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Flessibilità necessaria

Von der Leyen apre a nuove soluzioni per aumentare le spese della difesa

David Carretta

Un debito comune per la difesa europea è ancora lontano. Ma la flessibilità del nuovo Patto di stabilità deve fare i conti con lo scetticismo dei mercati, che rischiano di considerare insostenibili i debiti di alcuni paesi a prescindere dalle regole o dalle ragioni che li fanno salire

Bruxelles. Il Patto di stabilità non deve essere un ostacolo all’aumento della spesa per la difesa nell’Ue e Ursula von der Leyen ha assicurato che userà tutta la flessibilità delle nuove regole di bilancio per permettere ai governi di investire. Ma l’annuncio è stato accolto con scetticismo. Un accordo su uno strumento di debito comune per la difesa è ancora lontano. I paesi ad alto debito devono rassicurare più i mercati che l’Ue sulla sostenibilità dei conti pubblici, difficilmente compatibile con un incremento imponente della spesa militare senza tagli altrove

 

         

Il ritiro informale dei capi di stato e di governo di lunedì era stato convocato dal presidente del Consiglio europeo, António Costa, per dare una scossa al dibattito eterno su come finanziare la difesa europea. La guerra in Ucraina, la minaccia della Russia, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la richiesta del presidente americano di spendere il 5 per cento del pil nella difesa non permettono più di aspettare. “Ora è arrivato il momento di fare scelte e prendere decisioni”, ha detto Costa. Diversi leader hanno chiesto quelle che Costa ha definito “opzioni comuni addizionali e più innovative”. Tradotto: strumenti di debito comune. Per alcuni frugali non è più tabù. Finlandia, Danimarca e paesi baltici si sono detti favorevoli.

 

Ma Germania e Paesi Bassi rimangono contrari. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in campagna elettorale, ha escluso esplicitamente il debito dell’Ue. “Continueremo a lavorare”, ha assicurato Costa. In mancanza di meglio, i leader hanno dato il via libera a usare gli strumenti abituali a cui l’Ue ricorre quando è senza soldi: la Banca europea degli investimenti (Bei) e la flessibilità concessa ai governi dal Patto di stabilità e crescita. Nel 2015, per cercare di rilanciare l’economia dopo la crisi dell’euro, l’allora presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, aveva lanciato un piano di investimenti con la Bei e introdotto la “flessibilità” nel Patto di stabilità.

 

Dieci anni dopo è Ursula von der Leyen a presiedere la Commissione. Anche lei è contraria a nuovi strumenti di debito comune. Ma “c’è grande urgenza di aumentare la spesa per la difesa”, ha riconosciuto von der Leyen lunedì. “Sono pronta a esplorare e usare tutta la serie di flessibilità che abbiamo nel nuovo Patto di stabilità e crescita per permettere un aumento significativo nella spesa per la difesa”, ha detto. “In tempi straordinari è possibile avere misure straordinarie. E penso che viviamo in tempi straordinari”. Von der Leyen non ha fornito dettagli, ma ha assicurato che “questo darà molto più spazio fiscale per aumentare la spesa sulla difesa a livello nazionale”. La proposta dovrebbe arrivare a marzo con il Libro bianco sulla difesa della Commissione. Il nuovo Patto di stabilità prevede già un trattamento a parte per la difesa. Pur non essendo una “golden rule” (cioè l’esclusione delle spese militari dal deficit) i governi non sono puniti se investono di più. La spesa per la difesa aggiuntiva è considerata un “fattore rilevante attenuante” che consente alla Commissione di non aprire la procedura per deficit eccessivo o di non sanzionare un paese che devia dagli obiettivi di bilancio.

 

La Polonia, che spende quasi il 5 per cento del pil per la difesa e si è vista aprire una procedura per deficit eccessiva a novembre, ha particolarmente insistito per ottenere la flessibilità. Uno degli argomenti usati dall’Italia per giustificare il mancato raggiungimento del 2 per cento prescritto dalla Nato sono le regole del Patto di stabilità. Lunedì il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha detto che gli sforzi dell’Italia in materia di sicurezza e difesa vanno al di là delle spese contabilizzate dalla Nato (1,49 per cento del pil), perché dovrebbero includere le risorse destinate al controllo delle frontiere. Alcuni hanno interpretato le parole di Meloni come una richiesta preventiva per ottenere la flessibilità di von der Leyen anche per le politiche migratorie. La flessibilità sulla difesa deve fare i conti con i mercati, che rischiano di considerare insostenibili i debiti di alcuni paesi a prescindere dalle regole o dalle ragioni che li fanno salire. “La spesa per la difesa è spesa”, ricorda una fonte dell’Eurogruppo. Con la minaccia russa e il disimpegno americano dall’Europa, “sarà un costo di bilancio permanente” e “non deve danneggiare la sostenibilità” dei conti pubblici, spiega la fonte.