danni di washington

Perché il Cremlino ringrazia per i tagli di Trump a Usaid

Micol Flammini

Con il congelamento dei fondi all'Agenzia per lo sviluppo internazionale già 90 organizzazioni russe di opposizione hanno perso finanziamenti. L’unica Russia che rischia di sparire è quella contro Putin

Il musicista russo Vadim Strojkin era sospettato di aver sostenuto le Forze armate dell’Ucraina, donando soldi a Kyiv non soltanto per questioni umanitarie – motivo sufficiente per   una condanna di tradimento, per la quale Ksenia Karelina, una cittadina russa sposata con un americano, sta scontando dodici anni di  galera dopo una donazione di 51,80 dollari –  ma anche per il sostegno militare. La polizia russa aveva quindi fatto irruzione nella casa di Strojkin a San Pietroburgo e, mentre gli agenti erano presenti, è morto cadendo dalla finestra. I canali telegram vicini al Cremlino descrivono la sua morte come un suicidio, i siti di opposizione ammettono di non sapere cosa sia successo. La caccia al traditore dentro al regime russo è capillare, Strojkin aveva lavorato in passato con l’emittente radiofonica Ekho Moskvy, Eco di Mosca, mentre viveva a Ekaterinburg. Poi si era trasferito a San Pietroburgo dieci anni fa e aveva aperto una sua scuola di chitarra mentre continuava il lavoro di compositore. La sua fama non era grande, ma sono anni che il Cremlino arresta e incrimina cittadini comuni che esprimono le loro opinioni contro la guerra, padri di adolescenti per un post dei loro figli. Se un tempo erano le persone più in vista a rischiare, gli occhi della censura ora sono su tutta la popolazione: non grandi minacce per il Cremlino, non politici, giornalisti, attori, ma eroi comuni, quotidiani, di cui ci si accorge poco, ma che pagano per le conseguenze delle loro piccole azioni  costi enormi. 
Strojkin non aveva nascosto la sua contrarietà alla guerra, non ci sono prove sulla sua donazione alle Forze armate dell’Ucraina, ma c’è traccia di un suo post sul social russo VKontakte, datato 16 febbraio 2024: “Bastardi”, scriveva il musicista riferendosi alla morte di Alexei Navalny. Sono anni che la ruspa del regime ha cambiato metodo, prima ha costretto gli oppositori all’esilio o li ha imprigionati, adesso la repressione è capillare, riguarda chiunque, “si muove in ogni ambiente e non soltanto non è consentita l’opposizione politica, ma neppure quella del pensiero personale”, dice una fonte russa in esilio che preferisce rimanere anonima per i legami che conserva ancora nel suo paese. Le protezioni interne alla Russia sono state disintegrate dal regime, ma ormai c’è il rischio che anche quelle esterne vengano meno e il pericolo è legato alla decisione della nuova Amministrazione americana di tagliare gli aiuti ai paesi stranieri e sospendere il lavoro dell’Agenzia per lo sviluppo internazionale, Usaid. Nei giorni scorsi Elon Musk, uno dei grandi promotori dei tagli a Usaid, ha riproposto una polemica che era stata la propaganda russa a creare. L’imprenditore più ricco del mondo, inventore e direttore del Doge (Dipartimento per l’efficienza governativa), assieme al figlio del presidente Donald Jr., ha rilanciato la polemica che accusava Usaid di pagare attori famosi e ricchi. Era stata una rete russa a creare la notizia non vera e Musk l’aveva usata per corroborare la necessità di ulteriori tagli e la giustezza delle misure contro Usaid. Mosca ha tutto l’interesse di perorare la causa contro l’Agenzia, perché in questi anni ha contribuito a finanziare organizzazioni e pubblicazioni che hanno garantito l’esistenza e la sopravvivenza delle voci russe di opposizione. Secondo il Moscow Times, una testata in lingua russa e inglese, sono almeno novanta le organizzazioni che hanno risentito del taglio di Trump. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha reagito con grande esultanza dicendo che adesso l’opposizione sarà costretta a dichiarare di prendere ordini dall’estero. Il sito The Bell ha spiegato che non è semplice per pubblicazioni o associazioni ammettere di ricevere finanziamenti americani, perché la sola affermazione può portare a una condanna da parte delle autorità russe. Sotto la scure dei  tagli a Usaid sono finite anche organizzazioni che aiutano individui perseguitati a lasciare la Russia, che combattono per i diritti delle minoranze e che rivelano quello che la censura di Mosca tiene nascosto riguardo alla corruzione del suo potere e le dinamiche dentro al suo esercito. Disincentivare il lavoro di queste testate o organizzazioni per gli Stati Uniti è anche un problema strategico. Tra gli oppositori e i movimenti contrari al conflitto in Ucraina l’argomento dei tagli americani è stato molto discusso: non ci sono soluzioni, per quanto le entrate del governo americano non siano le uniche che permettono a queste organizzazioni di operare, il segnale avvantaggia il regime, che ha avuto le sue ragioni per accogliere con favore la decisione di Trump e anzi diffondere una bufala per rafforzare la teoria degli sprechi. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)