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Antonio Costa (Ansa)
In Portogallo le clamorose inchieste, come quella che portò alle dimissioni del premier Costa, si sgonfiano
Dall'"Operazione influencer" a "TuttiFritti". Le operazioni giudiziarie con i nomi buffi e ricchi di appeal mediatico abbondano ancora a Lisbona. Ma intanto cadono un po' alla volta sospetti e accuse
Lisbona. Le inchieste giudiziarie con i nomi buffi e ricchi di appeal mediatico, quelli che in Italia, dopo la riforma Cartabia, dovrebbero essere scomparsi per sempre, abbondano ancora in Portogallo. L’inchiesta che il 7 novembre 2023 portò alle dimissioni dell’allora primo ministro António Costa si chiamava “Operazione Influencer”, allusione ironica agli imbonitori da TikTok, qui messi accanto ai presunti traffici d’influenza tra governanti e imprenditori.
Un’altra vecchia inchiesta che in questi giorni ha riconquistato i titoli dei media portoghesi si chiama “TuttiFrutti”, nomignolo che ricorda un po’ il gelato, il solito “magna magna”, ma anche il classico “destra e sinistra tutti uguali”. L’inchiesta punta a far luce su ipotetici scambi di favori tra imprenditori e amministratori locali appartenenti a diverse aree politiche, in particolare dei due maggiori partiti, il socialista e il socialdemocratico (di centrodestra). Le indagini sono durate otto anni, e sei anni fa portarono la polizia giudiziaria a perquisire l’ufficio del sindaco, il socialista Fernando Medina. Lui e il suo vice, Duarte Cordeiro, sarebbero poi diventati due ministri fondamentali (Finanze e Ambiente) del governo Costa, caduto appunto sull’Operazione Influencer.
Nel frattempo, questa settimana, il pm di TuttiFrutti ha fatto cadere i sospetti nei loro confronti, ma nella sua richiesta di archiviazione, pur riconoscendo la mancanza di prove, ha trovato il tempo di scrivere, usando il condizionale, che Medina “potrebbe non aver rispettato il principio di imparzialità in alcune delle decisioni prese, mettendo in discussione l’equità amministrativa”. Era sospettato di abuso d’ufficio in un finanziamento di 200 mila euro per il campo da rugby della locale squadra del Belenenses, in realtà deciso a maggioranza dal Consiglio comunale insieme ad altri finanziamenti in vista del 2021, anno di Lisbona capitale europea dello sport. Cordeiro, invece, era semplicemente sospettato di aver negoziato alcune nomine con l’opposizione. Si direbbero “inciuci”, cioè più accuse politiche che veri addebiti penali. E infatti, in tutti questi anni di indagini, Cordeiro non era mai stato neanche chiamato a deporre.
Così come non è mai stato formalmente accusato né sentito sul caso “Influencer”, sebbene l’inchiesta riguardi presunti illeciti nell’ambito delle attività del ministero da lui guidato e per i quali è indagato anche il suo predecessore, un altro socialista, João Pedro Matos Fernandes. Breve ripasso per chi avesse dimenticato lo scandalo portoghese dell’autunno 2023. Il 7 novembre agenti di Pubblica sicurezza (e non si è mai capito bene perché stavolta i giudici non si siano serviti della Giudiziaria) perquisiscono l’ufficio di Vítor Escária, capo di gabinetto del primo ministro António Costa. Vi trovano più di 70 mila euro in banconote nascoste nei libri. Il primo titolone è pronto, la valanga di umorismo è inevitabile e persino l’Ikea ne approfitta per lanciare una campagna pubblicitaria delle sue librerie. Ma l’indagine è ben più ambiziosa, punta a svelare illeciti nelle grandi aree strategiche dell’economia portoghese del futuro: transizione energetica e digitale con i giacimenti di litio a nord, l’idrogeno verde e il data center a sud, vicino alla città portuale di Sines. Dopo pochi giorni, però, il Gip fa cadere tutte le accuse più gravi, vale a dire corruzione e abuso d’ufficio, lasciando in piedi solo quella più vaga di traffico d’influenze. Ma ormai il governo è caduto e il futuro di Costa lo sappiamo solo oggi.
Un paragrafo aggiunto al comunicato dei pm dalla Procuratrice generale della Repubblica, Lucília Gago, citava esplicitamente il nome del premier. Serviva a evitare che se la cavasse con un altro rimpasto, diranno le malelingue (che spesso, si sa, ci azzeccano). E quando l’inchiesta sembrava impantanata, dopo una riunione degli inquirenti con il nuovo Procuratore generale, Amadeu Guerra, salta fuori una nuova pista: una pen-drive. Nell’ufficio di Vítor Escária fu di fatto sequestrata una pen contenente i dati personali di centinaia di funzionari di Intelligence, Polizia giudiziaria e Agenzie fiscali. Dati sensibili raccolti e inviati a diverse entità da Marco Aragão, ex funzionario dell’Agenzia delle entrate arrestato nel 2023 per aver minacciato di morte il Presidente della Repubblica e considerato mentalmente instabile. Ora i giudici vogliono capire se, dopo le mazzette, almeno la chiavetta in fondo al cassetto di Vítor Escária potrà essere l’inizio di un nuovo filone d’indagine. Vista la durata media delle indagini portoghesi, anche solo per arrivare al rinvio a giudizio, potremmo riparlarne nel prossimo decennio.
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