I lavori presso la base russa di Maatan as Sarra in Libia ripresi da Maxar Technologies

le foto satellitari

Il trasloco dei russi dalla Siria alla Libia procede spedito

Luca Gambardella

L’ampliamento di diverse basi in Cirenaica dimostra che gli uomini di Putin non sono mai stati così forti nel paese. Gli americani provano a convincere Haftar: "Rischi di fare la fine di Assad"

La flotta russa cacciata  dal porto di Tartus dal nuovo governo siriano vaga per il Mediterraneo alla ricerca di una nuova sistemazione. Lo scenario peggiore lasciava prefigurare che le navi, cariche di armi, munizioni e mezzi blindati,  facessero rotta sul porto di Tobruk, nella Libia orientale, avamposto naturale tra le alternative a disposizione dei russi. Ma a giudicare dalle immagini satellitari, per ora la flotta sembra stia navigando oltre, verso Gibilterra, da dove farà rotta verso Kaliningrad, cioè verso casa. “Stiamo monitorando. E’ ragionevole ritenere che la Russia cerchi altri sbocchi ed è ragionevole ritenere che uno di questi possa essere la Cirenaica”, aveva avvisato il mese scorso la premier Giorgia Meloni. Se la prospettiva di avere i russi in pianta stabile in un porto a poche  centinaia di chilometri dalle coste siciliane sembra per ora scongiurata, la cattiva notizia è che nell’entroterra libico le cose stanno andando diversamente. Da almeno un anno i russi hanno avviato un massiccio rafforzamento della propria presenza nel paese nordafricano e la caduta di Bashar el Assad a Damasco ha velocizzato il processo. 

Alla fine di gennaio, il nuovo governo siriano aveva comunicato al Cremlino la conclusione unilaterale dell’accordo concluso da Assad con la Stroytransgaz, un gigante delle infrastrutture controllato direttamente dal Cremlino che aveva ottenuto dal regime siriano la gestione del porto di Tartus per 49 anni. L’incontro di alcuni giorni dopo a Damasco tra il presidente Ahmed al Sharaa e una delegazione russa composta dal viceministro degli Esteri, Mikhail Bogdanov, e dall’inviato speciale Alexander Levrentyev, non ha portato a passi avanti nelle trattative. Sembra che Sharaa abbia chiesto il rimpatrio di Assad per poterlo processare, che i russi abbiano rifiutato e che questo abbia sancito la fine di ogni dialogo.

Per la prima volta dal 1971, i russi si ritrovano ora senza una base navale nel Mediterraneo. La carovana di navi russe partite da Tartus si trova in questi giorni a sud-ovest della Sardegna. E’ composta da due navi cargo, la Sparta e la Sparta II, oltre che da una nutrita scorta di navi militari. Il viaggio sembra procedere a rilento per alcuni problemi tecnici a bordo della Sparta. E’ il guaio di non avere porti dove potere attraccare, soprattutto se la flotta è particolarmente datata: ogni difficoltà deve essere risolta in mare e non sempre con successo, come è successo lo scorso dicembre con la nave russa Ursa Major, affondata nel Mediterraneo per un problema tecnico.  Un’altra nave cargo della flotta russa, la Sparta IV, naviga invece in direzione opposta, dal Mare del nord al Mediterraneo, probabilmente per partecipare al “trasloco” del contingente dalla Siria. 
Ma i russi non hanno scelta: devono fare i conti con il fatto che il passato non tornerà più e che difficilmente troveranno nel Mediterraneo un altro porto pronto a ospitarli e con gli stessi vantaggi che offriva Tartus. La vicinanza al canale di Suez, la protezione e i beni essenziali per mantenere operativo un porto militare che garantiva il regime di Assad sono un lontano ricordo. Così, se il Cremlino intende mantenere la sua influenza nel Sahel avrà necessariamente bisogno della Libia.

