. Il momento delle decisioni sarà a giugno, ma il tema dei finanziamenti rimane complicato

Bruxelles. A quasi tre anni dall’inizio della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, a causa del ritorno di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti, i capi di stato e di governo dell’Unione europea sono costretti a discutere seriamente la difesa dell’Europa. Il presidente del Consiglio europeo, António Costa, li ha convocati lunedì per un “ritiro”, una riunione informale nella quale non saranno adottate conclusioni, ma che servirà a discutere apertamente dei temi più difficili. Il momento delle decisioni sarà a giugno. La presenza al “ritiro” del segretario generale della Nato, Mark Rutte, e del premier britannico, Keir Starmer, dimostra l’importanza della posta in gioco per la sicurezza dell’Europa.

 

                          

 

Cosa fare se il presidente americano sceglierà di imporre una pace all’Ucraina alle condizioni di Vladimir Putin? Come reagire se Trump insisterà per prendersi la Groenlandia? Come assicurare la difesa dell’Europa in modo autonomo se gli Stati Uniti si disimpegneranno dalla Nato? Come rispondere alla richiesta di portare la spesa per la difesa al 5 per cento del pil? Nella lettera di invito agli altri leader, António Costa ha fissato due princìpi: “L’Europa deve assumersi una responsabilità più grande per la sua difesa” e “abbiamo un interesse comune a cooperare più strettamente a livello europeo”. Il problema più grande rimane quello dei soldi necessari ad assicurare la difesa dell’Europa.

Per molti aspetti, la discussione più semplice lunedì sarà su Trump. Gli europei continuano a sperare che il presidente americano non metta in atto le minacce sulla Groenlandia o sui dazi e sono felicemente sorpresi dalla sua attitudine nei confronti dell’Ucraina. Il dibattito sulla difesa sarà molto più complicato. Dopo tre anni di guerra, gli europei hanno aumentato la spesa militare, ma non a sufficienza per stare al passo del conflitto in Ucraina e far fronte alla minaccia della Russia. Al “ritiro” i leader prima parleranno delle capacità militari di cui c’è bisogno, e solo poi dei soldi e dove trovarli. Su entrambi i temi, malgrado alcuni spostamenti di posizione, le storiche divergenze permangono. La difesa rimane una competenza nazionale. Sono i governi nazionali a decidere come allocare le risorse dei loro bilanci. La Commissione può occuparsi unicamente di industria della difesa. Ventiquattro stati membri dell’Ue sono anche membri della Nato (tre sono neutrali) e uno (la Francia) vorrebbe una difesa europea autonoma dentro l’Alleanza.

Sulle capacità militari c’è un consenso su alcune priorità comuni da finanziare almeno in parte a livello di Ue: droni e sistemi anti droni, missili e difesa missilistica, spazio, cyber e guerra elettronica. Ma la Polonia chiede di finanziare anche le infrastrutture che sta costruendo alla frontiera con Russia e Bielorussia (il cosiddetto “Scudo orientale”), che servono a difendere tutta l’Europa da un’invasione russa di terra. I Paesi Bassi hanno come priorità la difesa marittima e i sistemi anti aerei per i grandi porti. Chi decide le priorità sulle capacità? “Non tocca alla Commissione presentare delle liste”, spiega un funzionario di un paese tradizionalmente atlantista.

“La Nato definirà solo in giugno quali sono le capacità militari aggiuntive necessarie. Vogliamo evitare una lista di capacità dell’Ue non coerente con quella prodotta della Nato”, aggiunge il funzionario. E dove comprare le armi di cui gli europei hanno bisogno. La Francia vuole un “buy european” per sviluppare l’industria della difesa e diventare autonomi dagli Stati Uniti. “Perpetuare le nostre dipendenze strategiche, non ha senso”, spiegano i francesi. Secondo la Polonia, invece, ci vuole troppo tempo per sviluppare l’industria europea, c’è urgenza e non ci si deve chiudere alla cooperazione con Stati Uniti, Corea del sud e Regno Unito.

Il tema dei soldi è ancor più complicato. A marzo la Commissione dovrebbe presentare le sue proposte sui finanziamenti in un libro bianco sulla difesa. Ad aprile ne discuteranno i ministri delle Finanze a un’Ecofin informale a Varsavia. Dopo la rielezione di Trump e la richiesta del 5 per cento del pil per la difesa, tutte le possibilità vengono esplorate: maggiori fondi del bilancio dell’Ue, prestiti della Banca europea degli investimenti all’industria militare, strumenti di debito comune come NextGenerationEu o special purpose vehicle come il Meccanismo europeo di stabilità. “La direzione di viaggio è chiara. Ci deve essere e ci sarà più spesa”, spiega un funzionario dell’Ue, constatando “un’evoluzione” di alcuni paesi frugali. La Danimarca per la prima volta è aperta al debito comune. La Finlandia anche, a condizione che finanzi la difesa sul fianco orientale. I Baltici e la Polonia sono favorevoli. Ma la Germania in campagna elettorale rimane contraria e i Paesi Bassi si oppongono apertamente. “L’Olanda ha un contratto con una società francese per quattro sottomarini, che serviranno per la sicurezza del Mare del nord e dunque dell’Europa. Ma non manda il conto alla Commissione”, spiega un diplomatico. 

Rutte e l’Alto rappresentante, Kaja Kallas promuovono un discorso di sacrifici nazionali. “I paesi europei spendono facilmente fino a un quarto del loro pil su pensioni, sanità e sistemi di sicurezza sociale. Abbiamo bisogno solo di una frazione di quel denaro per rendere la difesa molto più forte”, ha detto il segretario generale della Nato. “Spendiamo miliardi per le nostre scuole, la sanità e il welfare. Ma se non investiamo di più nella difesa, tutto questo è a rischio”,  gli ha fatto eco Kallas. Per Italia e Spagna, che non riescono a raggiungere il 2 per cento del pil, è politicamente impossibile. “Non possiamo impegnarci per cifre che sono insostenibili”, spiega al Foglio il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares. Il presidente del Consiglio europeo Costa ritiene che “non sia utile” lanciare appelli a tagliare la spesa sociale per finanziare la difesa. Anche Volodymyr Zelensky ha criticato Rutte e Kallas. “Non c’è bisogno di giocare con le emozioni delle persone dicendo che la difesa dovrebbe essere compensata a spese delle medicine o delle pensioni o di qualcos’altro – questo non è davvero giusto”, ha detto il presidente ucraino a Davos. 

L’Italia chiede di rivedere le regole del Patto di stabilità e crescita appena modificate. Francia, Spagna e Polonia sono a favore. Germania e Paesi Bassi sono contrari. Ma il problema non è la politica o una procedura per deficit: sono i mercati che alla fine decidono se i bilanci nazionali e i debiti pubblici sono sostenibili. “La spesa per la difesa è spesa”, ricorda una fonte dell’Eurogruppo. “Visto ciò che accade a est e a ovest” non bastano una tantum “per rispondere a choc”, come il piano di ripresa post pandemia NextGenerationEU. L’aumento della spesa per la difesa, che sia al 2 o al 5 per cento, “sarà un costo di bilancio permanente” e deve essere affrontato “in un modo che non mini la sostenibilità”, spiega la fonte dell’Eurogruppo.