medio oriente

Tre ostaggi israeliani sono stati liberati

Micol Flammini

Le storie di Ohad Ben Ami, Or Levy, Eli Sharabi, i tre israeliani che hanno fatto ritorno dopo quattrocentonovantuno giorni di prigionia nelle mani di Hamas

Secondo gli accordi, Hamas dovrebbe comunicare i nomi degli ostaggi che libererà il giorno dopo entro le 16, ora israeliana. Ieri l’annuncio è arrivato con due ore di ritardo, i terroristi accusavano Israele di scarso impegno nell’attuazione del programma degli aiuti umanitari e giustificavano il loro ritardo come una ritorsione.  La tregua già fragile si è fatta ancora più delicata, ma alla fine questa mattina Hamas ha fatto uscire dalla prigionia dopo quattrocentonovantuno giorni di guerra Ohad Ben Ami, Or Levy, Eli Sharabi. 

 

Ben Ami era stato rapito dal kibbutz Be’eri assieme a sua moglie Raz, che ha fatto ritorno in Israele durante la tregua del novembre del 2023. Or Levy, invece, il 7 ottobre era andato al Supernova festival con sua moglie Einav, mentre loro figlio Almog era rimasto con i nonni. Quando la musica si è spezzata, come altri, Or e Einav si sono messi a correre alla ricerca di un rifugio: pensavano di doversi proteggere dai razzi, non dall’invasione di terroristi armati. La zona del kibbutz Re’eim dove si teneva il festival, come tutta l’area attorno alla Striscia (chiamata Otef Aza) è piena di migunit, i rifugi lungo la strada, perché i lanci di razzi, anche negli anni passati, non erano rari. Or e Einav sono entrati in un migunit con altri, il loro rifugio è stato soprannominato il “rifugio della morte”: i terroristi di Hamas si misero a lanciare granate dentro per uccidere tutti, ma Aner Shapira, uno dei ragazzi che era all’interno, riuscì per diverse volte a rimandare fuori gli ordigni prima che esplodessero, in un gioco salvifico che riuscì a tenere per qualche minuto i terroristi impegnati e  a strappare qualche sorriso nel momento del terrore. L’ultima granata è esplosa, Einav, la moglie di Or è morta, anche Aner è stato colpito, mentre il suo amico Hersh Goldberg Polin è rimasto gravemente ferito a una mano che poi gli venne amputata durante la prigionia. Or e Hersh sono stati portati a Gaza, Hersh è stato ucciso da Hamas questa estate, era tenuto prigioniero in un tunnel a Rafah, nel sud della Striscia. 

 

Il terzo ostaggio liberato è Eli Sharabi, anche lui del kibbutz Be’eri, dove viveva con sua moglie Lianne e le figlie. I terroristi hanno fatto irruzione nella sua casa mentre Eli era rinchiuso nel rifugio con la sua famiglia. Nella casa accanto, suo fratello Yossi stava vivendo la stessa paura. Lianne e le due figlie sono state uccise il 7 ottobre, Eli è stato rapito con Yossi, che è morto durante la prigionia. 

 

 Alcuni ostaggi che hanno fatto ritorno hanno raccontato di essere riusciti a seguire le notizie, erano informati della lotta per la loro liberazione. Altri invece vengono da quindici mesi di vuoto: non sanno cosa è successo in Israele, non sanno chi delle loro famiglie è sopravvissuto. Molti ritornano e ritrovano il vuoto, una casa distrutta, una famiglia uccisa. Oggi è stato pubblicato il primo comunicato di Yarden Bibas, liberato la scorsa settimana. Sua moglie Shiri e i suoi due figli sono ancora a Gaza, i terroristi gli hanno detto che sono morti, ma non hanno mostrato i loro corpi. I  nomi  dei Bibas compaiono nella lista degli ostaggi che verranno liberati in questa prima fase fragile, che anche oggi ha rischiato di essere sabotata. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)