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La risposta

I canali alternativi a Panama, a partire dal Brasile, per via di Trump

Maurizio Stefanini

Dalle Isole-Guyana all'Amazzonia, passando per Quadrante Rondon, Bioceanica del Capricorno e l'itinerario Porto Alegre-Coquimbo: cinque possibili vie di accesso all'interno del programma “Rotte di integrazione sudamericana”, partito ben prima dell'elezione del tycoon

Per rispondere a Donald Trump, il Brasile vuole creare una specie di canale di Panama alternativo attraverso l’Amazzonia, fino al nuovo grande porto costruito dai cinesi a Chancay, in Perù. Simone Tebet, già candidata centrista arrivata terza alle presidenziali del 2022 e ora ministro della Pianificazione e del Bilancio sotto il governo del presidente Luiz Inacio Lula da Silva, ha spiegato alla Folha di San Paolo che la prima rotta che collegherà il Brasile al porto peruviano sarà pienamente operativa a metà giugno.

In effetti, di una quantità di possibili “canali alternativi” si era parlato all’inizio del millennio, a causa della crescente incapacità di quello di Panama di smaltire il traffico. Alcuni di questi progetti erano dei doppioni del canale di Panama, in particolare, quello del Nicaragua. Nel 2006 il governo panamense lanciò un progetto che tra il 2010 e il 2016 ha raddoppiato la portata del canale, spendendoci metà del pil panamense. Pur rispondendo alle mire espansionistiche di Trump che la sovranità non si tocca, il governo di Panama ha  prima fatto partire una inchiesta sulla società di Hong Kong che gestisce i porti alle estremità del canale e poi ha annullato un trattato con Pechino che inseriva il paese nello schema della nuova Via della Seta. Questo è bastato al segretario di stato americano, Marco Rubio, dopo la sua visita a Panama, per dichiararsi soddisfatto.

 

                                 

 

Sul fatto che le tariffe erano rincarate, Trump ha ragione. Non per far dispetto a Washington, ma per problemi di siccità che  segnalano il fatto che una certa fragilità di quella strettoia resta. Per questo il Brasile e altri paesi avevano già iniziato a ridiscutere possibili alternative, è già dal 2023 era partito un programma dal nome “Rotte di integrazione sudamericana” che prevede cinque rotte di accesso ai paesi confinanti con il Brasile. La rotta numero 1 sarebbe la Isole-Guyana: stati brasiliani di Amapá, Roraima, Amazonas, Pará, Guyana Francese, Suriname, Guyana e Venezuela. La rotta numero 2 la Amazzonia: gli stessi stati più Colombia, Perù e Ecuador, La rotta numero 3 è la Quadrante Rondon: stati brasiliani di Acre, Rondônia, Mato Grosso, Bolivia e Perà. La rotta numero 4 è la Bioceanica del Capricorno: stati brasiliani di Mato Grosso do Sul, Paraná, Santa Catarina, Paraguay, Argentina e Cile. La rotta numero 5 è l’Itinerario Porto Alegre-Coquimbo: Rio Grande do Sul, Uruguay, Argentina e Cile. In questo momento la rotta più avanzata è la due: dalla metropoli brasiliana di Manaus si andrebbe dunque per il Rio delle Amazzoni fino al comune ecuadoriano di Puerto Providencia, dove si proseguirebbe poi in autostrada. Nell’idea originale, fino al porto ecuadoriano di Manta, ma lo scorso marzo il governo di Lima ha chiesto formalmente un collegamento con i porti peruviani di Chancay e Paita, e poi anche il governo colombiano ha chiesto di includere il porto di Tumaco.  

In particolare il porto di Chancay, a 70 da Lima, è stato costruito dalla compagnia statale cinese Cosco Shipping, con un investimento da 3,5 miliardi di dollari. Dopo un’inaugurazione simbolica nel novembre dello scorso anno, inizierà a funzionare  a partire da marzo e la Rotta per arrivarci dal Brasile si attiverà due mesi dopo. “Quest’anno le rotte in Sud America saranno al centro dell’attenzione, dimostrando l’importanza di avere strategie e nuove alternative di rotte in un mondo globalizzato che è attualmente minacciato da politiche più protezionistiche negli Stati Uniti”, ha detto la ministra Tebet.

“Già prima dell’elezione di Trump avevamo bisogno di una maggiore integrazione in America latina, non per ragioni ideologiche o perché è l’ordine naturale delle cose con i nostri fratelli sudamericani, ma perché tutti traggono vantaggio da questa storia e, oggi, dobbiamo accelerare questo processo”. Già da novembre dall’entourage trumpiano era arrivata la proposta di imporre su tutte le merci in transito per Chancay un dazio del 60 per cento. Ma le minacce su Panama sembrano ottenere un effetto opposto.