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L'editoriale dell'elefantino

La terza via per Gaza 

Giuliano Ferrara

Oltre il Real Estate. Tra la follia impraticabile e lo status quo intollerabile una strada esiste

Hamas e i suoi mandanti e alleati, diciamo pure Hamas e il suo popolo, hanno perso la guerra. Non essendo uno stato sovrano, ma uno strumento ideologico nichilista che agita una bandiera nazionalista per colpire Israele nella sua stessa esistenza e solo così alimenta un mito patriottico e nazionalista, Hamas si è avvalsa dei morti civili palestinesi, che ha provocato e perseguito come “sangue per la causa”, e della presa di ostaggi, per condurre una guerra, alla vigilia di un esito per essa devastante e definitivo, a una tregua, che conveniva ai nuovi equilibri internazionali nel momento della successione tra Biden e Trump. Il governo e l’esercito israeliani hanno acconsentito nella speranza di riavere indietro i vivi e i morti della razzia umana, del pogrom,  e nella prospettiva di eliminare alfine con mezzi politici chiari, conseguenti a un esito militare e politico evidente su tutti i fronti, compreso quello iraniano, siriano, libanese, il dominio dei nichilisti islamisti e falsi nazionalisti palestinesi ai suoi confini.

 

                

 

A questo punto si erano create o stavano per crearsi le condizioni per affrontare il vero dossier, che è il nucleare iraniano, e il complementare problema di nuove alleanze statuali capaci di definire un concetto nuovo di pace armata in medio oriente (gli accordi di Abramo, famosi, e la loro estensione, unica novità politica significativa dopo la stagione di Oslo e dei due popoli e due stati, tramontata e poi seppellita dal 7 ottobre e dall’espansione del nichilismo in Cisgiordania).        

Ora con Trump si passa al Real Estate, che per quanto buffo, come sempre nella tragicomica trumpiana, e in questo caso anche macabro, è un rivelatore, una cartina di tornasole. L’unica cosa che non si può negare di questo colonialismo immobiliare, palazzinaro più che genocidario, è il classico “c’è del metodo in questa follia”. Perché non ha torto Paolo Giordano, quando si immerge con sgomento nell’apocalisse irrazionalistica di una storia cambiata sulla base del fake (e ogni cambiamento ha il suo versante peggiorativo, meglio Yalta e la matita divisoria del mondo), ma forse alla fine per capire che una litania dogmatica è impotente (due popoli due stati) una barzelletta surrealista (il waterbeach front di Gaza sur mer) può venire bene. E il circolo, se non viene coccolato e non diventa vizioso, può produrre, con un po’ di intelligenza e buona volontà, perfino una ipotesi di soluzione politico-militare ed economica opportuna, una terza via tra la follia impraticabile e lo status quo intollerabile.        

Che cosa mai impedisce a Macron, Starmer, Merz, Sánchez, Meloni, von der Leyen, e a Bin Salman, al Sisi, Abdallah II, ai qatarini (con riserva), agli emiratini, ai turchi, e perfino ai russi postsiriani e ai cinesi, voglio esagerare, di convocare e partecipare a una conferenza di pace insieme con, protagonisti assoluti anche al di fuori di una ownership turistico-coloniale, Usa e Israele? 

Bisogna dar credito alle proprie antipatie e io trovo antipatica la geopolitica, odioso lo spargere consigli e sconsigli a vanvera. Ma se la base della conferenza di pace fosse la posposizione della logica imbolsita due popoli e due stati, e il rinvio a tempi da determinarsi del progetto troppo chic della Riviera di Gaza, e il suo oggetto fosse la composizione di una forza multinazionale a guida americana in grado di escludere soggetti nichilistici dal quadro e condurre in porto la ricostruzione di Gaza, magari in costanza di popolo e con apertura al business internazionale, questo mandato e la sua esecuzione non sarebbero una terza via di quelle che agli europei piacciono per antonomasia e che Israele potrebbe non rifiutare, e che i sunniti grandi e piccoli potrebbero valorizzare? Di che discuteranno mai a Monaco se non di qualcosa di simile a questo, quindici anni di ricostruzione garantiti dalla comunità internazionale (Onu esclusa)?  
 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.