E’ per questo che almeno quattro basi aeree del paese nordafricano in queste settimane sono interessate da lavori di ampliamento. La prima di queste è la base di Maatan as Sarra, nel sud-est della Libia, nell’oasi di Kufra, affacciata sui confini con il Sudan e il Ciad. Le immagini raccolte da Maxar Technologies, una società americana che mette a disposizione foto satellitari ad alta risoluzione, mostrano chiaramente l’allargamento della pista e la costruzione di nuovi edifici. Non è ancora chiaro se Mataan as Sarra sia la base prescelta dal generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, da dare in piena concessione ai russi. L’osservazione del terreno dai satelliti mostra un’intensificazione dei lavori anche in un’altra base aerea, quella di al Khadim, circa 200 chilometri a est di Bengasi. I russi sono stanziati qui già da diverso tempo, ma ora l’esperto di Osint Mohamed Tailamun, il cui lavoro di osservazione è stato citato di recente nell’ultimo report degli esperti Onu sulla Libia, dice al Foglio che qualcosa di nuovo sta succedendo alla base. “Si tratta di demolire e allargare alcuni hangar. Un’attività che solitamente viene compiuta in previsione di trasferire nella base degli aerei più grandi. Lavori analoghi sono in corso anche in altre due basi, quella di Ghardabiya e quella di Jufra”. 

Ma oltre all’allargamento delle basi aeree, il tracciamento dei voli provenienti dalla Siria e dalla Bielorussia fa presumere che i russi stiano rafforzando il proprio contingente in Libia. Dall’8 dicembre scorso, giorno della caduta di Assad a Damasco, i siti di tracciamento aereo  hanno permesso di individuare almeno tre aerei cargo provenienti dalla Bielorussia e diretti a Bengasi. I voli sono operati dalla compagnia bielorussa Rada e sono iniziati subito dopo una visita fatta in Bielorussia lo scorso 11 ottobre dal figlio di Khalifa Haftar, Saddam, comandante della brigata Tariq Ben Zeyad. In alcuni casi, come quello registrato lo scorso 26 gennaio, l’aereo Ilyushin II-62 decollato da Minsk ha sorvolato anche lo spazio aereo turco. Un dettaglio che ha un significato particolare, secondo Jalel Harchaoui, esperto di Libia del think tank britannico Royal United Services Institute. “Vuol dire che la Turchia dà il suo benestare al rafforzamento dei russi in Libia. Anche in Siria, Recep Tayyip Erdogan non ha insistito affinché i russi lasciassero la base di Tartus. C’è un coordinamento tra i due paesi, che preferiscono preservare lo status quo anche in Libia. Il rafforzamento del contingente russo in Cirenaica non implica una escalation contro l’ovest sostenuto dai turchi, piuttosto è vero il contrario. E’ una politica realistica da parte di Mosca e Ankara”. Gli americani però non si danno per vinti e contano di convincere ancora Haftar a mollare i russi. John Brennan, vicecomandante di Africom, il comando del quadrante africano, tre giorni fa ha incontrato il generale libico a Bengasi. Fonti libiche riferiscono al Foglio che gli americani avrebbero chiesto di nuovo a Haftar di non fidarsi dei russi, che avrebbero già dimostrato con Assad di non essere un partner affidabile. Difficile però che il generale della Cirenaica abbia davvero la forza per poter negare aiuto a Mosca.  

Un dettaglio non di poco conto è che in Libia in teoria vige un embargo delle armi sancito dalle Nazioni Unite. “Di certo siamo preoccupati dalla situazione ma la monitoriamo con attenzione, anche grazie alla missione navale Sea Guardian”, dice al Foglio un funzionario di alto livello della Nato. Potrebbe non bastare, secondo Harchaoui:  “Oggi i russi sono più forti in Libia rispetto a due mesi fa. Se davvero si volesse impedire di avere i russi affacciati davanti alle coste della Sicilia, l’unica soluzione sarebbe assumere una posizione forte contro Haftar. Cosa che finora non ha voluto fare nessuno”. 

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.